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"Lezioni", di Maria Novella De Luca

E allora, come bisogna parlarne? Quali sono le parole per spiegare e raccontare l’omosessualità, l’amore gay, ma anche l’omofobia? C’è un limite, forse, da non varcare se di questo si ragiona con degli adolescenti? Quali strumenti “pedagogici” servono per affrontare la verità che esistono più modi di amare, e dunque chi desidera una persona dello stesso sesso è esattamente come gli altri? La questione, dopo mesi di silenzio, dopo il caso degli opuscoli dell’Unar contro il bullismo omofobico, prima commissionati e poi sepolti nel silenzio sia dal governo Letta che dal governo Renzi, è riesplosa. Acuita dalla cronaca di queste ultime ore, la polemica sulle pagine considerate troppo hard del libro di Melania Mazzucco “Sei come sei”, storia di una famiglia composta da due padri e una figlia, dove in un passaggio si descrive con nettezza una fellatio tra due ragazzi, uno gay, l’altro no, e il giovane gay finisce massacrato di botte in una imboscata.
Giusto, ci si chiede, far leggere queste pagine a dei quindicenni, o il rischio di turbamento è troppo grande? I ragazzi affermano di non sentirsi affatto infastiditi, alcuni genitori sono invece sul piede di guerra, i prof difendono la loro scelta, ma la polemica travalica l’ambito scolastico e diventa tutta politica. Mostrando quanto il panorama dei “diritti civili” tema forse troppo scomodo da sollevare in campagna elettorale, sia finito in un angolo del dibattito. Mentre si fanno ogni giorno più decisi gli attacchi del mondo pro-life, ben deciso ad ostacolare in ogni modo che nelle scuole si affronti il tema dell’omosessualità, ma ancor di più della “omogenitorialità”. Cioè che da una coppia gay possano nascere dei bambini. Eppure questi figli di una sola metà del cielo sono una presenza reale nelle scuole italiane. Basta però mettere in ordine i fatti delle ultime settimane per capire quanto la questione si sia arenata. La polemica, violenta, sul libro di Melania Mazzucco messo all’indice al liceo “Giulio Cesare” di Roma. Il lentissimo cammino della legge contro l’omofobia al Senato. Gli attacchi agli insegnanti che hanno inaugurato le “lezioni di genere” contro gli stereotipi maschili e femminili, e la mai attuata “strategia” nazionale anti discriminazioni sessuali decisa dal ministro Fornero nel 2013.
Quanto fa paura parlare di omosessualità, diversità, sessualità, bullismo antigay? Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Presidi, una vita passata tra i ragazzi, afferma che è giusto parlare di tutto. «Non ci devono essere steccati, il mondo adulto sottovaluta
quanta informazione erotica abbiano oggi dei quindicenni, abituati a navigare su siti di pornografia esplicita. E dunque sono convinto che non si siano sentiti affatto turbati dalle descrizioni del libro della Mazzucco». Vista però la delicatezza del tema, e il rischio di strumentalizzazioni, «che infatti c’è stato», dice Rusconi, «sarebbe stato meglio che di questo progetto i prof ne discutessero con i genitori».
