Claudio Scajola quando ricopriva la carica di ministro dell’Interno sapeva il rischio che il giuslavorista Marco Biagi stava correndo. Sapeva che il professore di Bologna, assassinato il 19 marzo del 2002 da un commando delle Nuove Brigate Rosse, era sotto minaccia ma nonostante questo non gli ri-assegnò la scorta . Sapeva perché era stato informato. Sapeva, ma non fece nulla. Anzi, pubblicamente, anche a distanza di tempo, sostenne sempre di non sapere, di non conoscere, di ignorare. D’altronde una costante di tutta la sua attività politica. Da ieri, anche questa ricostruzione sembra lasciare spazio a un’altra verità. Tanto che la procura di Bologna ha riaperto l’inchiesta archiviata sui comportamenti omissivi di funzionari di Stato nella revoca della scorta a Biagi con l’ipotesi di reato di omicidio per omissione.
L’inchiesta è ripartita dopo che dall’archivio del ministro, in cella con l’ipotesi di accusa di aver aiutato la latitanza di Amedeo Matacena, sono spuntati nuovi documenti. Carte conservate dall’ex segretario di Scajola, Luciano Zocchi. «Ho sempre detto la verità e non da oggi. Ho conservato i documenti a mia tutela e li ho messi a disposizione appena mi sono stati chiesti. Auspico che possano concorrere al pieno accertamento della verità» ha detto ieri. Le carte «le ho tenute per dimostrare la perfetta buona fede del mio operato». In particolare ci sarebbe una lettera di un politico vicino al giuslavorista che fu spedita a Scajola in cui si spiega- va la serietà del pericolo per Biagi, po- chi giorni prima che venisse ucciso. Sul- la lettera ci sarebbe il «visto» dell’ex ministro. «Non sono mai stato sentito» da chi al Viminale fece la relazione sulla scorta a Marco Biagi e invece «avrei potuto parlare di queste cose» ha detto Zocchi che conferma quanto disse ai pm un anno fa dopo il ritrovamento a casa sua di documenti su Biagi. Tra l’altro, l’allora segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone fu messo al corrente della vicenda della mancata scorta a Marco Biagi: «Gli parlai come ad un padre spirituale in modo molto sommario non andai nei dettagli e lui mi disse di agire secondo coscienza».
Le indagini sulla revoca della scorta al giuslavorista sono state riaperte dal pm Antonello Gustapane, lo stesso magistrato che nel 2003 aveva chiesto l’archiviazione dall’accusa di cooperazione colposa in omicidio per gli accusati: l’allora direttore dell’Ucigos, Carlo De Stefano, il suo vice Stefano Berrettoni, il questore Romano Argenio e il prefetto Sergio Iovino. Le Br – fu la conclusione del gip che archiviò l’inchiesta, Gabriella Castore – scelsero di colpire il professor Biagi anche perché gli fu tolta la protezione, per una serie di errori sia a livello centrale che periferico, che però non avevano rilievo penale.
Per questa nuova indagine la Procura avrebbe sentito in merito ai documenti in mano agli inquirenti lo stesso Zocchi e anche la moglie dell’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, all’epoca vicino a Biagi. Nei giorni scorsi è stato sentito un altro testimone, nel massimo riserbo.
In attesa, Scajola ieri ha anche dovuto incassare la rinuncia alla difesa da parte del senatore D’Ascola (del Nuovo Centro Destra) investito dal presunto conflitto di interessi in cui si troverebbe essendo relatore del ddl sui reati dei pubblici ufficiali contro la P.A., autoriciclaggio, voto di scambio e false comunicazioni sociali.
da L’Unità 22.05.14