Non possiamo non rilevare alcuni paradossi, almeno tre, a proposito della procedura d’infrazione avviata da Bruxelles a cui l’Italia è sottoposta a causa dei biblici ritardi nei pagamenti alle imprese da parte dello Stato. Questo giornale non è mai stato tenero nei confronti delle amministrazioni che non pagano in tempi umani fornitori e imprese appaltatrici. Non da oggi, ma da quando questa storia è cominciata. Perciò siamo grati a Bruxelles per aver stabilito limiti precisi entro i quali lo Stato deve tassativamente onorare i propri debiti. Ma non possiamo non rilevare alcuni paradossi, a proposito della procedura d’infrazione a cui l’Italia è sottoposta a causa dei biblici ritardi nei pagamenti. Il primo è che la mazzata arriva, a pochi giorni dall’inizio del semestre di presidenza italiana, proprio nel momento in cui il problema viene affrontato con una determinazione sconosciuta in passato. L’attuale Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, è sotto pressione, per questo particolare frangente, come non mai sono stati i suoi predecessori.
Fatta questa premessa, va certamente detto che quella determinazione andrebbe ancora incrementata. Ci sono Regioni meridionali che per ragioni imperscrutabili non attingono come potrebbero fare ai soldi che sono stati messi loro a disposizione. Esiste poi la faccenda spinosissima degli 11 miliardi di arretrati di spese in conto capitale che non vengono pagati perché farebbero salire un debito pubblico che la stessa Ue ci chiede di ridurre al ritmo di almeno 50 miliardi l’anno. Tutto questo è inconfutabile.
Si deve però ricordare che soltanto con l’effimero esecutivo di Enrico Letta, nel 2013, si è cominciato a prendere materialmente di petto un cancro del quale è difficile dare la responsabilità al suo governo come a quello di Matteo Renzi, in carica da pochi mesi. E siamo al secondo paradosso. Doppio. Perché il motore dell’iniziativa europea, Antonio Tajani, fra i maggiori esponenti di Forza Italia, non soltanto è italiano. Ma è anche esponente della parte politica che ha avuto la responsabilità di governare il Paese per la maggior parte del tempo (quasi nove anni, dal 2001 al 2011) in cui quel tumore diffondeva le proprie metastasi in tutta la pubblica amministrazione. Senza che venisse posto alcun argine a quella devastante espansione.
Il Corriere della Sera 19.06.14