Mentre la scuola naviga a vista, la lista luttuosa dei giovani che si tolgono la vita per la troppa derisione si allunga di stagione in stagione… «E invece — spiega Ivan Scalfarotto, sottosegretario alle Riforme e gay dichiarato — c’è sempre di più un approccio da guerra ideologica, lo dimostra il caso degli opuscoli dell’Unar censurati, o la contestazione al libro di Melania Mazzucco, sotto attacco non tanto perché conteneva dei passaggi di sessualità esplicita, ma perché parlava di una famiglia composta da due padri». Il governo però, aggiunge Scalfarotto, «non potrà sottrarsi a questi temi, del resto Renzi l’ha promesso in campagna elettorale, introdurremo le unioni civili sul modello tedesco, e l’adozione del figlio del coniuge nelle coppie omosessuali». In realtà al centro della campagna dei movimenti pro-life, c’è la battaglia contro la legge sull’omofobia in discussione al Senato e i progetti sul “gender” da attuare nelle scuole. Conferma il presidente dei “Giuristi per la vita” Gianfranco Amato: «Questa è una legge sbagliata, voluta da una lobby. Noi chiediamo che vengano puniti tutti i tipi di bullismo, non solo quello contro i gay».
Il tema imbarazza la politica. A cominciare dal “giallo” degli opuscoli commissionati dall’Unar, cioè l’ufficio antidiscriminazioni del ministero delle Pari Opportunità, all’istituto “Beck”, specializzato in terapia cognitivo-comportamentale, e diretto dalla psicoterapeuta Antonella Montano, autrice di diversi e accurati saggi sull’omosessualità. Le pubblicazioni, destinate ai docenti delle scuole primarie e secondarie, vengono decisi nell’ambito della “strategia nazionale Lgbt” decisa con un decreto del ministro Fornero. Si tratta di un grosso progetto, dotato di congrui finanziamenti, volto a combattere le discriminazione sessuali e in particolare il bullismo omofobico. Nel febbraio scorso i tre opuscoli “Educare alla diversità a scuola” sono pronti per essere distribuiti ai docenti, perché inizino a valutarli. Qualche mese prima, nel luglio del 2013, Ermenegilda Siniscalchi, il capo dipartimento del ministero per le Pari Opportunità, diretto dal viceministro Cecilia Guerra, invia alla dottoressa Montano una lettera di encomio per il lavoro fatto. Si tratta, scrive Siniscalchi, «di un prodotto di cui ho potuto apprezzare l’approccio metodologico, la cura, la completezza e la chiarezza di esposizione che fanno di questa pubblicazione un eccellente supporto didattico ».
E infatti basta leggere con attenzione questi famosi opuscoli per rendersi conto della loro correttezza. Una guida a riconoscere l’omofobia, a confutare teorie antiscientifiche tipo «l’omosessualità è una malattia », a comprendere il disagio degli adolescenti gay, un passo in avanti nella spiegazione di cosa sono le famiglie omogenitoriali. Ma il percorso degli opuscoli si inceppa. Alcuni gruppi cattolici e la Cei ne denunciano presunti attacchi alla “famiglia naturale”. Scoppia la polemica, ma forse nessuno li ha letti davvero. Inizia il fuggi fuggi dei ministri competenti: la Guerra afferma di non saperne nulla, l’attuale ministro Giannini li bolla come «lontani dal modello italiano». Gli opuscoli, prima commissionati ed elogiati poi censurati, finiscono nel dimenticatoio. Migliaia di euro pubblici buttati via. Eppure bastava scorrerli con attenzione e senza pregiudizi ideologici, per capire che questi manuali sarebbero stati una guida preziosa per gli insegnanti. Utili ad evitare forse nuove tragedie di ragazzi incompresi.

