La delega del governo sul lavoro è il completamento della revisione normativa iniziata con il decreto approvato di recente dal Parlamento. Al convegno dei giovani industriali, il ministro Poletti ha dichiarato che la delega verrà approvata entro la fine dell’anno. E ha indicato anche una scansione temporale: entro luglio terminerà la discussione al Senato e da settembre inizierà quella alla Camera. Come sempre siamo interessati, prima che ai tempi, ai contenuti e siamo convinti che sia necessario innovare il mercato del lavoro tenendo nel giusto equilibrio le ragioni dell’impresa con quelle dei lavoratori. Per noi non é più accettabile, però, la filosofia della deregolazione continua e della derogabilità di leggi e di contratti che ha caratterizzato la stagione dei governi di centrodestra. Abbiamo svolto in quegli anni, come forza di opposizione, una importante azione difensiva riducendo il danno e ponendo argini contro gli eccessi della precarizzazione. Adesso questa strategia non è più sufficiente e la De- lega dovrà essere l’occasione per consolida- re le nostre proposte sulla buona flessibilità e per la qualità e la stabilità del lavoro, soprattutto quello dei giovani. Lo diciamo nella convinzione del fallimento delle politiche che hanno basato la crescita dell’occupazione e lo sviluppo del Paese sulla rincorsa ai bassi salari, sulla precarietà e sulla segmentazione del mercato del lavoro. Occorre una svolta.
I temi fondamentali che costituiscono l’architettura della Delega sono sostanzialmente questi: il contratto di inserimento a tempo indeterminato; gli ammortizzatori sociali; il compenso orario minimo; la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro; i servizi per l’impiego. Per quanto riguarda il contratto di inserimento noi siamo favorevoli e non solo in termini sperimentali: abbiamo presentato una proposta di legge con contenuti analoghi già nella scorsa legislatura, prima firmataria il ministro Madia. L’esperienza di questi anni ci fa dire che l’incentivo legato al pe- riodo di prova, previsto da sei mesi a tre anni, deve essere erogato al datore di lavoro soltanto se, al termine, il contratto viene trasformato a tempo indeterminato. In caso di licenzia- mento durante la prova, va garantito al lavoratore un congruo indennizzo economico. Infine, riteniamo che il passaggio alla stabilità comporti la piena tutela dell’Articolo 18 per i neo assunti, sia per quanto riguarda il licenziamento senza giusta causa, sia nel caso di discriminazione.
Sugli ammortizzatori sociali occorre fondare la riforma su due pilastri: da un lato la cassa integrazione ordinaria e straordinaria pagata dalle imprese e dai lavoratori, che mantiene il rapporto di lavoro con l’azienda; dall’altro, l’indennità di disoccupazione che interviene per tutelare chi non ha più il lavoro. Questa distinzione, che sembra ovvia, serve per chiarire il fatto che se dovessimo tradurre in lavoratori licenziati il miliardo di ore di cassa integrazione che si consuma ogni anno dal 2008, dovremmo aggiungere agli attuali disoccupati altre 500.000 perso- ne: una vera bomba sociale. È positivo il fatto che il governo voglia estendere gli ammortizzatori sociali anche ai lavoratori precari, non bisogna però dimenticare il variegato mondo del lavoro autonomo e delle professioni, completamente assente in questo provvedimento.
Il terzo punto è quello del compenso ora- rio minimo: non siamo favorevoli al fatto che possa sostituire le retribuzioni minime dei contratti nazionali di lavoro, ma può essere un utile strumento in casi particolari. Pensiamo che un compenso orario minimo debba essere stabilito: per i lavoratori a progetto, come é già stato fatto positivamente nel con- tratto delle telecomunicazioni; per i voucher, se non vogliamo che si trasformino in una comoda copertura per il lavoro irregolare, quello stesso che dovrebbero combattere (quindi, come dice la Delega, è necessaria una piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati con l’indicazione del costo orario); per consentire il calcolo standard del costo del lavoro da scorporare dal massimo ribasso degli appalti. Ci batteremo per questi obiettivi.
Il quarto punto é relativo alla tutela della maternità ed alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Ci paiono particolarmente condivisibili due punti proposti dal governo: l’estensione graduale della indennità di maternità a tutte le categorie di donne lavoratrici e, per le madri che hanno un rapporto di lavoro para-subordinato, il diritto alla prestazione assistenziale anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro.
Infine, per quanto riguarda i Centri per l’Impiego vorremmo suggerire, oltre alla razionalizzazione degli incentivi all’assunzione ed all’autoimprenditorialitá, anche la definizione di due obiettivi a nostro avviso strategici: il primo riguarda la stabilizzazione dei circa 10.000 addetti che in tutta Italia si occupano dell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro. Il secondo, é quello di adeguare l’organico dei Centri agli standard europei: in Germania gli addetti alle politiche attive del lavoro sono circa 130.000 e in Gran Bretagna 90.000. Se vogliamo far parte della Rete europea dei servizi per l’impiego non possiamo disporre di una struttura inadeguata: diamoci l’obiettivo di portare gli addetti ad almeno 50.000 unità, anche utilizzando la mobilità nel settore pubblico accompagnata da appositi corsi di formazione e di riqualificazione.
L’Unità 12.06.14