Giorno: 27 Aprile 2014

"Cefalonia, l’ultima verità", di Corrado Stajano

Più di settant’anni dopo pare di sentire ancora l’odore del sangue nel leggere il libro di Hermann Frank Meyer, Il massacro di Cefalonia (Gaspari). Si rimane sopraffatti da una nera cappa di violenza e di morte tra le pagine dolorose e angoscianti di questo saggio minuziosamente documentato che raccontando nudi fatti è un terribile grido contro la guerra e la sua follia. Nella bella isola del mar Ionio, tra gli ulivi e i mandorli, le odorose ginestre, i fichidindia, i campi coi muretti a secco, le piazzette dei paesi che rammentano il nostro Sud, i vecchi seduti sulle panchine della villa, il giardino pubblico, si è consumata nel settembre 1943 una strage che ha disonorato per sempre l’esercito di Hitler: «Uno tra i più terribili crimini commessi dalla Wehrmacht nel corso del secondo conflitto mondiale», scrive Meyer. A Cefalonia si avverte la contraddizione tra la natura innocente e morbida, ma che inganna i suoi figli, e la furia dell’uomo, l’odio, la vendetta. L’isola è antica di bellezza, di storia, di cultura, di poesia, non lontana …

"La riforma taglia teatri", di Francesca De Sanctis

Certo, fa uno strano effetto leggere – scritte nero su bianco – formule algebriche, medie aritmetiche, frasi che parlano di insiemi e sotto-insiemi mentre si sta sfogliando il Decreto ministeriale intitolato «Nuovi criteri e modalità per l’erogazione, l’anticipazione e la liquidazione dei contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163». Parliamo della tanto atte- sa riforma sul teatro prevista dal Decreto Legge «Valore Cultura» che il ministro per i Beni e le Attività Culturali Dario Franceschini si accinge a varare. Il testo è stato inviato la scorsa settimana alla Conferenza Unificata (composta da Regione, Provincia e Comune) che dovrà dare il suo parere, necessario ma non vincolante, entro sessanta giorni. I numeri fanno una certa impressione, ma diventano drammatici dopo aver fatto due conti, quando cioè ci si accorge che resta fuori circa la metà delle compagnie e dei teatri finora finanziati. Alcuni elementi di novità ci sono e riguardano, per esempio, la nascita dei Teatri nazionali (ma quanti e quali …

"Le famiglie sono precarie ma vedono uno spiraglio", di Giuseppe Caruso

Le Famiglie italiane sono sempre più povere e sfiduciate. È un quadro negativo quello che emerge da due inchieste, condotte rispettivamente da Confcommercio-Censis nel primo caso e da Coldiretti nel secondo. Due inchieste che hanno avuto come oggetto proprio la fiducia delle famiglie del Belpaese e le loro crescenti difficoltà economiche nei consumi, in modo particolare quelli alimentari. CRISI Nell’indagine condotta da Confcommercio-Censis emerge con forza come il protrarsi della crisi, la mancanza di lavoro, il peso delle tasse continuino ad alimentare lo stato di forte difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane, che rispetto alla propria situazione economica e capacità di spesa avvertono in quasi l’80% dei casi una sensazione di precarietà e instabilità. Solo un quinto delle famiglie ritiene invece di essere in una condizione di solidità. L’incertezza è il sentimento prevalente, con una quota di quasi il 40% dei nuclei familiari che vive adottando un comportamento di attendismo, in attesa dell’evolversi degli eventi. L’inchiesta sottolinea come, nonostante tutto, ci sia comunque attesa nei confronti del nuovo esecutivo guidato da Matteo Renzi: …

"Riappropriamoci dei saperi", di Gabriele Pedullà

Se la crisi delle humanities è un prisma dalle molte facce, un ruolo speciale nel dibattito spetta naturalmente a chi nella scuola e nell’università insegna: se non altro perché il contatto costante con i ventenni assicura una qualche capacità di previsione sul mondo che verrà. Ma parlare da professore impone oggi soprattutto una doverosa autocritica. I nemici delle humanities vincono perché coloro che dovrebbero difenderle sembrano avere smarrito le proprie ragioni. E, invece di interrogarsi sul perché oggi esse rimangono così indispensabili (e spiegarlo agli altri), preferiscono profondersi in un elogio del tempo che fu o in una infruttuosa polemica contro il predominio delle scienze esatte. Appelli e gridi di dolore come quello lanciato da Alberto Asor Rosa, Roberto Esposito ed Ernesto Galli Della Loggia colpiscono il bersaglio sbagliato. È l’effetto di una ostilità all’educazione scientifica radicato nella tradizione italiana, da Croce e Gentile in giù. Ma il nemico mortale delle discipline umanistiche non sono la fisica o la matematica, e nemmeno la biologia o l’ingegneria, quanto gli pseudosaperi della “comunicazione”, che hanno progressivamente spostato …

«Pompei bene mondiale», di Luca Del Fra

Pompei: eppur si muove? Nominato soprintendente a gennaio, insediatosi solo a marzo a seguito di varie polemiche, Massimo Osanna non è un dirigente del Ministero per i beni e le attività culturali ma un professore associato di archeologia dell’Università della Basilicata. Alla sua competenza e alla sua energia è affidata la più rognosa grana della storia del patrimonio culturale, lo straordinario sito archeologico vesuviano, da anni al centro di un malefico intreccio: incuria, interessi economici più o meno trasparenti, incompetenze e ritardi della politica, lentezze burocratiche. Lanciato tre anni fa, il Grande progetto Pompei doveva affiancare la soprintendenza per utilizzare 105 milioni di euro di fondi europei, finora ha stentato a partire; nel frattempo gli interessi si sono fatti più aggressivi: anche a causa della crisi economica Pompei con i suoi finanziamenti fa gola. Perché sulle falde del Vesuvio si gioca una partita pesante, da cui dipende la credibilità del sistema pubblico della tutela. Professore Osanna, vi siete resi conto che siamo ai tempi supplementari? «Ne sento personalmente la responsabilità, Pompei è divenuta lo specchio …

"Pagliacciata populista per un pugno di voti", di Gad Lerner

Quando Berlusconi gigioneggia sui tedeschi sostenendo che «secondo loro i campi di concentramento non sono mai esistiti», va ben al di là di un’esibizione di ignoranza: il falso storico diviene arma impropria di propaganda, grottesca pulsione demolitrice di un’architettura europea già pericolante. Pur di colpire un avversario politico, il socialista Martin Schulz, che solo l’altro ieri a Genova aveva voluto visitare Villa Migone, il luogo in cui 69 anni fa il generale tedesco Gunther Meinhold sottoscrisse davanti ai partigiani il suo atto di resa incondizionata, Berlusconi non esita a provocare un incidente diplomatico. Lo fa da sprovveduto, con quella sua intonazione canzonatoria che ancora una volta lo rimpicciolisce al cospetto della tragedia storica con cui vorrebbe misurarsi. Come il 27 gennaio 2013 quando, subito prima di assopirsi in prima fila al Memoriale milanese della Shoah, aveva definito Mussolini «un leader che per tanti versi aveva fatto bene». Il suo fare maldestro rischia di indurci a sottovalutarne la pericolosità. Biascica a vanvera di «fosse di Putin, no scusate, di Katyn», per sostenere che i tedeschi ricordano …