Per questo, a Palazzo Chigi, Renzi e i suoi collaboratori stanno ragionando sulla road map del dopo voto. Partendo da una scommessa vinta, quella dell’Expo del 2015. In campagna elettorale il premier ci “aveva messo la faccia” nonostante le inchieste devastanti della procura. Grillo gli aveva risposto a modo suo proponendo di mandare tutto a monte. È finita col Pd al 40 per cento e il Movimento 5stelle al 21. L’esecutivo farà subito il decreto «per dare i poteri a Raffaele Cantone» permettendogli di vigilare sulla trasparenza e gli appalti di Milano. E «amplieremo le competenze dell’anticorruzione
». Subito significa tempi brevissimi. Il consiglio dei ministri di domani ancora in preparazione, forse. Al massimo, vista la complessità del testo, quello della prossima settimana.
La prima mossa sarà quella di completare la squadra dell’Autorità nazionale. Proprio in queste ore, a palazzo Chigi, si stanno valutando gli identikit dei quattro componenti che andranno ad affiancare Cantone nella sua caccia agli appalti sporchi e alla violazione della trasparenza. Massimo riserbo sui nomi che andranno nella struttura di piazza Augusto Imperatore. Per la quale, poi, lo staff legislativo della presidenza che fa capo ad Antonella Manzione sta studiando due diversi interventi, il primo per Expo, il secondo per l’attività dell’Anac in Italia. In entrambi i casi si tratta di poteri importanti, che trasformeranno Cantone e la sua struttura in un centro di controllo degli appalti in Italia, con la possibilità di imporre regole stringenti di trasparenza e di sanzione qualora esse vengano ignorate o violate.
Partiamo da Expo. La rosa dei poteri sarà ampia. Cantone potrà controllare innanzitutto i bandi di gara, una stesura e un contenuto che potrebbero già nascondere anomalie e possibili favoritismi per un’impresa. Il commissario poi potrà partecipare alle commissioni di gara, e quindi verificare dall’interno che non si verifichino anomalie nelle aggiudicazioni. Quanto agli appalti già in corso, Cantone avrà un ulteriore potere di controllo specifico che gli consentirà di capire se, nel corso dell’opera, non ci siano state maggiorazioni di spesa o varianti ingiustificate. Ovviamente, a tutte le gare, saranno applicate rigide regole di trasparenza. Tutto sul web, perché tutti possano controllare. Cantone, che lo aveva chiesto esplicitamente a Renzi, otterrà anche una specifica task force di esperti delle polizie, a partire dalla Gdf, per le verifiche. Non avrà, invece, né un potere di revoca degli appalti, né accederà alle carte dei magistrati. Quanto all’Anac, il decreto legge di Renzi rappresenterà un decisivo salto di qualità su due fronti. Il primo: la struttura anti-corruzione conquisterà i poteri sanzionatori, per cui potrà «punire» chi non rispetta le regole di trasparenza, irrogando sanzioni economiche e imponendo misure interdittive, come la sospensione dal servizio dei funzionari inadempienti. L’Anac poi, utilizzando la polizia giudiziaria, potrà anche compiere
delle ispezioni sugli amministratori pubblici per verificare se rispettano le regole imposte dalla legge anti-corruzione.
Per consolidare la luna di miele certificata dalla vittoria, Renzi sa che gli elettori chiedono segnali concreti. Per darli occorre stabilità, non nuove fibrillazioni. O peggio ancora, giri di valzer intorno alla data di un voto anticipato. Se qualcuno gli fa notare che l’Italia, terra di elezioni a getto continuo, vivrà una fase senza scadenze elettorali fino alla fine della legislatura (2018), il premier risponde al volo: «Lo so benissimo. Per me infatti il prossimo appuntamento importante sono le primarie di fine 2017. Quando il Pd sceglierà insieme il segretario e il candidato premier ». Ma l’orizzonte lungo non lo distoglie dall’obiettivo: capitalizzare la vittoria, stringere un “patto” con gli 11 milioni ed rotti di elettori conquistati da destra e da sinistra, dal prosciugamento dei montiani. Come? Trasformando gli annunci in fatti. Magari prendendosi una rivincita personale, un tratto del suo carattere, contro i soliti «gufi e rosiconi » che lo hanno preso in giro sulla tabella di marcia non rispettata, sulle iniziative ancora galleggianti nel limbo della promessa. Le riforme sono al primo posto della lista, Renzi è convinto di aver fatto il pieno di voti in bacini elettorali sconosciuti alla sinistra grazie all’accelerazione su legge elettorale e abolizione del Senato. «Prima dell’estate non è uno slogan. Per approvare davvero quelle leggi — dice ai suoi — sono pronto ad accettare modifiche. Sia sul Senato sia sull’Italicum. Ne discutiamo ma poi si vota. Anche perché sono sicuro che Berlusconi non si tirerà indietro ».
In dirittura di arrivo c’è anche il disegno di legge di riforma della pubblica amministrazione. Il ministro Marianna Madia ha portato ieri a Palazzo Chigi le 34 mila mail con le proposte arrivate da dipendenti pubblici e cittadini. Scremate, selezionate e pronte a essere studiate nel dettaglio dai tecnici. La scadenza è vicina. Il 13 giugno è la data fissata dal premier per l’approvazione nel consiglio dei ministri. Si lavora anche sul Jobs act, la revisione completa e strutturale del mercato del lavoro, da affiancare al decreto Poletti. A Via Arenula, Andrea Orlando sta scrivendo la riforma della giustizia, il tema che ha diviso il Paese per 20 anni. Il Guardasigilli è in attesa di intascare l’”assoluzione” di Strasburgo per la situazione delle nostre carceri che ci eviterà una pesante multa europea. La decisione arriverà ai primi di giugno. Dopo di che verrà completato il testo della riforma.
È un doppio fronte quello su cui si muove Renzi. L’Italia, con il consolidamento del governo e del consenso ricevuto, e l’Europa. Da Bruxelles passa non solo la ripresa ma l’aspettativa di una modifica del rapporto tra la gente e le istituzioni comunitarie. È una questione anche di nomi, di poltrone. Ma, raccontava Renzi tornato ieri mattina a Roma, è anche un problema di volontà. «Mi sono presentato alla riunione dei capi di governo come il presidente del Consiglio del Paese con la maggiore affluenza al voto e come il segretario del partito che ha ottenuto più voti in termini assoluti ». Una prova di forza autorizzata dai numeri. Il gioco delle caselle non è secondario, certamente. Renzi ha in mente qualche nome e soprattutto qualche traguardo, ossia i commissari più pesanti. «Ma conta ancora di più — spiega il premier ai suoi fedelissimi — l’impianto della Commissione perché ci sono già dei soldi da spendere che noi dobbiamo usare meglio». La sua idea di Europa si capirà fino in fondo il 2 luglio. «È il giorno in cui presenteremo all’Europarlamento le linee guida del nostro semestre di presidenza europeo. Sarà più chiaro quali sono i nostri obiettivi ».
La Repubblica 29.05.14