Le nuove norme per contrastare il voto di scambio politico-mafioso sono entrate in vigore proprio in concomitanza con la presentazione delle liste per le prossime elezioni europee, regionali (Abruzzo e Piemonte) e amministrative (migliaia di comuni). Grazie ad una iniziativa dei parlamentari Pd alla Camera, infatti, era stato approvato un emendamento che stabiliva l’entrata in vigore della legge contestualmente alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, senza attendere i quindici giorni di vacatio legis previsti. Già questa decisione rappresenta un segno inequivocabile della volontà di non perdere un giorno per combattere efficacemente quella vera e propria piaga rappresentata dalla contiguità e dalla complicità tra politica e affari, e in particolare tra politica e organizzazioni criminali mafiose.
Ho ancora sotto gli occhi quelle scene dell’aula del Senato, quelle scene dei senatori di Grillo, quando la legge ha avuto l’approvazione definitiva. Così come ho ancora vive nella memoria le cose dette alla Camera dagli stessi 5 Stelle lo scorso 3 aprile, quando l’assemblea approvò di nuovo la legge con le modifiche chieste dalla parte più attenta e sensibile delle forze (non solo magistratura) impegnate nel contrasto alla criminalità mafiosa.
Sono state scene e cose che in molti non avremmo voluto vedere.
Meno di un anno fa, alla Camera, quegli stessi parlamentari che nei giorni scorsi ci hanno insultato, avevano approvato in prima lettura la riforma del 416 ter insieme a tutti i deputati. Il tabellone – lo ricordo ancora con emozione – era completamente verde. E quella norma era quasi identica a quella che poi è stata la stesura definitiva. Quei parlamentari 5 Stelle si alzarono in piedi insieme con tutti noi, per salutare con emozione quel primo, significativo passo che andava nella direzione chiesta e sottoscritta da tanti di noi “braccialetti bianchi” e soprattutto attesa da vent’anni per combattere davvero lo scambio tra mafie e politica.
La norma entrata in vigore contiene innanzitutto, come ormai noto, la grande novità del concetto di “altra utilità”, colpendo così non solo lo scambio di denaro (in vent’anni di precedente formulazione i processi si contano sulle dita di una mano) ma anche altre forme di scambio (appalti, assunzioni, varianti ai PRG, consulenze, etc.). Si colpisce anche la “promessa” di scambio, fornendo così alla magistratura uno strumento in più di indagine e azione penale. E’ vero, nella definizione delle pene si è ritenuto di graduare diversamente (come nella proposta iniziale che prevedeva da 4 a 10 anni) rispetto al reato di associazione mafiosa (da 7 a 12), venendo incontro a ragionevoli obiezioni e suggerimenti emersi nelle audizioni e nel confronto pubblico.
Ma, come è stato detto, se nel corso dell’applicazione si ritenesse di elevare le pene, credo che Parlamento e Governo abbiano tutte le possibilità di poterlo fare.
Questi sono fatti. Inequivocabili. E l’appello che Don Ciotti e Libera hanno rivolto al Senato nei giorni scorsi, chiedendo di approvare subito questa norma (rimandando in futuro eventuali innalzamenti di pena) è la conferma di quanto stiamo affermando.
Per questo vorrei rivolgere qualche domanda polemica ma sincera ai parlamentari di 5 Stelle.
Può bastare questa modifica (obiettivamente marginale rispetto alle conquiste ottenute) per tenere quell’atteggiamento, per lanciare insulti di collusione con le mafie, per evocare inesistenti patti scellerati?
Non si rendono conto che è entrata in vigore una norma che in sostanza è la stessa approvata anche da loro un anno fa?
Se il Procuratore nazionale Antimafia Roberti parla di norma “perfetta”, se un magistrato come Raffaele Cantone la definisce “efficace ed equilibrata”, se personalità come Caselli e Gratteri (pur tra auspici di ulteriori miglioramenti) parlano di “importanti modifiche” e di strumento più efficace per combattere le mafie e la politica collusa, non viene in mente che insultare e denigrare chi ha votato la legge significa anche insultare queste personalità? Anche queste sono colluse?
Non parlo poi di noi del Pd, che siamo in prima fila in Parlamento per combattere battaglie di legalità. No, mi riferisco ad altri: se uno che si chiama Claudio Fava si alza per difendere la legge, non viene in mente che forse la cosa migliore da fare sarebbe quella di togliersi il cappello e votarla?
Quello che intendevo dire è che abbiamo provato davvero amarezza nel vedere come la deriva del Movimento 5 Stelle abbia riguardato anche temi come questo. Tra i quasi 500 “braccialetti” bianchi c’erano anche molti di loro. Diversi ne conosco e mi è capitato di apprezzare il loro personale impegno per la legalità. Perché, per un modesto interesse elettoralistico, si cerca di incrinare il fronte che si batte contro le mafie?
Certo, sappiamo bene che il Movimento di Grillo teme una Politica che riesce a rinnovarsi, a cambiare se stessa, le istituzioni e il Paese e per questo esercita con “geometrica potenza” il tentativo di delegittimare e impedire ogni possibile cambiamento.
Ma esistono dei temi, ci sono dei terreni su cui ci si dovrebbe fermare. Quello della lotta efficace alle mafie è uno di questi. Beppe Grillo non lo ha fatto, così come non si è fermato neppure davanti all’orrore e alla memoria della Shoah. Ma tanti dei parlamentari di 5 Stelle potrebbero almeno ricordarselo e ricordarglielo.
L’Unità 20.04.14