Anche se i dati reali del Pil non sono ancora rosei, la percezione della gente è cambiata in senso positivo e il clima di fiducia favorisce la ripresa.
Per qualcuno dipenderà dall’approssimarsi del meritato riposo vacanziero, per qualcun altro da una sorta di “effetto Renzi”, per altri ancora il corollario di un effettivo miglioramento personale. Quali che siano le ragioni effettive, da qualche settimana in Italia sembra respirarsi un’aria nuova, un’aria non così disperata come accadeva fino a poco tempo fa, un’aria di possibile ripresa economica ed occupazionale.
Certo, inutile sottolinearlo, gli indicatori oggettivi del Pil non sono ancora rosei, secondo Eurostat l’inversione di rotta sembra allontanarsi di nuovo, viene confermato il calo del manifatturiero europeo, dopo quello già affiorato nelle grandi economie mondiali. In particolare, i dati sulla crescita della produzione industriale nell’area euro, durante il mese di maggio, sono risultati negativi per la maggior parte dei paesi, attestandosi molto al di sotto delle previsioni degli economisti.
Ma un conto sono i dati reali, un altro conto è la percezione che di questi fatti reali ne ha la popolazione. Perché, come sappiamo, un clima di fiducia da parte degli imprenditori e degli istituti di credito non può che agevolare, in qualche modo, i sintomi di ripresa. Se così questi vengono percepiti dagli italiani. Perché nel paese sembra crescere l’ottimismo.
Diversi tra i tradizionali indicatori del clima economico-sociale vedono infatti, da un paio di mesi a questa parte, una lenta ma costante inversione di tendenza. La quota dei cittadini che si dichiarano “molto preoccupati” della propria situazione economica è passata dal 70 per cento di inizio anno all’attuale 55; coloro che, pensando alla crisi economica, affermano che il «peggio deve ancora arrivare» si sono ridotti dal 57 al 42 per cento negli ultimi tre mesi.
Nel contempo, il numero di ottimisti sulla situazione economica italiana si incrementa costantemente, passando dal misero 5 per cento di febbraio al meno catastrofico 15 per cento attuale; gli ottimisti sulla propria condizione personale vanno nella stessa direzione, sia pur con un incremento più ridotto, dal 18 al 25 per cento.
L’indicatore economico complessivo, che tiene conto di tutti i diversi aspetti della crisi, sia dell’occupazione che del reddito individuale e collettivo, vede un miglioramento di quasi 10 punti percentuali, rispetto allo stesso dato dello scorso anno. Infine, numeri in crescita anche alla classica domanda, di stampo Usa: «Pensa che il nostro paese stia andando nella direzione giusta o sbagliata?».
Esattamente un anno fa, secondo le rilevazioni Ipsos, la quota di popolazione che riteneva di andare nella direzione corretta era quasi insignificante, poco meno del 10 per cento, mentre oggi è salita fino al 30, triplicando di fatto la quantità di italiani pessimisti sul futuro del nostro paese. Si dirà: non sono certo numeri da capogiro; la vasta maggioranza della popolazione non ha ancora in vista un reale cambiamento di rotta, non percepisce in quantità considerevole una ripresa economica, né in generale né per quanto concerne la propria vita individuale.
Non si può certo affermare che i nostri connazionali stiano facendo salti di gioia per lo stato della nazione. E se in assoluto questo è vero, ed è giusto sottolinearlo, non lo è in senso relativo, e la comparazione con le percezioni diffuse fino a qualche mese fa lo testimonia in maniera evidente. Da marzo-aprile ad oggi sembra crescere l’ottimismo nella popolazione; sia la percezione che il peggio – dal punto di vista occupazionale ed economico – possa forse essere alle nostre spalle, sia l’idea che per la prima volta, da anni, si stia andando nella giusta direzione di marcia crescono dunque in maniera significativa nell’opinione degli italiani.
Non sarà ancora l’ottimismo della ragione, ma nemmeno il de profundis dello scorso anno. Solo timidi segnali che qualcosa sta finalmente cambiando, nell’immagine del futuro.
da www.euroapquotidiano.it