"Io che vengo dalla scuola pubblica", di Alan Bennet (trad. Emilia Benghi), La Repubblica 14.09.14
Ecco il discorso con cui lo scrittore ha stupito la platea degli studenti di Cambridge. E riguarda anche noi ALAN BENNETT Salire sul pulpito è un rischio quando si scrive per il teatro. Nessuno se lo aspetta da te e, se lo fai, ti viene rimproverato. Ai poeti è concesso, ma non ai commediografi che, se hanno delle opinioni nude, è meglio che le vestano delle decorose ambiguità dei loro personaggi o le nascondano nella selva, a volte poco fitta, della trama. Basta non parlare al pubblico. Ho sempre trovato difficile rispettare questo divieto. John Gielgud, che recitò nella mia prima commedia, pensava che rivolgersi al pubblico fosse volgare. Poi lo convinsero a provare e da allora solo in rare occasioni ha parlato con altri. Lo capisco, e anche nelle mie pièce più realistiche ho escogitato e assaporato i momenti in cui un personaggio, inaspettatamente, si volta e si rivolge al pubblico e, in poche parole, predica. Può darsi che sia perché da bambino frequentavo regolarmente la Chiesa di St Michael a Headingley e ascoltavo …