Il rafforzamento della domanda interna è cruciale. A esso, e al sotegno della fiducia delle famiglie e delle imprese, dovrebbe mirare, innanzitutto, l’azione della politica economica, utilizzando le leve interne ed europee.
Laconferma viene dal Bollettino economico della Banca d’Italia relativo al 2° trimestre 2014 secondo cui, rivedendo le precedenti previsioni di crescita, il Pil aumenterà, nell’anno in corso, dello 0,2% con in più rischi al ribasso (1,3 nel 2015), mentre l’inflazione sarebbe pari allo 0,4% (0,8 l’anno prossimo).
A dimostrazione della pesantezza della crisi, si rileva che il Pil, alla fine del primo trimestre, è di 9 punti inferiore a quello del 2007. È vero: non tutto è negativo. I consumi delle famiglie sono cresciuti per la prima volta dal 2011; sono aumentati anche gli investimenti in macchinari e attrezzature e migliorano i relativi piani, in particolare nell’industria; crescono le esportazioni e proseguono gli afflussi di capitali verso l’Italia (tra gennaio e maggiosono stati effettuati,dainvestitori esteri, acquisti netti di titoli di Stato per 75 miliardi, a fronte dei 13 miliardi registrati in tutto il 2013); si prevede che le vendite all’estero si espandano a ritmi elevati; l’occupazione si è stabilizzata, ma il tasso di disoccupazione è aumentato per l’incremento della partecipazione al mercato del lavoro.
Quanto al credito, il miglioramento è lento, mentre il suo costo resta superiore a quello dell’area dell’euro di 70 punti base circa. Gi incerti segnali di risveglio non possono di certo soddisfarci. Una crescita asfittica o nulla, ora confermata, bilancia tutto in negativo. Essenziale è, dunque, il ritorno ad essa, sia pure in maniera graduale, fondato, insieme con l’accennato rafforzamento della domanda interna, sul favorevole andamento degli scambi internazionali. I fattori che dovrebbero agevolare questo quadro migliore sono l’ulteriore attenuazione delle tensioni finanziarie, il ridursi dell’incertezza, l’affievolirsi degli effetti restrittivi dell’aggiustamento di bilancio, l’orientamento espansivo della politica monetaria.
Ma vi sono anche fattori che possono operare in senso opposto – va qui rilevato – quali i rischi geopolitictici, divenuti in questi giorni più consistenti, e una crescitamenorobusta delle economie dei Paesi emergenti, nonché eventuali turbolenze monetarie internazionali in conseguenza delle suddette vicende geopolitiche. In questo contesto con non poche ombre e alcune luci, ci si prepara a una valutazione conclusiva per il prossimo sei agosto, quando l’Istat rilascerà i dati sul Pil, nonché, a settembre, allorché occorrerà aggiornare il Documento di economia e finanza e puntualizzare le azioni in riscontro alle Raccomandazioni della Commissione Ue per gli obiettivi di medio termine e, infine, alla metà di ottobre, quandodovrà essere presentata la proposta di Leggedi Stabilità 2015. I dati del Bollettino in questione parlano da soli. Per rendere strutturale i bonus anti-cuneo fiscale (ed eventualmente per estenderne l’assegnazione alle partite Iva e ai pensionati), per far fronte alle spese obbligatorie e indifferibili e all’assolvimento degli impegni assunti dal precedente governo evitando che scattino le previste clausole di salvaguardia potrebbero essere necessarie risorse all’ingrosso calcolate tra i20e i23miliardi.Afronte di queste esigenze si dovrebbero recuperi dalla spending review (ma le somme che circolano appaiono chiaramente eccessive) e altri introiti dalla lotta all’evasione, dal riordino delle agevolazioni (cosiddette tax expenditures), eventualmente dalla voluntarydisclosuredei capitali illegittimamente esportati e di quelli nascosti in Italia. Sono, queste, operazioni non facili. Andrà considerata altresì la minore spesa per interessi dovuta all’andamento favorevole degli spread Btp-Bund, che alcuni calcolano in 2/3 miliardi.
Comunque, siamo ancora all’indicazione generica delle fonti di entrata e di spesa. Vatenuto presente, poi, che una «crescita zero», o quasi, porrebbe il problema del rapporto deficit/Pil, che finora il governo ha calcolato al 2,6% sulla base di una previsione di aumento del prodotto dello 0,8%, ormai non più realistico. Il pareggio del bilancio è stato rinviato al 2016 (quello strutturale al 2015), ma sempre nel 2016 dovremo osservare la regola europea del bilancio che richiederebbe, per evitare una manovra pesante di alcune decine di miliardi, una crescita del Pil nominale del 3%: un altro dato irraggiungibile, stando alle valutazioni e alle proiezioni dell’oggi.
Ecco, allora, che è fondamentale un’azione di politica economica che si caratterizzi per la discontinuità nel terzo pilastro indicato dal ministro Padoan, quello cioè degli investimenti. Equi torna tutto il peso dellanonaffatto chiarita flessibilità nell’interpretazione-applicazione delle regole europee e del troppo rapido accantonamento della richiesta di introduzione della goldenrule (con il ripegamento, sembra, sul minore cofinanziamento dei fondi strutturali), nonché di altre specifiche richieste. Le riforme strutturali sono importanti, ma queste si debbono accompagnare non solo con qualche deroga rispetto all’osservanza dei parametri, ma con una politica di impulso alla crescita nazionale ed europea che sia consistente e non certo sostituibile con l’indeterminato piano Juncker dei300 miliardi che non distingue quanto sia formato da somme aggiuntive e quanto da una diversa allocazione di fondi già stanziati. La svolta dell’intevento nell’economia ancora si attende. La mobilitazione delle risorse dovrebbe essere straordinaria, se veramente si vuole corrispondere certo, nella stabilità a quanto il Bollettino, pur nel suo taglio solo congiunturale, ci segnala, implicitamente ammonendo.
da L’Unità