Ci risiamo. Con la crisi israelo-palestinese si sta per riprodurre la stessa situazione che si era verificata al momento della crisi jugoslava degli anni Novanta, con la costituzione di un gruppo di contatto formato da Stati Uniti, Russia, Francia, Germania, Gran Bretagna, al quale l’Italia disperatamente cercò, senza successo, di essere ammessa. Alla riunione che si svolge nelle prossime ore a Vienna, non partecipa la Russia formalmente ostracizzata per evidenti ragioni collegate alla crisi ucraina.
Ma non si comprende perché l’Italia sia stata anche in questo caso estromessa, tanto più che in questo momento detiene la presidenza dell’Unione europea.
Anche se formalmente si tratta di un incontro a margine per il problema nucleare iraniano, sorprende che nessuna reazione sia venuta da parte del governo italiano, né da parte dell’Unione europea, che sembra rassegnarsi al ruolo marginale e sussidiario di ufficiale pagatore, al quale sarà chiamata allorquando si tratterà di mettere sul tavolo proposte di aiuto economico.
Matteo Renzi e Federica Mogherini hanno sollecitato l’iscrizione nell’agenda del Consiglio Europeo di mercoledì prossimo della situazione israelo-palestinese e del Medio oriente in generale. Una nota diffusa da palazzo Chigi invita «l’Unione europea a far sentire la propria voce unita per sostenere ogni tentativo di tregua e iniziativa di dialogo per fermare una spirale di odio senza ritorno. Come presidenza di turno dell’Unione, l’Italia è in contatto continuo con i leader europei, nelle prossime ore, tra l’altro, il ministro degli esteri italiano sarà in Israele, Egitto e Palestina, e chiede che la drammatica situazione mediorientale sia messa al centro del vertice di mercoledì prossimo, convocato per definire gli assetti delle istituzioni europee». È un buon esercizio per mettere alla prova le capacità del ministro Mogherini, che potrebbe essere nominata, già a partire dal 16 luglio, Alto rappresentante per la poltica estera e di sicurezza dell’Unione Europea. E ieri sera il premier ha detto che la prima cosa da fare in Medio Oriente è «fermare gli estremisti». sottolineando la necessità di «garantire il diritto alla sicurezza di Israele e il diritto alla patria del popolo palestinese».
Ma intanto i principali Paesi europei procedono in ordine sparso ciascuno per proprio conto. Il ministro degli esteri tedesco Steinmeier sarà anche lui in Israele per incontrare Netanyahu e Abu Mazen, che il britannico William Hague da parte sua ha contattato telefonicamente e altrettanto ha fatto la Francia con Fabius. Ancora una volta ci si domanda perché Francia, Germania e Gran Bretagna preferiscano agire individualmente in un quadro che tende a configurare una nuova dimensione del Consiglio di sicurezza, di cui la Germania, ma non l’Italia, sarebbe chiamata a farne parte, anziché operare nel contesto della politica estera e di sicurezza comune europea. La risposta l’ha data il presidente Napolitano, il quale ha stigmatizzato la scarsa attenzione prestata dalla Ue alle vicende drammatiche che stanno sconvolgendo il Mediterraneo e il Medio Oriente, le cui tensioni finirebbero per scaricarsi in primis sull’Europa.
Tutta presa dai suoi problemi economici l’Unione europea dimentica il mondo circostante e le divisioni e i distinguo dei singoli stati membri ne rendono inconsistente e poco credibile l’azione. Ci aspettiamo dunque una energica reazione da parte del Consiglio europeo e del governo italiano presidente di turno, che permetta alla Ue di svolgere un ruolo di primo piano nella gestione di una crisi che, più di altri, la interessa da vicino. E soprattutto che consenta di far rientrare ogni tentativo di gestione ad excludendum, come quello a Vienna, che sancirebbe ancora una volta la marginalità della Ue in quanto tale e della sua politica estera e di sicurezza comune
da L’Unità