Parla il ministro Dario Franceschini: «Amministrazione efficiente per valorizzare il nostro patrimonio». E ai privati dice: «Ora non ci sono più alibi»
Non è un piccolo cambiamento ma «una grande rivoluzione». Lo aveva annunciato già da tempo il ministro Dario Franceschini e ieri la sua riforma per la riorganizzazione del sistema culturale e turistico italiano ha preso forma. Un cambiamento profondo che consentirà «di investire sull`incredibile patrimonio culturale che possediamo». L`obiettivo è arrivare a un`amministrazione efficiente e meno costosa attraverso sei passaggi fondamentali: rinnovamento della struttura centrale e semplificazione di quella periferica; integrazione tra cultura e turismo; valorizzazione dei musei italiani; rilancio delle politiche di innovazione e formazione; valorizzazione delle arti contemporanee; semplificazione delle procedure per ridurre i contenziosi tra amministrazione centrale e periferia ed il taglio delle figure dirigenziali (37 dirigenti in meno). Uno snellimento che, secondo Franceschini, «porterà dei vantaggi sia per i cittadini che per il territorio».
Ministro Franceschini, la riorganizzazione del ministero delle attività dei beni e delle attività culturali e del turismo è una vera e propria rivoluzione. Ma come si concilia la logica della spending review con la valorizzazione del nostro patrimonio culturale e artistico?
Ogni crisi rappresenta un`opportunità di ripensare organizzazione, motivazioni e obiettivi. Il Mibact soffriva di un ingorgo burocratico foriero di conflitti tra i propri stessi diversi livelli decisionali. Snellire la struttura e ripensare l`amministrazione periferica delle soprintendenze rappresenta, in questo caso, non solo un risparmio ma una vera e propria razionalizzazione che porterà vantaggi significativi per i cittadini e per lo sviluppo del territorio. La riforma prevede anche un deciso cambio di rotta nell`organizzazione del ministero e delle soprintedenze, toccando anche qualche interesse.
Come stanno reagendo i sindacati e i vecchi sistemi di potere?
Per il momento, se si escludono comprensibili ma non adottabili istanze localistiche, ho riscontrato un consenso diffuso sul provvedimento.
Nella conferenza stampa in cui ha presentato la riforma ha parlato di lobby, che non vogliono norme, e ha sottolineato la differenza con l`estero dove i lobbisti ci sono ma chiedono di fare qualcosa. Non teme che le lobby italiane riescano a frenare la sua “rivoluzione”?
La mia è una proposta che ora passa al vaglio del consiglio dei ministri. Sono certo del fatto che la volontà riformatrice di questo governo sia più forte di qualsiasi lobby.
Sul New York Times ha lanciato un appello a filantropi e donatori affinché leghino il loro nome ai nostri monumenti. Come risponde al no di storici, archeologie anche, a volte, dei cittadini, che temono lo sfruttamento commerciale dei nostri tesori?
Questi no dimostrano quanto vi sia ancora da fare per superare il pregiudizio ideologico che vede i privati nella cultura come il male assoluto. Ritengo che i beni artistici, archeologici e monumentali siano un patrimonio di tutti verso il quale siamo tutti responsabili, come giustamente intesero i costituenti affidandone la tutela non allo Stato o agli enti locali, bensì alla Repubblica nel suo complesso. Per questo è auspicabile una piena partecipazione sia del singolo privato che delle imprese nella sua salvaguardia. Peraltro adesso con l`ArtBonus (che permetterà ai donatori di ricevere detrazioni fiscali del 65%, ndr), che ha introdotto importanti benefici fiscali, non ci sono più alibi.
da EuropaQuotidiano