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"La fattoria si tinge di rosa", di Maria Cristina Ceresa

Quando l’azienda è guidata dalle donne aumentano i ricavi. La forza dell’agricoltura italiana sta anche nella discreta fetta di quote rosa che le dà vita, tanto che si valuta che un imprenditore agricolo su tre sia donna. Ma il dato più interessante è che quando l’impresa è guidata dal gentil sesso, i ricavi sono più alti: in media 28.500 euro contro 24.800 euro. Il che cuberebbe una cifra pari ai 9 miliardi di euro l’anno. È quanto dimostra il Rapporto Censis presentato in questi giorni da Cia (Confederazione Italiana Agricoltori).
Lavorando la terra le donne non hanno niente da invidiare: sono un piccolo esercito positivamente agguerrito di circa 228mila imprese (Elaborazione Coldiretti su dati Unioncamere). Con un vigore che risulta essere più “resistente”: secondo elaborazioni Istat, infatti, nell’ultimo decennio le aziende a conduzione femminile sono diminuite meno di quelle a conduzione maschile (-29,6% contro -38,6%).
«Vero è – riflette Serena Giudici, coordinatrice nazionale di Donne in Campo, associazione di imprenditrici agricole in seno a Cia – che le donne, soprattutto in Italia, hanno contribuito ad aprire l’agricoltura a preziosissime novità quali l’agriturismo, le fattorie didattiche, le fattorie sociali, la trasformazione dei prodotti e si sono distinte per una particolare attenzione e cura nei confronti dell’ambiente e di una sana alimentazione». Insomma, l’agricoltura rosa è molto “verde”. E qui starebbe anche il perché della loro resilienza: negli ultimi 10 anni secondo dati Istat messi in evidenza da Federbio il settore bio ha perso solo l’1,2%, contro un meno -24,7% del totale aziende.
Insomma, le donne in agricoltura crescono e fanno spesso del bio il loro distintivo con una «crescente attenzione al benessere – sottolineano in Coldiretti – e al recupero di antiche varietà, ma anche di stili tipici della Green economy».
Le imprenditrici scendono ai mercati a vendere, o lo fanno on line, e trovano di fronte a loro altre donne (il 65% degli acquirenti è donna – stima la Coldiretti Lombardia) che mostrano la stessa sensibilità al tema del buon cibo.
Geograficamente parlando, dove siano in azione le imprese agricole rosa non fa differenza. Anzi per le donne del Mezzogiorno gli equilibri si intensificano: qui il numero di donne a capo di un’impresa agricola arriva al 34,7% del totale (è 31,2% la media).
Nelle aziende bio – sono ancora tendenze rilevate da Federbio guidata dal presidente Paolo Carnemolla – il capo azienda è mediamente più istruito. E questo pare essere un po’ più vero se a capo dell’azienda bio c’è una donna. In tal caso, è anche più probabile che abbia una laurea.
“Le donne nel settore agricolo offrono servizi innovativi, – racconta Federica Ortalli presidente del Comitato imprenditoria femminile della Camera di commercio di Milano – e utilizzano social media o Internet creando un ponte che unisce mondi diversi. Quindi, dalla partecipazione femminile al mondo agricolo abbiamo anche una nuova ottica che può far emergere spunti originali e creativi, per una nuova connotazione del “made in Italy”.
La strada è quella della sostenibilità economica, ma anche ambientale: «L’impegno nel biologico e l’attenzione alla salvaguardia e alla fertilità dei suoli, descrivono con chiarezza la cura delle donne nei confronti dei sistemi naturali – si sente di aggiungere la Giudici -. Io credo che in questo momento il più grande desiderio delle nostre imprenditrici sarebbe quello di prendersi cura della terra e dell’acqua, sofferenti da troppi anni di incurie e comportamenti illegali che ne minano gli equilibri».

Il Sole 24 Ore 21.05.14