«Perchè lo facciamo? Perché altrimenti tutti questi “errori” diventeranno aborti, e spesso di ragazze giovanissime. E io non voglio più vedere quindicenni spaventate che vengono in ospedale per interrompere una gravidanza». Lisa Canitano, ginecologa, una vita “di frontiera” tra consultori, ambulatori e reparti della legge 194, dice con amarezza che oggi è più difficile che mai: «Avere la ricetta della pillola del giorno dopo è diventato un vero e proprio calvario». Anzi il paradosso tutto italiano di un farmaco legale che nessuno vuole prescrivere. Una silenziosa e nascosta obiezione di coscienza. Illegale però. E così per averlo le donne e soprattutto le ragazze, devono tortuosamente cercare vie alternative. Racconta Caterina, 16 anni, di Catania: «Ci è successo di notte, si è rotto il preservativo, era sabato sera. Con il mio ragazzo abbiamo vagato come fantasmi per ore. Nessuno voleva farci la ricetta. Ci trattavano come delinquenti…». Il telefono della dottoressa Canitano, presidente dell’associazione “Vita di donna” squilla in continuazione: «Ciao, come possiamo aiutarti?». «I farmacisti la negano, i consultori chiudono alle due del pomeriggio, i pronto soccorso sono ostili. E più passano le ore più aumenta – spiega Canitano – il rischio di avere una gravidanza indesiderata. Così chiamano noi… ». Dove “noi” vuol dire una rete di quasi cento medici (ginecologi e non solo) che resiste al boicottaggio nascosto contro il Levonorgestrel, nome del principio attivo di quella pillola che presa subito dopo un rapporto a rischio, impedisce di restare incinte. Una rete di volontari che in tutta Italia si rende disponibile e reperibile ogni giorno fino alle sette di sera e il sabato fino a mezzanotte. Eppure quattro mesi fa l’Aifa, cioè l’agenzia italiana del farmaco ha definito con chiarezza la pillola del giorno dopo un “contraccettivo” e non un “abortivo”, rispetto al quale dunque non è lecito alcun tipo di obiezione.
Accade invece, al pronto soccorso del reparto di ginecologia di un grande Policlinico romano, che tutti i medici di turno siano obiettori. Paola ha il cuore in gola: sono già passate dodici ore dal suo incidente… E così, dice Lisa Canitano «senza farsi vedere un’infermiera scarabocchia il nostro numero dell’associazione Vita di donna su un foglietto, e Paola ci trova, corre da noi, e ce la fa». Oppure ci sono i ragazzini, quindici, sedici anni, che magari non hanno un soldo in tasca. «Ci rintracciano su Internet, arrivano con il motorino, spaventati e smarriti, per comprare il farmaco fanno la colletta tra gli amici».
Quasi un gioco dell’assurdo. Perché parliamo di un medicinale perfettamente legale, che previene una tragedia assai più grande e cioè l’aborto. Ma le testimonianze svelano invece un paese oscuro, dove escluse alcune aree felici (Emilia, Toscana, Piemonte) “l’errore” durante il rapporto sessuale, ma soprattutto il non accettarne le conseguenze, viene ancora colpevolizzato. Marina ha 25 e vive a Bari, dove al Policlinico, rivela Canitano, «per avere la prescrizione alle donne viene incredibilmente imposta la visita ginecologica, e il pagamento di un ticket da 80 euro».
Ricorda Marina: «Sono sposata da un anno, ma mio marito ed io siamo ancora così precari che avere oggi un figlio sarebbe una pazzia. L’incidente è avvenuto a marzo: di notte si è rotto il profilattico. Era così tardi che sono andata al consultorio soltanto la mattina dopo. La dottoressa di turno mi ha fatto entrare e sedere, poi quando ha saputo perché ero lì, mi ha fatto uscire dalla stanza dicendomi brutalmente che le pazienti in gravidanza, quelle che davvero volevano un figlio, avevano la precedenza…». Marina viene ricevuta dopo quattro ore, quando finalmente le viene prescritto il Norlevo. «Attenta, si sentirà malissimo», conclude lugubre la ginecologa del consultorio.
Certo, il ricorso sempre maggiore alla “contraccezione d’urgenza”, con un aumento del 60% di confezioni vendute in pochi anni, è la prova indiretta di quanto invece le coppie e i giovani siano inesperti della contraccezione preventiva. Anche se gli ultimi dati dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, dicono con chiarezza che il 65% delle donne che si ritrova a dover utilizzare la pillola del giorno dopo, in seguito pianifica meglio la propria vita sessuale. «Il nostro numero di telefono – aggiunge Lisa Canitano – ormai è scritto sulle porte dei consultori, sui vetri dei reparti di maternità, siamo costretti a sostituirci allo Stato semplicemente per aiutare le donne a non abortire. Ed è assurdo che medici e farmacisti che si dichiarano obiettori di coscienza, di fatto spingano proprio verso quella scelta».
Anna ha diciassette anni e la sua testimonianza la scrive su Facebook. «Abito a Imola e sono stata fortunata, all’inizio. Al consultorio mi hanno fatto subito la ricetta e nessuno ha minacciato di chiamare i miei genitori. È andata peggio in farmacia: quando hanno letto la prescrizione mi hanno guardata bene in faccia e mi hanno chiesto i documenti. Minorenne, niente da fare. Per fortuna alla farmacia dopo non cui sono stati problemi. Ma continuo a chiedermi: ci sono forse dei limiti d’età se si vuole evitare un aborto?».
La Repubblica 27.06.14