La Repubblica 30.04.14

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“Combattere l’omofobia a scuola con le parole”, di Delia Vaccarello

«SE VUOI UN AMICO ADDOMESTICAMI», DCE LA VOLPE AL PICCOLO PRINCIPE. E L’AMICO DIVENTERÀ PER TE UNICO AL MONDO, QUALSIASI SIA IL SUO VOLTO, IL SUO COLO- RE DELLA PELLE, il suo modo di amare, il suo orientamento sessuale, aggiungiamo noi. «Io sto bene nel mio corpo, e non potrei averne un altro. Nessuno può volere da me che io sia diverso. Se offendono un ragazzo o una ragazza di- versi da me, neri, lesbiche, gay, immigrati, pieni di piercing, io mi sento male, mi sembra di ricevere un colpo allo stomaco. Cerco di farli smettere». In uno degli incontri finali del laboratorio che anche quest’anno ho tenuto nelle scuole superiori di Venezia sul tema «Forme di amore» uno studente ha pronunciato a voce alta le parole che avete letto.

Le abbiamo considerate una pietra miliare, il segnale che il lavoro contro le discriminazioni con attenzione al tema caldo dell’omofobia aveva prodotto i suoi frutti, tenendo conto che molto spesso nelle classi i «gay» sono considerati sempre «gli altri», equiparati ai «cannibali dell’isola vicina» per usare l’espressione del preside di uno degli istituti in cui lavoriamo in progetti realizzati nell’ambito dell’assessorato Politiche giovanili e pace.

Dal 2005, dalla pubblicazione del mio libro L’amore secondo noi (Mondadori), una raccolta di storie di adolescenti alle prese con la scoperta di sè, svolgo insieme ad altri operatori progetti nelle scuole ispirati all’educazione sentimentale intesa come educazione alla cittadinanza. Il nostro metodo prevede alcuni passaggi: sensibilizzare i ragazzi sull’affettività, sottoporre alla loro attenzione esperienze che vengono spesso passate sotto silenzio perché avvolte dal pregiudizio e ascoltarli. Vale a dire riuscire a dare loro davvero la sensazione di essere ascoltati. Iniziamo da un film – abbiamo scelto Billy Elliot o L’attimo fuggente o Le migliori cose del mondo – oppure da un libro. Quest’anno ho letto loro brani del piccolo principe. «Non si conoscono che le cose che si addomesticano – disse la volpe -. Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici, se tu vuoi un amico addomesticami». «Belloooooo» hanno detto i ragazzi, da qui tanti discorsi sul prendersi cura e scoprire l’altro, sul valore assoluto di un’amicizia che scioglie ogni pregiudizio, sul perché si diventa violenti oppure ci si chiude come tombe se qualcuno ti dice «sfigato».

La cornice era ampia, non a caso. Chi conduce il laboratorio deve avere l’intuito e l’esperienza giusti per favorire nei ragazzi lo schiudersi di un discorso personale che è sempre una sorpresa. La cornice ampia dà la possibilità a ciascuno di individuare il tema che più sta a cuore, l’attenzione dell’operatore indica il solco lungo il quale trovare l’espressione e fornisce alla ragazza e al ragazzo il riconoscimento necessario. Se questi tre elementi vanno a segno, le parole sgorgano con semplicità. Non è ciò che io dico in classe che arriva come un tesoro ai ragazzi, ma è ciò che ogni ragazzo riesce a dire di se stesso a voce alta a diventare una conquista inestimabile.

Favorire l’espressione personale è la via maestra per fare buoni progetti contro le discriminazioni. Il passaggio è fondamentale: se vengono visti e riconosciuti imparano cosa vuol dire rispetto. E qui l’educazione sentimentale diventa educazione alla libertà. Occhio: come non ci sono amicizie «già fatte» dai mercanti, così non ci sono temi che vengono affrontati senza forzature se calati dall’alto. In queste ore, che è esplosa la polemica sull’utilizzo al liceo Giulio Cesare di Roma del libro Sei come sei di Melania Mazzucco che parla di una ragazza figlia di due padri, sento l’importanza di sottolineare la validità del metodo fin qui descritto.

Occorre seguire questo percorso (imboccato in molti degli esempi riportati sul sito del Miur www.noisiamopari.it) affinché qualunque film o libro – e quelli di Melania Mazzucco sono tutti opere d’arte – non si presti a operazioni che mancano l’obiettivo porgendo il fianco a critiche distruttive. Non deve arrivare come obbligatorio parlare di differenze e può essere fuorviante soffermarsi sulle pratiche sessuali. Il rischio è di favorire rigidi schieramenti senza aiutare i ragazzi a trovare fertili chiavi di lettura. È vitale che al tema i ragazzi approdino grazie a un lavoro che valorizzi la particolarità di ciascuno e che li metta in grado di nominare la propria differenza e riconoscere quella altrui. Ciò avviene proprio perché «non si conoscono che le cose che si addomesticano» e per far questo «bisogna essere molto pazienti».

L’Unità 30.04.14