Esiste un apparato specializzato e deviato, formato da agenti della Repubblica italiana, che fornisce notizie, dossier o documenti coperti da segreto? E se sì, che ruolo ha avuto nell’affaire Matacena-Scajola? È quanto si domandano gli inquirenti che ieri hanno messo agli arresti 18 persone. Alcune sono ritenute legate al clan dei Casalesi, coinvolte in un’inchiesta della Dda di Napoli su infiltrazioni della camorra in Toscana. Fra questi due sarebbero poliziotti in servizio alla Presidenza del Consiglio e al- la Camera dei Deputati.
I due agenti della Polizia di Stato sono accusati di avere rivelato informazioni coperte da segreto istruttorio e per questo gli agenti della Squadra Mobile di Caserta hanno notificato gli arresti domiciliari. I due presta- no servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (Ufficio tecnico logistico gestionale) e alla Camera dei Deputati (Ispettorato Generale di PS). Si tratta, rispettivamente, di Franco Caputo, napoletano di 56 anni, e di Cosimo Campagna, 57 anni, originario di San Pancrazio Salentino (Brindisi).
Che cosa c’entra tutto questo con il caso Scajola?
Le indagini sulla violazione del segreto istruttorio e sulle attività dei due agenti di Polizia secondo indiscrezioni, potrebbero incrociarsi con la vicenda degli appalti dell’ Expo che vede coinvolto l’ex ministro Scajola. Anche in quel caso, in- fatti, è emersa l’ipotesi dell’esistenza di una talpa che avrebbe fornito in- formazioni riservate all’ex ministro. Secondo i magistrati della Procura di Reggio Calabria, Scajola, arrestato giovedì scorso, era parte di un complesso sistema criminale, «desti- nato inoltre ad acquisire e gestire in- formazioni riservate, fornite da numerosi soggetti in corso di individuazione collegati anche ad apparati istituzionali e canalizzate a favore degli altri componenti della ramificata organizzazione». E proprio qui si inserisce l’ipotesi investigativa degli inquirenti partenopei che stanno verificando se tra i «soggetti in corso di individuazione», di cui parla la procura calabrese, possano figurare anche i due agenti, da ieri accusati di favoreggiamento e rivelazione di segreto ad alcune persone ritenute legate al clan dei Casalesi. Al momento si tratta di un’ipotesi tutta da verificare ma sulla quale è concentrata l’attenzione degli investigatori. «Allo stato dell’inchiesta non sono emersi riferimenti all’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola e all’ex parlamentare Amedeo Matacena» ha precisato il procuratore della Repubblica di Napoli Giovanni Colangelo lasciando però aperta ogni possibilità.
Gli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia sarebbero, dunque, intenzionati ad approfondire le indagini riguardanti la rivelazione di informazioni ricoperte da segreto istruttorio. La volontà dei pm della Dda di Napoli di approfondire questo aspetto, nell’ipotesi che vi possa essere un vero e proprio apparato deviato dello Stato «specializzato» nel fornire notizie coperte da segreto, è legata ad alcune circostanze emerse nelle indagini sul clan dei Casalesi e che riguardano Ciro Manna, un carrozziere del Casertano arrestato ieri e ritenuto in contatto con i capizona della cosca. Manna è colui che poi, materialmente, avrebbe bonificato nella sua officina le auto di presunti affiliati al clan dalle spie installate dalla forze dell’ordine, dopo avere avuto la «soffiata» da Caputo. Il carrozziere, secondo quanto si apprende da fonti investigative, nel dicembre del 2012 avrebbe chiesto a Caputo di metterlo in contatto con personalità politico istituzionali per risolvere dei problemi personali (pendenze con il fisco), sollecitando il poliziotto a metterlo in contatto con un deputato del Pdl.
Nel corso delle perquisizioni gli agenti della Squadra Mobile di Caserta hanno trovato 60mila euro in contanti a casa di Franco Caputo. Sequstrati anche documenti ritenuti utili alle indagini e computer. Trovati an- che numerosi tesserini con il logo del- la Federazione Italiana Gioco Calcio. A lui, secondo gli investigatori, avrebbe fatto riferimento anche un funzionario della Lega Nazionale Dilettanti della Figc Calcio per chiedere informazioni su un calciatore extracomunitario.
Caputo, sempre secondo gli investigatori, avrebbe anche fornito informazioni riservate riguardo il giro di false fideiussioni da 230 milioni di euro su cui ha indagato la Procura di Pescara. Altre notizie coperte da se- greto, il poliziotto le avrebbe fornite a Francesco D’Andrea, fratello di un affiliato alla ‘ndrangheta già condannato per associazione mafiosa e traffico di cocaina.
L’Unità 17.05.14