Imprese sociali come start up: potranno distribuire utili e fare crowdfunding, raccogliere capitali su Internet. Servizio civile universale, pagato, da inserire nel curriculum e svolgere anche all’estero, aperto (forse) ai giovani stranieri residenti in Italia. Cinque per mille strutturale, ma con obbligo di trasparenza per gli enti che ricevono i soldi degli italiani. Social bond per finanziare il sociale. Fiscalità agevolata. E un registro unico per il Terzo settore, una sorta di albo della solidarietà.
Ministro Poletti, la riforma del Terzo settore approvata dal Consiglio dei ministri rappresenta davvero un «grande momento di svolta», come dice il premier Renzi?
«Corrisponde all’idea, cara al governo, che la partecipazione dei cittadini è il terzo pilastro della società italiana, oltre a Stato e mercato. Non più dunque una Croce rossa, marginale ed emarginata, da usare quando lo Stato non arriva. Ma una protagonista per gestire i bisogni della collettività. Nessuno resterà a casa, tutti devono fare qualcosa».
La riforma però è affidata a un disegno di legge delega, dunque non sarà operativa in tempi brevi…
«Andrà a pieno regime solo nel 2015, certo. Ma ci siamo dati un periodo limitato per l’emanazione dei decreti attuativi, sei mesi, dall’approvazione della delega. E contiamo di non usarli tutti».
Quanto costerà? Solo il servizio civile sulla carta vale 600 milioni, se calcoliamo 500 euro al mese, dunque 6 mila euro l’anno, moltiplicati per 100 mila giovani tra i 18 e i 28 anni da coinvolgere nel triennio.
«I soldi per il primo contingente, tra i 200 e i 250 milioni, ci sono già. E consentiranno a 40 mila ragazzi di partire tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo. Altre risorse le troveremo con la garanzia giovani e dallo stanziamento ordinario per il servizio civile. Ma è un tema che affronteremo nel 2015».
I critici vi accusano di aver creato la figura del “sottopagato di Stato”, anziché impiegare i soldi per creare posti veri: giovani non assunti che tappano i buchi dell’inefficienza
pubblica, retribuiti con una miseria. Come risponde?
«Sono critiche ingiuste perché non tengono conto dell’importante contenuto di esperienza insito nel servizio civile. Si tratta di un’opportunità per i nostri giovani, anche per un futuro lavoro. Non sono rari i casi in cui, al termine del servizio, questo si trasformi in occasione professionale. E poi c’è il contenuto civico: dai una mano alla collettività e al tuo Paese. Dobbiamo far crescere il senso della solidarietà».
Tra i 100 mila ci saranno anche ragazzi stranieri, come si legge nel comunicato di Palazzo Chigi?
«È un punto che stiamo ancora valutando».
Nel 5 per mille cosa cambia?
«Finalmente diventa strutturale, senza bisogno di una norma ad hoc da inserire ogni anno nella legge di Stabilità. Ma sfoltiremo l’elenco degli enti beneficiari, visto che duemila non ricevono neanche un euro, altri tremila meno di cento euro. E chiederemo loro statuto, rendicontazione, trasparenza e comportamenti coerenti ».
Come funzionano i social bond?
«Il cittadino potrà acquistare queste obbligazioni dalle banche, accontentandosi di un interesse un po’ più basso. E le banche, che ridurranno i costi di gestione, destineranno una parte dei proventi a particolari interventi sociali. È un esempio di finanza di comunità o finanza etica. Incentiveremo anche microcredito e donazioni. L’idea di fondo è sempre quella: la comunità che si prende cura di se stessa».
L’impresa sociale sin qui non è decollata: appena 852 quelle esistenti. Ora cambierà qualcosa?
«Aggiorneremo la normativa, consentendo la distribuzione di utili, oggi preclusa, nel rispetto di condizioni e limiti, e cioè l’utilità sociale. Potrà raccogliere capitali anche tramite Internet, come fanno le start up. Investire in settori di attività più ampi, aiutata anche da un fondo rotativo e dall’assegnazione di immobili pubblici inutilizzati o confiscati alla criminalità. Non imporremo una forma giuridica, le aiuteremo tutte: cooperative, srl, spa. Purché lavorino per la comunità».
da La Repubblica