Non c’è alcun editto, non vedo né persecutori né martiri». Ne è convinto Stefano Balassone, esperto di televisione, ex manager Rai e ora docente di Economia dei media.
Carlo Freccero dice che su Giovanni Floris è stato attuato il primo «editto di Renzi». Pensa che sia andata così?
«È una solenne sciocchezza. Il caso di Floris è tutto tranne che un editto, perché non sono più quei tempi. Berlusconi era circondato da persone che pensavano solo a prendere quei posti in tv, quindi emanava editti come un lanciarazzi. Ma oggi i politici come Renzi e Grillo parlano direttamente, twittano, conducono, rilanciano, quindi i media sono scavalcati, compresi i conduttori. I politici sono “oggetti” di automatismi virali, non “soggetti” dei media».
Perché Floris se ne è andato? Per il compenso, per il battibecco con Renzi?
«È stato un fatto aziendale. Il battibecco con Renzi è una sciocchezza. Intanto Ballarò quest’anno ha sofferto la crisi dei talk show, con il 12% di share, il risultato minore da quando è nato escluso il primo anno, mentre aveva toccato il suo massimo gli anni scorsi».
Troppi talk?
«Non credo sia questo. È cambiato il clima nel Paese, che ha preso le sue decisioni e le ha espresse con il voto, non si riconosce più nel “batti e ribatti” obbligato del talk show. Può darsi che Floris abbia sentito la crisi del genere, infatti aveva chiesto di poter fare una striscia tutte le sere, come faceva Barbato o Biagi, per dire la sua».
Forse sarebbe stato giusto dargliela e anche su RaiUno, no?
«Ah no, non metto bocca sugli equilibri di palinsesto o, la vendita della pubblicità, un’azienda fa le sue scelte. Per questo non sento aria di editti, Floris può aver sentito esaurita una formula e cerca un nuovo linguaggio. O ripete la formula del talk, o sceglie il monologo sull’attualità quotidiana con la striscia veloce, oppure prova con l’inchiesta alla Gabanelli o Iacona».
Tutto questo a La7.
«Sembra che ancora non ci sia la firma, non so. Se fossi Cairo, l’ho scritto in un tweet, chiederei a Floris di fare un programma d’informazione il pomeriggio con un target medio alto. Non c’è, tra Uomini e donne e La vita in diretta…».
La Rai è sempre più spoglia: prima la perdita di Santoro, mai sostituito, ora Floris e anche Crozza, i palinsesti senza grandi novità. Insomma, l’azienda avrebbe dovuto fare di tutto per trattenere Floris e dargli molto di più?
«No, non credo che un’azienda debba svenarsi per trattenere qualcuno. Forse
Floris si dev’essere sentito non più necessario, ma sarebbe bene che si sentisse così anche Vespa. Anzi, sarebbe bene che chiunque, in tv, sentisse che la politica non lo ritiene necessario. Finora è stato il contrario, si chiama lottizzazione. Poi magari uno si sente trascurato perché non ti lottizzano più, ma la politica ora ha altri strumenti. Quindi non vedo né persecutori, né martiri».
A proposito di Vespa, è in rinnovo il suo contratto per 6 milioni in tre anni…
«Decidono Gubitosi e Tarantola, ma credo che lo abbiano ridotto rispetto a
quello siglato tre anni fa da Masi».
Chi vedrebbe al posto di Floris? Greco, Berlinguer, Vianello stesso, Lucia Annunziata? Giulia Innocenzi?
«Non faccio nomi, il direttore di RaiTre troverà una soluzione. L’importante è
la squadra che sta dietro al programma e un’azienda non può essere schiava
dello star system».
Il governo aprirà un dibattito sul ruolo del servizio pubblico. Come deve cambiare, considerato che la concorrenza non è più solo Mediaset ma anche La7,
Sky e soprattutto Google e internet?
«Ci sono fenomeni epocali, quindi il servizio pubblico deve rimettersi radicalmente a fuoco. E con una governance di lungo periodo, autonoma e a prova di ribaltoni. Il modello è quello inglese della Bbc, i consiglieri nominati singolarmente così decadono uno alla volta e non puoi rovesciare l’equilibrio del consiglio con un ribaltone. Così funziona la Corte suprema americana. Una governance che nomini un capo azienda all’altezza farà poi i cambiamenti profondissimi di cui la Rai ha bisogno».
Con tutte e tre le reti e con la pubblicità?
«Non penso con le tre reti. Io farei il copia incolla della Gran Bretagna: la
Bbc, finanziata solo dal canone, e Channel 4, finanziata solo dalla pubblicità».
da l’Unità