Bologna non è soltanto la capitale del tortellino o degli studenti fuorisede. Il capoluogo emiliano ha un primato che pochi conoscono. Dal 1992 ospita, in un palazzone del centro storico, l’Immagine Ritrovata, laboratorio di restauro cinematografico ad alta specializzazione apprezzato in tutto il mondo.
Nelle sale del laboratorio sono stati restituiti agli appassionati e non solo il cinema pioneristico dei fratelli Lumière, le comiche di Charlie Chaplin, il neorealismo italiano da Rossellini a De Sica, Sergio Leone e la trilogia spaghetti western, solo per citare i più famosi.
L’Immagine Ritrovata nasce da una precisa esigenza della Cineteca di Bologna, quando all’inizio degli anni ‘90 decise di fare restauro perché insoddisfatta di quello che offrivano i normali laboratori. «L’idea – spiega Davide Pozzi, direttore del laboratorio – era che se la Cineteca spendeva dei soldi, voleva un lavoro ben fatto. In questo Gian Luca Farinelli e gli altri della Cineteca sono stati pioneristici, sono stati i primi a parlare di restauro». All’ombra delle due Torri viene organizzato, grazie anche a un fondo regionale, un corso di due anni in cui vengono i maggiori specialisti della conservazione, del restauro. Da quelle lezioni nasce il laboratorio, nel 2006 acquisito dalla Fondazione Cineteca di Bologna.
Oggi l’Immagine Ritrovata è un punto di riferimento internazionale perché, tra il 2007 ed il 2010, ha investito sulla tecnologia digitale e questo gli permette di essere all’avanguardia rispetto a tutte le altre realtà che operano nel settore.
Nelle stanze di via Riva di Reno sono una settantina, soprattutto donne, ad occuparsi delle pellicole. Di rigorosa formazione damsiana, provengono da diciotto regioni italiane, ma negli ultimi anni la compagine si è arricchita di tecnici provenienti da numerosi paesi europei ed extraeuropei, come Francia, Brasile, Indonesia, Messico e Cina. Il gigante asiatico è uno dei bacini più ricchi per quanto riguarda le partnership che il laboratorio ha stretto. Uno dei partner storici e più importanti del laboratorio bolognese è il regista Martin Scorsese con i suoi TFF – The Film Foundation e WCP – The World Cinema Project. Con TFF sono stati realizzati i restauri più famosi, quello del Gattopardo, della Dolce vita e di Per un pugno di dollari.
All’Immagine Ritrovata piace ridare vita anche a pellicole meno famose. È quello che accade con The World Cinema Project, progetto spin-off di TFF voluto nel 2007 sempre da Martin Scorsese. Uno dei film restaurati nell’ambito di questo progetto è Manila in the Claws of Light, diretto nel 1975 dal regista filippino Lino Brocka, che all’Immagine Ritrovata è valso nel 2013 “l’Oscar del restauro”, ovvero il Focal International Award promosso dal British Film Institute. Il restauro è stato presentato in prima mondiale al Festival di Cannes nel maggio del 2013, nella sezione Cannes Classics, e in prima italiana a giugno dello stesso, nell’ambito della ventisettesima edizione del Cinema Ritrovato di Bologna. A conclusione del festival che ogni anno raccoglie i migliori restauri del mondo si tiene per due settimane una scuola internazionale di restauro. Quest’anno per la settima edizione sono stati ospitati 40 studenti da 28 paesi diversi. La scuola riscuote un buon successo ed è l’unica iniziativa a livello mondiale di formazione sul campo, sulle macchine di operatori per il restauro cinematografico. Nel novembre 2013 la scuola si è spostata a Singapore e quest’anno volerà in India. Dai paesi orientali, grazie anche a sinergie con ex studenti, è molto forte la richiesta di imparare a conservare il proprio patrimonio cinematografico.
Se un film nasce da un libro o da un’idea, il restauro di una pellicola nasce invece da circostanze molto diverse, come ad esempio l reperimento di materiale o l’accordo con gli aventi diritto del film. Un restauro non è mai uguale all’altro. Difficile stabilire il costo medio di un intervento perché questo dipende dalla lunghezza del film, dall’anno in cui è stato realizzato e dalle condizioni di conservazione. In laboratorio hanno risistemato pellicole dei Lumière conservate meglio di alcuni film degli anni ‘80. In via Riva di Reno hanno impiegato cinque anni per far rivivere le prime comiche di Charlie Chaplin, quelle fatte nel 1914 e di cui non esisteva niente, hanno messo a confronto le copie 16 e 35 millimetri. Alle ragazze e ai ragazzi dell’Immagine Ritrovata si deve anche il restauro dei primi girati dei fratelli Lumière: «Il primo restauro lo abbiamo fatto nel 2009 e adesso lo stiamo rifacendo ad una risoluzione 4k. Abbiamo avuto in mano il primo film della storia del cinema e per chi ha studiato cinema e fa questo lavoro non puoi non avere emozioni. Quello è stato particolarmente difficile perché le pellicole dei fratelli Lumière erano particolari, larghe 35 millimetri, ma avevano solo una perforazione per lato e non quattro. Abbiamo dovuto far cambiare i trascinamenti, i rocchetti delle macchine. Da lì non abbiamo avuto più timori. Il restauro più difficile? Il prossimo. Ogni restauro ha sempre un problema nuovo e questo è il bello del nostro mestiere o sei vuoi, le sfide. Un restauro non è mai uguale all’altro».
Pubblicato il 13 Settembre 2014