Mese: Maggio 2014
"Quei partiti nel nome del Padrone", di Massimo Adinolfi
La parabola del Movimento cinque Stelle e quella, ancora più malinconica, di Forza Italia, si presta, prima ancora che all’analisi politica, a quella metafisico-linguistica (addirittura!). Se c’è infatti una cosa che non è possibile sostituire è il nome proprio. Ci chiamiamo così, con nome e cognome, dal primo all’ultimo dei nostri giorni, e anche oltre, perché tale resterà il nostro nome – insostituibile – perfino sulla lapide che di noi tramanderà il ricordo «per saecula saeculorum» (almeno me lo auguro). Un simile miracolo sembra che riesca al nome, e al nome soltanto. E da sempre filosofi e poeti, teologi e letterati, stregati dal nome proprio, sognano di poter indicare le cose, tutte le cose, con una simile, univoca determinatezza. E però: altro che paradiso del linguaggio! Se tutti i nomi fossero propri, individuali, esclusivi, se non vi fosse più nulla in comune fra di essi, il linguaggio si frantumerebbe in tanti pezzi incomunicabili fra loro e, molto semplicemente non sarebbe più un linguaggio, una «comunità» di parole e discorsi (se avete tempo, fate la prova, …
Quel che Renzi può chiedere a Bruxelles", di Mario Deaglio
Per una singolare coincidenza, pochi giorni dopo una consultazione elettorale che ha cambiato il modo in cui si fa politica in Italia, è stato pubblicato un documento ufficiale che analizza come è cambiata l’Italia. Si tratta del «Rapporto Annuale» dell’Istat, una fotografia ufficiale costruita con statistiche di prima qualità, non con sondaggi frettolosi, una ricognizione di quel che è successo al Bel Paese nel corso della crisi e di come ne sta uscendo. Partiamo dalle famiglie: l’Istat documenta sei anni consecutivi di caduta del loro potere d’acquisto e sin qui si tratta di un’osservazione arcinota. Meno noto è che questo periodo di crisi si può dividere molto chiaramente in due parti. Dal 2008 fino a metà del 2012 le famiglie italiane hanno cercato di mantenere i livelli di consumi ai quali erano abituate e pur di ottenere questo risultato hanno ridotto fortemente il risparmio. Da metà 2012 a fine 2013 è successo l’esatto contrario: i redditi sono, in media, scesi più lentamente oppure hanno smesso di scendere ma questo non si è tradotto in un …
"I giovani se ne vanno e la povertà si allarga", da L'Unità
Un Paese in stallo, dove la recessione lascia sul tappeto 6,3 milioni di persone senza lavoro. Il Rapporto Istat 2014, presentato dal presidente Antonio Golini, fotografa un Paese che ancora non riesce a ripartire, ed è sempre più frammentato: il Sud aumenta ulteriormente la distanza dal resto del Paese, la disuguaglianza rimane consistente, la povertà aumenta, solo il 30% delle imprese negli ultimi due anni ha migliorato occupazione e fatturato, l’occupazione femminile migliora, ma solo perché servono più baby sitter e badanti per supplire alla cronica inadeguatezza dei servizi sociali. E l’Istat informa che ci vorrebbero 15 miliardi per ridurre la povertà. Dall’inizio della crisi, l’occupazione ha conosciuto solo il segno meno, e nell’ultimo anno il calo è stato ancor più marcato: nel 2013 l’occupazione è diminuita del 2,1% (-478mila). In 2,3 milioni di famiglie lavorano solo le donne. Tra disoccupati (3 milioni e 113mila) e persone che sarebbero disposte a lavorare (3 milioni e 205mila) nel 2013 si contano 6,3 milioni di «potenzialmente impiegabili», uno spreco di risorse colossale che riguarda soprattutto i giovani. …
"Istat, autoritratto di un’emergenza", di Federico Fubini
Se siamo di nuovo al 1929, non è perché un altro panico di borsa sembri alle porte o si profili un’altra Grande depressione dopo la traversata del deserto di questi anni. No, è più semplice di così. Vale oggi ciò che disse allora John Maynard Keynes dopo una tornata elettorale segnata da più del 10 per cento di disoccupazione. Con questi tassi di povertà, non si può sprecare neanche un penny di denaro pubblico che deve raggiungere chi più ne ha bisogno. Allora aveva votato la Gran Bretagna, domenica scorsa lo hanno fatto l’Europa e l’Italia. Ma le parole di Keynes devono suonare attualissime al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan o a quello del Lavoro, Giuliano Poletti, quando ricordano che un Paese in emergenza sociale ha bisogno di usare al meglio tutte le risorse che ha. Ieri l’Istat ha spiegato perché: tre milioni di famiglie in condizioni di povertà, nascite ai minimi da vent’anni, centomila giovani emigrati dall’Italia in cinque anni sono peggio che una situazione intollerabile. Sono la promessa che essa proseguirà: un Paese …
"Europee, i flussi elettorali Renzi non sfonda a destra ma “prosciuga” Scelta Civica", di Elisabetta Gualmini
A differenza di quanto si è potuto pensare all’indomani della sua trionfale vittoria, Renzi non ha sfondato nel popolo «delle libertà». Non è il Berlusconi di sinistra votato dalla destra, né il colonizzatore della prateria dei moderati. L’analisi dei flussi elettorali, degli spostamenti di voto dalle politiche del 2013 alle europee del 2014, mostra come la frattura destra-sinistra continui a strutturare i comportamenti politici degli italiani. E come la speranza di arrivare prima o poi a una «normale» democrazia dell’alternanza, in cui due grandi partiti si confrontano l’uno con l’altro, non sia un sogno. Lo dicono tre indizi ricavabili dall’indagine che l’Istituto Cattaneo ha svolto, sotto la direzione di Piergiorgio Corbetta, con riguardo a diverse città italiane. Primo. Renzi ha assorbito il centro. Il flusso più importante di voti in entrata al Pd proviene da Scelta Civica, tutta intera. L’area che faceva capo a Mario Monti (come si vede nel grafico) si è svuotata ed è passata in blocco a sostenere il premier. Nel Nord, dove Monti aveva vinto di più, in città come Torino, …
"Quello che oggi ci manca di Enrico", di Ettore Scola
Nella storia dell’umanità alcune epoche sono state particolarmente segnate dal passaggio di un innovatore – profeta, poeta, scienziato, politico – il cui nome, preceduto da un avverbio, prima e dopo, definisce l’epoca nella quale è vissuto: prima e dopo Cristo, prima di Giotto, dopo Colombo, prima di Galilei. Fino ai nostri contemporanei, che sono più vicini a noi, ma spesso restano lontani nella memoria. Il flm Quando c’era Berlinguer – bello per la commozione che suscita e per la discrezione che lo distingue – si apre con una domanda che il regista pone a una decina di studenti scelti in varie città italiane: «Chi era Berlinguer?». Nella storia dell’umanità alcune epoche sono state particolarmente segnate dal passaggio di un innovatore – profeta, poeta, scienziato, politico – il cui nome, preceduto da un avverbio, prima e dopo, definisce l’epoca nella quale è vissuto: prima e dopo Cristo, prima di Giotto, dopo Colombo, prima di Galilei. Fino ai nostri contemporanei, che sono più vicini a noi, ma spesso restano lontani nella memoria. Il flm Quando c’era Berlinguer …