La prima notizia è scontata: complice anche la crisi il pezzo di carta più ambito continua a perdere appeal e così l’emorragia di laureati e di iscrizioni alle università non si ferma, solo 3 diciannovenni su 10 si immatricolano. Le altre notizie in arrivo dal pianeta atenei sono invece meno scontate: aumentano gli studenti stranieri, calano i fuori corso e si ringiovanisce l’età dei laureati, complice anche la riforma del 3+2 che ha abbassato l’età dei dottori. Che comunque alla fine trascorrono più tempo del dovuto nelle facoltà, visto che l’età media alla laurea è oggi pari a 25,5 anni per i laureati di primo livello (dovrebbero concludere gli studi a 22 anni). L’ultima fotografia delle nostre università arriva dal XVI rapporto Almalaurea presentato oggi a Torino. Un’indagine che ha coinvolto 230 mila laureati, dei 64 atenei aderenti.
Quasi tre laureati su quattro da famiglie senza “titolo”
La condizione di instabilità e precarietà per il futuro hanno influenzato inevitabilmente le scelte e i comportamenti degli studenti. E così dopo l’aumento delle immatricolazioni dal 2000 al 2003 (+19%), dovuto in gran parte all’ingresso robusto nell’università riformata di popolazione in età adulta, negli ultimi anni si è registrato un vistoso calo. Dal 2003 (anno del massimo storico di 338 mila) al 2012 (con 270 mila) il calo è stato del 20%: oggi solo 3 diciannovenni su 10 si immatricolano all’università. Dati alla mano è difficile, se non impossibile, che nel 2020 venga raggiunto l’obiettivo europeo del 40% di laureati nella popolazione tra i 30 e i 34 anni. Dal rapporto emerge comunque come sia ancora elevato il numero dei laureati che portano per la prima volta il titolo in famiglia: il 74% dei laureati primo livello; il 69% fra i laureati magistrali e il 54% fra quelli a ciclo unico. I giovani di origine sociale meno favorita, che fra i laureati del 2004 costituivano il 20%, nove anni dopo sono diventati il 26%, e risultano ancora più numerosi fra i laureati di primo livello (28%). Un segnale positivo che testimonia l’innalzarsi, per certi versi ancora troppo lento, della soglia educazionale degli italiani.
Calano i fuori corso e i laureati sono più “giovani”
Grazie alla riforma del 3+2 sono comparsi, per la prima volta, laureati sotto ai 23 anni, che oggi rappresentano ben il 18%. Un fenomeno sicuramente positivo ma che non attenua il fatto che i nostri ragazzi continuino a prendersela troppo comoda per laurearsi. L’età media alla laurea resta infatti alta: 25,5 anni per i laureati di primo livello (il corso dura 3 anni), 26,8 anni per i magistrali a ciclo unico e a 27,8 per i magistrali biennali (era di 27,8 anni nel 2004, tra i laureati pre-riforma, quando però la maggior parte dei corsi aveva durata legale di 4 anni). Su cento laureati, terminano l’università in corso 41 laureati triennali, 34 laureati a ciclo unico e 52 magistrali. Solo 13 laureati su 100 terminano gli studi fuori corso 4 anni o più (mai si era osservato un valore così basso) mentre 16 immatricolati su cento abbandonano nel corso del primo anno di università. La votazione finale rimane sostanzialmente immutata nei suoi valori medi complessivi (102,4 su 110 nel 2013) con che le donne che vanno meglio dei colleghi maschi: si laurea in corso il 45% delle donne contro il 40% degli uomini; il voto medio di laurea è pari a 103,3 su 110 per le prime e a 101,0 per i secondi. Cresce infine la presenza nelle aule delle nostre università di giovani laureati provenienti da altri Paesi: oltre 7.300 negli atenei aderenti ad Almalaurea nel 2013 contro i 2.200 nel 2005.
Il Sole 24 ore 30.05.14