Berlusconi torna da Vespa e per dimostrare che è sempre quello di prima — il patteggiatore più inaffidabile che si sia mai visto — fa saltare subito il patto del Nazareno: la riforma del Senato «così non è votabile», annuncia, e l’Italicum «forse è incostituzionale».
Non è cambiato nulla, insomma. Altro che padre della Patria. Alla vigilia delle europee il leader di Forza Italia — nel suo nuovo status di condannato con agibilità politica — rovescia il tavolo delle riforme, sostiene che «le regole della democrazia sono state obliterate », come se la Costituzione fosse un biglietto del tram, e attacca frontalmente l’uomo del gran rifiuto, il presidente che non gli ha voluto concedere la grazia: Giorgio Napolitano. L’accusa, durissima, è quella di aver tramato contro di lui. Non è nuova, ma stavolta è presentata con l’annuncio inedito di prove clamorose. Il presidente della Repubblica — sostiene Berlusconi tornando dopo 14 mesi di astinenza nello studio amico di “Porta a porta” — nel 2010 tentò di far cadere il mio governo, spingendo il mio principale alleato al tradimento, ovvero alla mozione di sfiducia. «Fini — dice — ha fatto ciò che ha fatto perché convinto dal capo dello Stato che avrebbe formato lui il nuovo governo ». E siccome Vespa si mostra incredulo, aggiunge secco: «Ho dodici testimoni che hanno sentito la voce al telefono del capo dello Stato, messa in diretta da Fini per convincerli che aveva le spalle coperte per la sua operazione politica». Un colpo di teatro niente male, che arriva verso la fine della trasmissione, quando Vespa è stato costretto ad allungare di mezz’ora il tempo dell’intervista per recuperare il tempo impiegato dal suo ospite preferito a raccontare aneddoti riciclati e sogni improbabili di futura grandezza. In fondo non è cambiato nulla neanche per Vespa, che ha accolto il condannato Silvio Berlusconi con un cordiale «bentornato» e lo ha definito diplomaticamente «un cittadino con dei doveri diversi da quelli di prima», circostanza che gli ha impedito di tirar fuori la lavagna, la scrivania di ciliegio e il plastico di Montecitorio ma non di annunciarne al pubblico, nel promo, il ritorno in tv «alla fine del Medico in famiglia».
Certo, ignorare la circostanza non proprio usuale di intervistare un condannato non era pensabile, ma il conduttore lo fa nel modo più indolore, mostrando la casa di riposo dove Berlusconi dovrà scontare la cosiddetta pena, con intervista rassicurante al direttore dell’istituto («Cosa gli farete fare?». «Abbiamo deciso di escludere le attività infermieristiche e di igiene»), subito elogiato dall’interessato: «E’ una persona di buonsenso, moderata, cordiale…». Quanto a ciò che lo aspetta, l’ex cavaliere liquida la questione come un po’ di tempo in più per il suo hobby preferito, il giardinaggio. «Ho già visto le fotografie dei giardini, molto grandi. Lì ci sarà molto da fare per uno che ama la natura come me. Forse questa cosa farà sorridere, ma potrei fare dei lavori in giardino». Solo giardinaggio? No. «Potrò dialogare con gli anziani di politica, cultura e storia. Ma sono pronto a fare anche cose più umili».
Farà pure il giardiniere, intratterrà i vecchietti e magari spingerà qualche carrozzella, ma questa faccenda della condanna non va proprio giù, a uno come lui che punta ai libri di storia, ed è rivelatrice la sua reazione al direttore dell’ Unità Luca Landò che gli domanda («Mi perdoni, anzi mi consenta…») perché il presidente
della Repubblica tedesco, Horst Koehler, nel 2010 si è dimesso quando si è venuto a sapere che qualcuno gli aveva pagato le vacanze (affrontando poi da semplice cittadino un processo dal quale è uscito pienamente prosciolto) mentre lui è rimasto incollato alla poltrona quando è stato accusato di una così enorme frode fiscale. «Intanto — risponde piccato — non si può paragonare Silvio Berlusconi a quel signore tedesco…».
Con i tedeschi, poi, e con una certa frau Merkel, lui ha un conto aperto. E infatti, dopo aver detto che Renzi è «un grandissimo comunicatore ed è indubitabilmente simpatico, anche se da simpatico rottamatore sta diventando un simpatico tassatore», dopo aver elogiato Gheddafi e persino Travaglio, «forse il giornalista più intelligente che io abbia incontrato», dopo aver rivelato che alle europee lui pronto alle elezioni anche nazionali – punta a superare il 25 per cento, dopo aver battuto più che poteva su casa, Iva ed Equitalia, si ferma a raccontare la storia di quella volta che la cancelliera «per combattere il buco nell’ozono voleva obbligare tutte le case automobilistiche a mettere un motore elettrico nel 10 per cento delle loro auto, erano tutti d’accordo e si deve solo a me se abbiamo evitato questa regola assurda presentata col pretesto del buco nell’ozono». «Ma guardi — obietta il solito Landò — che le emissioni delle auto riguardano l’effetto serra, il buco nell’ozono non c’entra nulla». Lui però non si scompone. Sorride, allarga le braccia e poi risponde: «Siamo nello stesso contesto…». Sempre a spaccare il capello in quattro, questi comunisti.
La Repubblica 25.04.14