«È vero, mi sono emozionato, credo sia normale di fronte al grande onore di rivestire un ruolo così importante». Il giovane turco Matteo Orfini, neopresidente del Partito democratico, tira finalmente un sospiro di sollievo perché sa bene che la partita non è stata facile con Area riformista che fino all’ultimo ha cercato un nome alternativo. «Dimostrerò con i fatti che saprò essere una figura di garanzia per tutti», assicura mentre continua a ricevere valanghe di congratulazione, compresa quella della Fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema.
Orfini, come immagina il suo ruolo di presidente?
«Noi abbiamo bisogno, dopo lo straordinario risultato elettorale, di costruire un partito all’altezza delle aspettative che abbiamo creato e per farlo è necessario un partito che sappia essere affianco al governo nella sfida di portare il Paese fuori dalla crisi. Penso ad un Pd in cui un gruppo dirigente nuovo, plurale nelle idee ma che condivide prima di tutto l’amore per il Pd, si metta in gioco accettando la sfida. Mi piacerebbe riuscire a dare una mano affinché tutti si sentano protagonisti in questa sfida di cambiamento, è così che penso al mio ruolo».
Stefano Fassina ha detto che lei non è una figura superpartes. Cosa gli risponde?
«Evidentemente il profilo che ho tenuto in questi anni non è superpartes, ha ragione Stefano, ma credo che sia stato importante il segnale che Renzi ha voluto mandare a tutto il partito proponendo il nome di una persona con cui durante questi anni ci sono stati molti scontri leali e sulle idee. Matteo ed io ce ne siamo dette di tutti i colori ma alla luce del sole come si fa in un partito serio».
Le contestano di non rappresentare la minoranza perché di fatto lei sarebbe un renziano…
«Ho sempre detto quello che penso cercando il confronto. Proprio in un’intervista a l’Unità ho sostenuto che un congresso dura il tempo di un congresso e che non ha più senso ragionare in termini di minoranza e maggioranza nel momento in cui Renzi vince e diventa segretario. In questi mesi ho cercato di avere come stella polare non l’unità della minoranza ma quella del partito, questo mi sembra l’obiettivo. In campagna elettorale i nostri elettori hanno visto un Pd compatto che da Renzi a Cuperlo, a Civati era in campo per vincere. Questo non significa rinunciare alle proprie idee, su molte cose, a partire dalla legge elettorale e il finanziamento ai partiti, io la penso diversamente ma ho cercato la sintesi e ho rispettato le decisioni assunte dalla maggioranza del partito».
E arriviamo al punto. Come si supera la frattura con i 14 senatori autosospesi?
«I senatori che si sono autospesi sono persone che vogliono bene al Pd e penso che quel gesto sia costato loro un grande sacrificio. Chiederò di incontrarli per cercare di uscire da questa difficile situazione e spero che continuino a sentire il Pd come la loro casa, ma dobbiamo cercare di perfezionare una modalità di convivenza tra di noi. È legittimo avere idee diverse sulla riforma costituzionale, ma una volta che c’è stato il confronto e poi si è arrivati ad una posizione maggioritaria è necessario far sì che il legittimo dissenso non blocchi il processo delle riforme».
Dopo i maldipancia di una parte di Area riformista sulla presidenza del partito, il percorso della segreteria unitaria è a rischio?
«Per fortuna di questo non si occupa il presidente… Ma spero davvero che l’impegno nella gestione unitaria vada avanti e mi auguro di riuscire a convincere tutti coloro che legittimamente non mi hanno votato che il ruolo che eserciterò sarà effettivamente di garanzia».
Orfini, è ingeneroso chi nel suo partito critica il “decisionismo” di palazzo Chigi?
«Il giudizio sul lavoro del governo lo hanno dato gli elettori con il loro voto che non lascia dubbi. È passata l’idea che c’è un governo che davvero mette in discussione le rendite di posizione, le oligarchie e i gruppi di potere che hanno frenato questo Paese. Credo che questa sia la direzione da tenere: aggredire i problemi cercando di risolverli avendo come stella polare una società più giusta. Un programma così ambizioso è evidente che passa anche attraverso misure complesse, ma vorrei ricordare che siamo riusciti grazie al confronto in Parlamento a superare la difficile discussione sul decreto Poletti e faremo altrettanto con il disegno delega sul lavoro. La disponibilità da parte del governo a confrontarsi con le Camere è una garanzia in questo senso. Un partito discute e si confronta ma poi deve decidere».
Non è che Renzi vi sta scavalcando a sinistra? Con una direzione di mezz’ora vi ha portato nel Pse e in un minuto ha ripristinato le feste de l’Unità…
«Intanto mi lasci dire che sono stato molto contento delle parole che Renzi ha usato per l’Unità, riconoscendo il ruolo e l’importanza di questo quotidiano per il nostro partito. Colgo l’occasione per dire che seguiamo con grande attenzione quanto sta avvenendo perchè dobbiamo garantire questo presidio importantissimo per l’informazione. Per il resto devo riconoscere che Renzi segretario e premier ha fatto la prima vera redistribuzione della ricchezza con il decreto sugli 80 euro, ha scelto di aderire al Pse ed è perfino arrivato ad auspicare politiche keynesiane. Diciamo che il dibattito interno al Pd ha aiutato tutti ad avvicinare posizioni che sembravano molto distanti fra di loro».