Da sempre sentiamo ripetere che i beni culturali rappresentano il nostro petrolio, un bene prezioso su cui investire, anche perché possediamo il giacimento più ricco nel mondo visto che metà del patrimonio è in Italia. Eppure la conferma di come non si valorizzi per nulla come si dovrebbe questa risorsa arriva dal nuovo focus di AlmaLaurea sui laureati in beni culturali che mostra come il lavoro c’è ma meno di quanto registrato sul complesso dei laureati. Ed è anche poco pagato.
La fotografia degli occupati a un anno e a cinque anni dalla laurea
A un anno dal conseguimento del titolo magistrale, il tasso di occupazione dei laureati in beni culturali coinvolge 50 laureati su cento. Tuttavia, di questi solo il 27% ha un lavoro stabile (tempo indeterminato o lavoro autonomo effettivo). La fotografia scattata da AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati nell’ambito dei beni culturali, all’interno del XVI Rapporto sulla Condizione occupazionale, mostra che il dato migliora nel lungo periodo: a cinque anni dalla laurea magistrale sono occupati 72 laureati su cento contro l’87% della media nazionale. Anche la stabilità cresce, toccando quota 54%, sebbene ciò avvenga in modo più contenuto, soprattutto se il dato viene raffrontato con i colleghi di altre discipline, che a cinque anni dal titolo raggiungono una stabilità contrattuale nella misura del 73%. I restanti laureati in beni culturali hanno un contratto di tipo precario; in particolare, il 21% un contratto alle dipendenze a tempo determinato e il 13% un contratto a progetto.
Dove sono occupati i laureati in beni culturali e i guadagni
A cinque anni dalla laurea la maggioranza (23%) è nei servizi ricreativi e culturali. Il 15% trova invece impiego nel commercio, il 14% nell’ambito istruzione e nella ricerca, l’8% nella pubblica amministrazione. Da segnalare l’8% che lavora in associazioni del non profit, contro il 5% della media dei laureati italiani. Il 36% dei laureati in beni culturali dichiara inoltre di svolgere un ruolo professionale perfettamente in linea con il percorso di studi intrapreso, professori, archivisti e bibliotecari; il 24% una professione tecnica (come, ad esempio, le guide turistiche), il 23% una professione esecutiva, solo il 4% occupa una posizione dirigenziale. Meno positivi i dati sul guadagno, che confermano quanto poco si investa in quello che potrebbe essere il “petrolio” dell’Italia. A un anno dalla magistrale, i laureati in beni culturali possono contare mensilmente su poco più di mille euro netti (per la precisione 1.008 euro), contro una media nazionale di 1.185 euro. A cinque anni, il divario aumenta a quasi 300 euro: 1.195 euro contro i 1.481 della media nazionale.