Valorizzazione degli insegnanti, autonomia degli istituti e competenze degli studenti. Sono i tre pilastri della strategia del governo in materia di scuola. Che verrà realizzata presumibilmente in due tempi: nel Consiglio dei ministri del 29 agosto, saranno presentate le «linee guida» annunciate ieri in un tweet dallo stesso premier; nelle settimane successive, arriveranno i provvedimenti veri e propri (probabilmente un decreto e un ddl), magari dopo una consultazione pubblica sulla falsariga di quella svolta per la Pa. Sin d’ora il menù degli interventi si annuncia ricco. Si va dal rafforzamento dell’alternanza tra i periodi in classe e in azienda all’addio alle supplenze brevi; dall’introduzione di un Erasmus alle superiori al varo del sistema nazionale di valutazione fino, forse, ai primi margini di flessibilità per i presidi nella scelta degli insegnanti.
Se il punto di partenza è chiaro e consiste nel lavoro svolto nei mesi scorsi dai due cantieri messi su dal ministro Stefania Giannini (su cui si veda il Sole 24 ore del 15 luglio), quello di arrivo ancora non lo è. A fissarlo sarà direttamente Matteo Renzi che – fa notare chi lo conosce bene – già da sindaco di Firenze amava occuparsi in prima persona di “scuola e dintorni”. In cima ai suoi pensieri c’è sicuramente il tema del reclutamento e della carriera degli insegnanti che s’intreccia con quello dell’autonomia delle scuole in almeno due punti.
Il primo link consiste nell’idea di dare via via più flessibilità ai dirigenti scolastici nella chiamata degli insegnanti e nella valutazione dei curricula. Ferme restando le regole nazionali per le abilitazioni (che verrebbero però riviste) e la formazione delle graduatorie si potrebbe dare più autonomia alle scuole nello scegliere i tecnici di laboratorio o nell’attingere alle classi di concorso più specialistiche. A questo collegamento se ne potrebbe aggiungere un secondo: l’eliminazione delle supplenze brevi. Anziché nominare un supplente, le assenze per pochi giorni dei titolari di cattedra potrebbero essere coperte grazie all’organico funzionale per le reti di scuola. Che è previsto sulla carta ma non è mai stato attuato e che, di fatto, consentirebbe di ampliare gli organici o utilizzare i docenti attualmente a zero ore con le risorse risparmiate per le chiamate di durata inferiore a una settimana. Senza dimenticare la richiesta di potenziare il sistema di valutazione. Da settembre si partirà con l’autovalutazione degli istituti a cui dovranno seguire le verifiche capillari dell’Invalsi. Che potrebbero servire a giudicare ed eventualmente premiare prima i dirigenti scolastici e poi i professori. A patto di reperire i circa 6 milioni l’anno che servono all’Istituto guidato da Anna Maria Ajello per operare a pieno regime.
Sempre in tema di risorse da reperire veniamo alle misure per il terzo pilastro citato all’inizio: le competenze degli alunni. Per rafforzarle bisogna infatti investire. Quanto? Dipende dalle singole misure. Ad esempio, per rendere obbligatoria l’alternanza scuola-lavoro e raddoppiare le ore trascorse in azienda, passando dalle 100 attuali a circa 200, servirebbero oltre 70 milioni. Ancora più salato (circa 200 milioni) il conto dell’auspicata introduzione di un credito d’imposta (lo “school bonus”), sulla falsariga dell’art bonus, e di meccanismi di incentivazione (lo “school guarantee”) per i privati che investono nella riqualificazione dell’istituto o in iniziative di orientamento (soprattutto al lavoro). Per non parlare dei 25 milioni che servirebbero al ministero dell’Istruzione per ripristinare la storia dell’arte nel biennio dei licei e degli istituti a indirizzo turistico e della cifra ancora da determinare per riportare nelle scuole primarie l’educazione musicale e introdurre in quelle dell’infanzia i percorsi di apprendimento precoce della lingua straniera.
L’idea di fondo è quella di arrivare a una scuola più aperta. Al mondo del lavoro innanzitutto ma più in generale al mondo che ci circonda. Da qui l’ipotesi, da un lato, di aprire le porte degli istituti per attività curriculari da svolgere nel pomeriggio, e dall’altro, di mutuare dall’università l’esperienza dell’Erasmus così da diffondere già alle superiori la pratica di svolgere un periodo di studio all’estero, che oggi avviene in rari casi.
Per una serie di misure che dovrebbero trovare posto nel pacchetto scuola ce n’è un’altra che potrebbe registrare una nuova frenata. Si tratta dell’ormai celebre querelle su quota 96 per i docenti bloccati al lavoro dalla riforma Monti-Fornero che il Parlamento puntava a risolvere già con il decreto Pa e che il governo potrebbe invece rinviare alla legge di stabilità. Specie se decidesse di riaprire il cantiere previdenziale.
Pubblicato il 20 Agosto 2014