È il momento giusto per fare chiarezza nel Pd sulla questione morale imposta all’ordine del giorno dallo scandalo-Venezia. Sergio Chiamparino, neopresidente del Piemonte ed ex sindaco di Torino, suggerisce a Matteo Renzi di gettare nella partita tutto il consenso conquistato nelle urne. “Una volta si sarebbe detto che è necessario un congresso — dice — . Ma se non fosse un congresso, che sia un’assemblea stile Leopolda. Mi permetto di suggerire a Renzi di cogliere l’attimo”. Chiamparino indica anche la necessità di rimescolare le correnti: “Ora sono cristallizzate e non corrispondono più al reale dibattito interno. Abbiamo bisogno di discutere di contenuti e non di poltrone”. E sui rapporti con imprenditori e banchieri: “La patologia non è incontrarli, è farsi pagare in modo illecito”.
Un congresso o comunque un appuntamento importante del Pd per fare chiarezza sulla questione della corruzione. Sergio Chiamparino, neopresidente del Piemonte, propone questa strada per rispondere alle imbarazzanti vicende che coinvolgono nelle inchieste esponenti del partito.
Chiamparino, Maria Elena Boschi fa capire che il nuovo Pd renziano è diverso nei comportamenti da quello che lo ha preceduto. Quanti Pd ci sono?
«Ce n’è uno e penso che anche Boschi risponderebbe così. Certo oggi Renzi è nelle condizioni di cacciare i mercanti dal tempio. Ha ottenuto un ampio consenso elettorale che lo rafforza anche all’interno del partito. Secondo il mio modesto suggerimento sarebbe utile che utilizzasse quel consenso per fare pulizia. Anche per difendere le decine di migliaia di politici e amministratori che a quelle pratiche si sono rifiutati di prestarsi».
Le inchieste di questi giorni coinvolgono nomi di un certo rilievo del Pd. Dov’è finita la diversità dei politici di centrosinistra?
«La diversità non è un’ideologia ma sta nel comportamento di ciascuno. Per questo dico che bisogna mettere fuori chi sbaglia: per distinguerlo chiaramente da chi ogni giorno si comporta correttamente».
Gli avversari del Pci sostenevano che eravate virtuosi quando arrivavano i soldi da Mosca e avete cominciato a far entrare i mercanti nel tempio quando i rubli sono finiti. È andata così?
«Io sono un vecchio ex comunista e non rinnego quella mia militanza. Ma personalmente di rubli non nei ho visti e se sono arrivati bisognerebbe chiederlo ai protagonisti di quell’epoca. Se il problema fosse questo si risolverebbe nel giro di una generazione. Ma non mi pare che sia così semplice».
Infatti anche nelle generazioni successive c’è qualche problema. Non è che la contiguità di esponenti del Pd con imprenditori e banchieri finisce per rendere più forti le tentazioni?
«Un amministratore deve incontrare imprenditori e banchieri, come sindacalisti e operatori del sociale. Io ho sempre ricevuto tutti perché amministrare significa avere relazioni. La patologia non è incontrarli, è farsi pagare in modo illecito. Per evitare certe tentazioni, e non solo di esponenti del Pd, basterebbe, ad esempio, sostituire le concessioni ultradecennali con appalti pubblici. Se dopo un certo periodo cambia il cavallo è più difficile che accordi corruttivi durino nel tempo».
Parliamo di soldi. Anche nel Pd si ruba per pagarsi la campagna elettorale?
«Mi auguro che chi è accusato di questo riesca a dimostrare la sua innocenza».
Non sarebbe il primo caso.
Qualche esponente del suo partito è stato addirittura sorpreso a chiedere i voti per le primarie a un esponente della malavita. Si è difeso dicendo che non lo conosceva.
«Credo che in quel caso fosse davvero così. Ma non voglio eludere la domanda. Ci sono modi leciti per ottenere finanziamenti privati nelle campagne elettorali: basta dichiarare i contributi. Se si versano i soldi in nero, magari all’estero, il discorso cambia. Penso che il moltiplicarsi delle correnti interne al partito sia uno degli elementi che favoriscono certe pratiche. Il partito, ovviamente, non paga le campagne delle singole correnti e qualcuno si arrangia in altro modo. E poi le correnti di oggi non corrispondono più al reale dibattito interno al Pd. Sono cristallizzate a rappresentare una realtà che nel frattempo è cambiata. Un discorso simile vale per le primarie. Che sono state un formidabile strumento per confrontarci con i cittadini. Ma che ripetute all’eccesso rischiano di trasformarsi in una sorta di voto continuo che consolida le filiere e le logiche di corrente ».
Abolire le correnti?
«No, evitare che si cristallizzino. Fare in modo che siano un’occasione per discutere di contenuti e non di poltrone».
Cacciare i mercanti, mescolare le correnti, calmierare le primarie. Come si fa tutto questo? Ha un suggerimento da dare a Renzi?
«Una volta si sarebbe detto che è necessario un congresso. Ma se anche non vogliamo chiamarlo congresso, facciamoci sopra una Leopolda. Mi permetto di suggerire a Renzi di cogliere l’attimo».
La Repubblica 08.06.14