«Metteremo Ideal Standard davanti alle proprie responsabilità. Siamo determinati e abbiamo le professionalità perpartire».A parlare è Gian Mario Petozzi, presidente della neonata cooperativa «Ceramiche Ideal Scala». Da questa società – a cui hanno aderito 18 soci – i lavoratori dello stabilimento di Orcenico (in provincia di Pordenone) intendono ripartire, rilevando un ramo d’azienda del colosso ceramico che, pochi giorni fa, ha confermato la chiusura e la relativa messa in mobilità di 399 dipendenti.
MARTEDÌ INCONTRO DECISIVO
Il progetto è ambizioso, e non sarà facile portarlo a termine: il primo passo, infatti, è che domani mattina, quando si terrà l’incontro alMinistero dello Sviluppo Economico sulla vertenza, ci sia la concessione della cassa integrazione speciale fino a fine anno e Ideal Standard non metta il bastone fra le ruote ai lavoratori. «A quel punto, la responsabilità del mancato accordo sarà tutta sua – osserva Petozzi -, credo che abbia l’obbligo morale di accettare l’allungamento degli ammortizzatori». Questa la cronaca finora. Ma vale la pena raccontare come sia nato questo nuovo tentativo di workers’ buyout, ovvero quelle cooperative tra lavoratori rinascono da stati di crisi di aziende o da fallimenti, che in Italia si stanno diffondendo con alcune decine di esempi, anche riusciti.
«È da cinque anni che all’Ideal Standard ci sono problemi, i lavoratori sono sfiniti – spiega Petozzi – l’incontro al Ministero dello Sviluppo, a maggio, ha sancito la fine delle produzioni, ma anche l’impegno chiaro a un rilancio sotto nuove forme, come può essere quella cooperativa». Secondo il dipendente, però, le successive manifestazioni di interesse al rilevamento di un ramo di azienda, in particolare quello della Bpi, non sono state facilitate dal colosso ceramico, e le trattative sono presto naufragate.
Per mantenere il lavoro, dunque, gli operai hanno dovuto fare affidamento solo su loro stessi. «Dieci giorni fa abbiamo preso l’iniziativa e venerdì scorso, davanti al notaio, è nata la cooperativa Ceramiche Ideal Scala», precisa Petozzi. I soci sono 18, «ma è solo l’inizio, se la cosa andrà avanti come speriamo l’adesione è aperta a tutti i lavoratori». Enon solo, perché ci si augura che, magari, anche qualche imprenditore possa entrare, per rafforzare le gambe del progetto, che attualmente può contare sull’anticipo dei due anni di mobilità che i lavoratori sono disposti a versare nel capitale della neonata società ed eventualmente del Tfr. «Noi crediamo che questo strumento abbia potenzialità – aggiunge Petozzi -. Le competenze le abbiamo, il coraggio non ci manca». Anche perché «fino a cinque o sei anni fa uscivi da una azienda e trovavi subito posto in quella vicina, adesso non è più così. Credo ci vorrebbero regole più stringenti per chi decide di smantellare uno stabilimento, dovrebbe quanto meno restituire gli eventuali benefici ricevuti negli anni scorsi».
LA COOPERAZIONE
Dietro al progetto c’è il supporto del mondo cooperativo, tassello essenziale in questi progetti. «Il nostro obiettivo è tenere sul territorio la capacità produttiva, l’istituzione della Ceramiche Ideal Scala punta a questo – spiega Marco Bagnariol, direttore di Confcooperative Pordenone -,macontiamo di coinvolgere altre realtà piccole e medie per rafforzare il progetto». Non si nasconde, Bagnariol: «È un tentativo molto difficile, la strada è in salita. L’Ideal Standard, al momento, non ha dato segnali particolarmente incoraggianti,ma contiamo che martedì (domani per chi legge, ndr) ci sia un’apertura, e ilMinistero continui a fare la propria parte». «Un workers’ buyout nella piastrellistica pesante non è stato ancora tentato – conferma Arturo Pellizzon, segretario Cisl di Pordenone -. Noi abbiamo fatto in 36 ore quello per cui di solito servono 15 giorni, contiamo di proseguire, anche perché il nostro territorio ha già subito la chiusura di troppe fabbriche».
da L’Unità
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