Mese: Maggio 2014

"Da Sandokan alla Carogna i soprannomi come bandiera", di Roberto Saviano

Se Genny’a carogna fosse stato soltanto Gennaro De Tommaso, quanti titoli avrebbero fatto i giornali su di lui? Privo del suo truce soprannome avrebbe suscitato lo stesso clamore? Certo, i giornali avrebbero scritto quel tanto che bastava a riportare la notizia. Si sarebbero senza dubbio descritte nel dettaglio la sua funzione e le sue parentele, ma è quell’epiteto portato come una bandiera ad aver moltiplicato la sua sinistra fama. I soprannomi accorciano le distanze: raccogliendo una biografia in una parola, in un attimo fanno sembrare vicine persone mai conosciute. Si nasce con il proprio nome e cognome dal ventre materno. All’anagrafe sei iscritto con il nome scelto dalla famiglia e che determina il santo che ti proteggerà. Ma in società nasci davvero quando un soprannome ti battezza. È un’usanza antica ancora fondamentale in paesi e quartieri dove i nipoti prendono il nome dei nonni. Quando tutti hanno gli stessi nomi e cognomi, solo i soprannomi rendono unici. La modernità non ha affatto distrutto questa abitudine, anzi, i soprannomi hanno anticipato i nickname usati sul web, …

"Università, se la disinformazione è di moda", di Fabio Sabatini

Uno dei luoghi comuni più apprezzati dalla stampa nazionale è che l’università italiana siadominata dai baroni e occupata militarmente da un esercito di fannulloni che percepiscono stipendi altissimi, pagati dai contribuenti, per dedicarsi ad attività poco edificanti come la manipolazione dei concorsi e la compravendita di esami. La passione per la denigrazione dell’università italiana è frutto di una pericolosa mistura di analfabetismo scientifico, difficoltà di approfondire temi complessi, scandalismo e caccia al facile consenso di un pubblico sempre più tarato sulla televisione, che non vede di buon occhio la categoria degli studiosi e ammira tutt’altro tipo di personaggi. Ma anche di una buona dose di verità: i baroni e i concorsi truccati esistono, e spesso – in misura diversa nelle diverse discipline – i professori universitari usano la cattedra come strumento per perseguire interessi molto particolari, che poco hanno a che fare con le ragioni per cui percepiscono uno stipendio pubblico. Ciò nonostante, i ricercatori che lavorano nelle università italiane continuano a produrre – con un lavoro per certi versi eroico, in condizioni difficilissime tra …

"La povertà educativa è al Sud, ma non solo", da La Tecnica della scuola

Lo sostiene Save the Children, che il 12 maggio ha presentato il primo rapporto “La Lampada di Aladino”: maglia nera alla Campania. Perfino Friuli Venezia Giulia e Lombardia non reggono il confronto con l’Europa: nessuna regione è in linea con alcuni obiettivi europei quali ad esempio, la copertura degli asili nido che dovrebbe essere del 33%, ma arriva a stento al 26,5% in Emilia Romagna. Tante richieste, tra cui fare investimenti mirati nelle aree con più povertà educativa e alti tassi di dispersione, garantire il tempo pieno e servizio mensa per tutti. Ma anche istituire aree ad alta densità educativa sul modello francese Quelle del Meridione si confermano le regioni d’Italia dove l’offerta formativa per bambini e adolescenti risulta più “scarsa e inadeguata”: largamente insufficienti gli asili nido, solo per il 2,5% dei bambini in Calabria, e le scuole a tempo pieno (garantito solo nel 6,5% delle scuole primarie della Campania). Meno di un terzo dei minori fa sport. I libri e l’arte occupano il tempo libero di pochi: appena il 16% dei minori campani …

“Dovremo combattere un reticolo di lobby il bubbone è antico”, di Liana Milella

Raffaele Cantone. L’uomo del momento. Il “salvatore” di Expo. L’ex pm anti-camorra e oggi commissario anti- corruzione dice: «Il bubbone era lì. Lo abbiamo ignorato». Dice Renzi “non fermiamo i lavori, ma i delinquenti”. Non è tardivo? «Certo, alcune cose dovevano essere fatte prima. Ma non possiamo dimenticare la forte instabilità politica e tre governi durati poco tempo. E poi adesso guardare indietro non serve, toccherà agli storici individuare le responsabilità». Conoscendo l’Italia criminale non era meglio assicurare severi meccanismi di vigilanza sugli appalti? «Probabilmente sì, se siamo arrivati al punto di oggi. A Milano c’è stata grande attenzione ad evitare le infiltrazioni mafiose. Si è generato una sorta di strabismo, si è guardato molto a questo pericolo, ma non si è alzata la guardia sulla corruzione con la stessa forza e puntigliosità». In concreto, lei che può fare? «Dipende da cosa ci chiedono. Per ora il premier ha parlato di una disponibilità del nostro ufficio a lavorare su Expo, che non poteva che essere data. Per la semplice ragione che stiamo parlando degli appalti …

