IL DIBATTITO sulle riforme istituzionali, che si sta svolgendo in Parlamento, rammenta, sempre di più, una contesa personale. Quasi un corpo a corpo. Renzi contro tutti. Da solo.
INTORNO a lui, un manipolo di fedeli.
La ministra Boschi per prima. Dall’altra parte, tutto il mondo (politico) contro. Renzi: vuole riformare la legge elettorale ma, prima ancora, il nostro bicameralismo perfetto, unico in Europa. Ostacolo a ogni percorso decisionale rapido ed efficace. Così ha ingaggiato la sua lotta — senza confini e senza tregua — contro i freni e i vincoli che si frappongono e oppongono alla costruzione di una democrazia efficiente e “riformata”. La realtà, ovviamente, è più complessa. E le ragioni di chi si oppone e frappone al progetto del governo non sono tutte e del tutto irragionevoli. Tuttavia, questa è la “rappresentazione” che emerge dalle confuse vicende parlamentari degli ultimi giorni. Renzi contro tutti. Perché lui si è esposto in prima persona. Bersaglio di tutte le critiche e di tutti gli oppositori. Esterni, come Grillo e il M5s. E poi, la Lega e Sel (alleato, ai tempi delle elezioni politiche del 2013). Ma anche interni. Perché non sono poche le riserve, non sono pochi i parlamentari ostili, nel Pd. E il sostegno che gli giunge, a giorni alterni, da altri settori politici (Ncd, Fi…) non fa che rafforzare questa immagine. Che vede il primo ministro e segretario del Pd, da solo, sfidare i conservatori e i conformisti. La nebulosa confusa in cui si celano tutti coloro che pensano a difendere se stessi e i propri privilegi. I propri spazi di potere e i propri interessi, grandi o piccoli che siano. Gli apparati di partito e il “ceto politico” annidati negli organismi e nelle istituzioni. A livello centrale ma anche locale. A Roma e sul territorio. Ma anche le burocrazie pubbliche dello Stato, come i dipendenti di Camera e Senato, che hanno manifestato contro il governo, dopo il ridimensionamento retributivo che li ha coinvolti. E, soprattutto, i parlamentari. Per primi, i senatori, destinati a scomparire. Quei gruppi che hanno trasformato l’iter della discussione e dell’approvazione della riforma, in Parlamento, in una missione impossibile. Contrastata da migliaia di emendamenti che, se affrontati e votati, richiederebbero una legislatura. Così la “tagliola”, o meglio, la “ghigliottina”, annunciata dal presidente del Senato Grasso, per passare direttamente all’approvazione, diventa, agli occhi di gran parte dei cittadini, quasi una spada, in mano a Renzi. Per tagliare i lacci e lacciuoli del rinnovamento. Le mille teste del dragone buro-politico romano.
La questione, lo ripeto, è più complicata. E lo stesso ostruzionismo parlamentare fa parte del gioco democratico. È uno strumento per fare opposizione e negoziare. Ma la percezione prevalente, fra gli elettori, è molto diversa. Non si spiegherebbe altrimenti come Renzi e il suo governo possano mantenere indici di gradimento e di approvazione popolare così alti. Perfino in crescita, nelle ultime settimane. La fiducia nel governo, secondo Ipsos, sarebbe salita oltre il 60%. E il consenso “personale” verso Renzi oltre il 65%. Ciò suggerisce che questo serrato e confuso dibattito parlamentare sulle riforme istituzionali contribuisca a rafforzare il governo e Renzi.
Perché, al di là delle intenzioni degli attori, e del governo per primo, di fatto, concentra l’attenzione dei cittadini in direzione diversa da quella, assai più critica, delle riforme sul fisco, sull’economia e sul lavoro. Molto più difficili da realizzare. Il fragore del dibattito parlamentare, inoltre, copre anche i problemi della nostra economia, marcati dalle stime sulla crescita del Pil, corrette al ribasso. E lascia sullo sfondo gli indici di un disagio sociale sempre più diffuso. Non solo, ma lo spettacolo della guerra che si combatte in Parlamento, di fronte alla trincea delle riforme istituzionali, offre altri solidi argomenti allo stile di governo di Renzi. Veloce e personalizzato. Giustifica i ritardi su molti degli obiettivi promessi. Sulle cose annunciate e non fatte. Come dire: vedete? Sono tutti contro di me. Tutti a fare ostruzionismo. E io, solo contro tutti, per districarmi, per farmi largo in mezzo a questa giungla, non posso che impugnare falci e tagliole.
Così il cammino del PdR — il Partito di Renzi — procede spedito. Agli occhi dell’opinione pubblica. Al di là della distanza percorsa. Perché avviene in modo cinetico e dinamico. Movimentato, come un videogame. Scandito da conflitti e agguati. Politici e dialettici. Dove Grillo fa la sua parte, da protagonista. Con-divide la scena con Renzi. Ogni giorno una battuta, una schermaglia. Fra un tweet e un’intervista in tv. Non importa. Tanto tutto rimbalza dovunque, fra il web, la tv e i giornali. E Renzi — come Grillo — è un tipo che li sa usare bene i media. Vecchi e nuovi. La tv ma anche la Rete e i social media.
Così, in questa estate politica concitata (come, da qualche anno, tutte le estati), si fa largo il sospetto che, in fondo, a Renzi non spiacerebbe arrivare in fretta alla “sfida finale”. Fra lui e gli altri. Non tanto e non solo attraverso il referendum, annunciato dalla ministra Boschi “a prescindere”. Cioè: anche se si raggiungesse la maggioranza qualificata alle Camere. Perché il referendum, comunque, si svolgerebbe tra un anno. Tardi per Renzi. Che ha bisogno di consolidare e legittimare, al più presto, la propria posizione di leader “non eletto”. Tardi, anche perché, prima di allora, la crisi economica e sociale potrebbe peggiorare. La distanza fra le cose annunciate e fatte potrebbe divenire fin troppo evidente. Tardi, comunque, perché oggi, adesso, presso l’opinione pubblica, Renzi gode di uno “stato di grazia” troppo intenso per non pensare di sfruttarlo appieno. Così non è detto che un incidente, lungo il percorso delle riforme istituzionali, in Parlamento, oppure nel cammino del governo e della maggioranza (quale?) risulterebbe davvero sgradito al premier. Tanto più se conducesse a elezioni anticipate. Dove Renzi si presenterebbe — a capo del PdR — come il portabandiera del Nuovo. Del Cambiamento. Della Riforma. Da realizzare in un Parlamento che rifletta davvero gli attuali rapporti di forza nel Paese — e nel Pd (molto più favorevoli a lui).
Così Renzi procede veloce. Da solo contro tutti. Pronto alla sfida finale.
da La Repubblica