Aspetta di leggere tutte le dichiarazioni, adesso che gli emendamenti dei relatori in Commissione Affari costituzionali sono stati depositati. L’Italia ha appena perso la partita, l’umore non aiuta, ma quel tentativo di Roberto Calderoli di intestarsi la quadratura del cerchio non se lo manda giù. E così Matteo Renzi con i suoi non la lascia passare: «Si tratta di un ottimo punto di arrivo. Calderoli prova a rigirare la frittata facendo finta di aver vinto. Ma chi conosce la vicenda sa come sono andate le cose: il Senato non sarà elettivo e infrastrutture, energia, commercio con l’estero, promozione turistica, sono materie che passano dalle Regioni allo Stato». Rivendica cioè quell’impostazione iniziale che è sempre stata il suo pallino fisso e oggi dice, «si tratta di un ottimo punto di arrivo. La Lega era tagliata fuori dal patto tra la maggioranza e Fi e adesso prova a mettere la sua bandierina. Facciano pure se hanno bisogno di visibilità. A noi interessano le riforme». Sa bene il premier che adesso la tentazione di salire sul carro del vincitore è forte, mesi fa nessuno avrebbe scommesso un euro sul percorso delle riforme e sulla tenuta del patto del Nazareno. Adesso, persino il M5S ha capito di essere finito nell’angolo e cerca di mostrare aperture che sanno di strumentale.
Ma come aveva anticipato ieri l’Unità, Renzi sulle riforme non intende rallentare né arretrare di un millimetro. Quindi, bene l’incontro con M5S ma l’impianto della legge elettorale è quello uscito dalla Camera e quello del superamento del Senato resta ancorato al lavoro che i due relatori stanno facendo in Commissione Affari Costituzionali. Ci sono margini di intervento ma non si può stravolgere il lavoro svolto fin qui. E così, preso atto che Beppe Grillo nel giro di due giorni ha cambiato due volte idea – prima la richiesta di incontro con il premier, poi con il Pd e dunque una delegazione parlamentare – il mandato è chiaro. «Si va e si ascolta ma non si accettano ultimatum né si manda all’aria l’accordo su cui si è costruita l’intesa di questi ultimi mesi».
Anche sull’Italicum, modello di riforma elettorale su cui il Pd non intende cambiare idea, ci sono margini di intervento ma molto meno ampi di quanto si possa immaginare. È vero che ieri la ministra Maria Elena Boschi durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi ha lasciato intendere possibili aperture sulle liste bloccate, ma è pur vero che in questa fase pre-incontro con i pentastellati non si possono mostrare troppe rigidità. In realtà a Palazzo Chigi non sono affatto intenzionati ad aprire alle preferenze: se interventi si possono fare durante il passaggio al Senato, è soprattutto sui collegi, dove c’è più disponibilità, e su liste più corte di quelle attuali. Su una cosa Renzi non intende trattare: il ballottaggio nel caso in cui nessuno riesca ad aggiudicarsi la maggioranza al primo turno. «Noi dobbiamo dare ai cittadini una legge elettorale che una volta chiuse le urne, dica con chiarezza chi ha vinto e che permetta a chi ha vinto di governare per l’intera legislatura». E questo in sostanza sarà il messaggio che la delegazione Pd che mercoledì incontrerà il M5s. Stesso discorso sulla riforma del Senato e il Titolo V: sì a miglioramenti, no a stravolgimenti. Renzi sa che dopo il risultato elettorale, che gli ha dato grande forza politica e legittimazione, non si può perdere tempo. I risultati dovranno arrivare già da luglio, con l’inizio del semestre italiano in sede Ue. La forza che gli ha dato il voto del25maggio, nel ragionamento del premier, sarà consolidata soltanto dai primi risultati concreti proprio sul fronte delle riforme. Da lì, dalla capacità di fare un salto in avanti sullo sfoltimento burocratico, l’efficientamento della Pa, la riforma della giustizia, la razionalizzazione della spesa pubblica, il rilancio degli investimenti in Italia e quindi nuova occupazione, dipenderà la credibilità del nostro Paese a Bruxelles. Sul fronte interno il segretario del Pd guarda con attenzione a quanto sta accadendo in Sel e in Scelta civica: quel partito della Nazione, di cui ha parlato Reichlin, rilanciato e fatto proprio da Renzi, prende forma sempre più nitidamente. Ma il rischio di perdere pezzi mentre se ne aggiungono altri non sfugge. Non a caso il vice segretario Lorenzo Guerini eil responsabile Enti Locali, Stefano Bonaccini, stanno girando tra Perugia, Livorno, Padova (dove il Pd alle elezioni è andato male) per cercare di riannodare i fili con gli elettori. «Coraggio e responsabilità» le parole d’ordine rivolte ai dirigenti locali. In Calabria, dove a novembre si tornerà al voto per il rinnovo del Consiglio regionale e per eleggere il sindaco di Reggio Calabria, la parola è soltanto una: rinnovamento.
L’Unità 21.06.14