"Quella paura negli occhi delle ragazze rapite", di Adriano Sofri

Ieri, grazie all’impudenza dei loro persecutori, le abbiamo viste “le nostre ragazze” rapite, rivestite e velate al gusto di quelli, con gli occhi sbarrati dallo spavento, addestrate a pregare con le palme aperte ma non abbastanza da simulare un solo sorriso. Il mondo è ubriaco di petrolio, acqua, traffici di droga e armi, minerali rari, giochi della finanza. CHE si combatta una guerra planetaria la cui vera posta è il controllo e la riconquista delle donne può sembrare una boutade, o un’iperbole. I signori di Boko Haram si sono premurati di renderlo evidente, come in un Manifesto. Centinaia di ragazze rapite dal dormitorio della loro scuola, una delle poche ancora aperte nello stato di Borno, subito dopo aver sostenuto gli esami di fine anno; e poi il capobanda che annuncia che le venderà a quattro soldi per farle schiave o mogli forzate (è la stessa cosa) fuori dai confini; e poi ancora il capobanda – vanesio, come tutti questi epici farabutti – che si dichiara magnanimamente disposto a scambiarle con i suoi adepti detenuti dal …

"Il mito di Marcello uomo di mafia con la reputazione del manager colto", di Enrico Deaglio

MI guardò in cagnesco. Poi si alzò, inforcò i Rayban neri, si abbottonò il doppiopetto rigato marrone e, giunto davanti al mio tavolo, si tolse gli occhiali con un ampio gesto e fece, a voce alta: “Eccomi, sono la sua vittima. Ma se mi conoscesse meglio, non scriverebbe quello che scrive”. Mise gli occhiali nel taschino, con una stanghetta fuori: “Comunque, complimenti; lei scrive molto bene” e se ne uscì, teatralmente. II brusio del locale era improvvisamente cessato, il cameriere era sbiancato, come quando nel saloon entra lo Straniero e mormora: “Dite al Condor che lo sto cercando”. Non c’è dubbio che avesse una reputazione, Marcello; e non solo di raffinato bibliofilo. Era una caricatura, ma nello stesso tempo faceva un po’ paura. E infatti, non aveva avversari politici: io perlomeno non ne ricordo nessuno. Ora che è stato definitivamente condannato (“fin dagli anni Settanta fu l’ambasciatore di Cosa Nostra a Milano”) gli italiani saranno costretti probabilmente a farsi delle domande scomode. Tipo: ma come è stato possibile? La mafia nel consiglio di amministrazione della …

"Divorzio, l’eccezione italiana" Carlo Rimini *

La Camera approvò la legge sul divorzio nel 1969, durante l’autunno caldo. Non furono certo formidabili quegli anni, ma oggi sembrano incredibili. La Democrazia Cristiana accettò che venisse approvata la legge dopo un accordo che un grande giurista, Michele Giorgianni, definì «un biblico piatto di lenticchie». Gli ingredienti della ricetta parvero allora a chi ci osservava dall’estero, da Paesi da tempo abituati al divorzio, piuttosto bizzarri. Il divorzio all’italiana non si fonda sul consenso dei coniugi e neppure sull’accertamento di una colpa, ma solo sull’accertamento da parte del giudice della assoluta intollerabilità della convivenza. È quindi pronunciato come un estremo rimedio di fronte ad una situazione oggettivamente irrecuperabile. Insomma, la frase che già allora si sentiva nei film americani – «non gli concederò mai il divorzio!» – è rimasta fuori dai nostri tribunali. In Italia il divorzio non si può «concedere», perché il consenso dell’altro coniuge allo scioglimento del matrimonio è ininfluente. Neppure rilevante è la prova dell’adulterio o di qualche altra colpa commessa dall’altro. La legge invece prevede che l’impossibilità di ricostituire l’unione fra …