Una primavera intesa, per la scuola. Perché tra annunci fatti e impegni (ancora) non mantenuti da parte del governo, sale lo scontento tra i dipendenti del settore. A cui in questi giorni, mentre nel Def si annunciava un nuovo blocco del rinnovo del contratto per tutti gli statali, la ministra dell’istruzione, Stefania Giannini, è tornata a promettere a breve misure di «valorizzazione del lavoro…
Contratto bloccato, per il Mef non è detto. ItaliaOggi ne aveva parlato sul numero di mercoledì scorso: nel documento economico e finanziario approvato dal governo, si prevede che «a legislazione vigente» le retribuzioni dei dipendenti pubblici resteranno ferme fino al 2018, quando saliranno di uno 0,3% annuo per il triennio 2018-2020 per la corresponsione dell’indennità di vacanza contrattuale. Insomma, il governo ha previsto che, finito il blocco attualmente in vigore, anche nel 2018 non ci siano rinnovi, per cui scatta l’indennità. Una notizia su cui poi è intervenuto il ministero dell’economia: le previsioni contenute nel Def, ha precisato la nota del dicastero guidato da Pier Carlo Padoan, «sono elaborate sulla base della legislazione vigente…e quindi costruite tenendo conto solo degli effetti economici conseguenti da leggi o norme già in vigore». Le risorse per i contratti, che devono essere stanziate con la legge di Stabilità, ancora non ci sono, per cui non si potevano prevedere nel Def. E dunque parlare di blocco dei contratti è «privo di fondamento». Una smentita che è stata accolta con grande cautela se non scetticismo dai sindacati: «É una smentita tecnica, non politica…Se il governo ha intenzione di rinnovare i contratti pubblici, allora ci convochi», è la risposta di Cgil, Cisl e Uil (si veda ItaliaOggi di sabato scorso).Siamo partiti dal mettere in sicurezza i tetti, ora tocca ai docenti». Intanto, ci sono i nodi non sciolti del passato che continuano a pesare. Dagli scatti di anzianità alle assunzioni di nuovi insegnanti. Dossier lasciati nel limbo dal passaggio di governo e i cui ritardi però rischiano di compromettere da un lato la generalizzazione del pagamento dell’anzianità di servizio, e, dall’altro, le immissioni in ruolo per il prossimo anno scolastico. Una situazione di disagio che i sindacati a breve potrebbero canalizzare in un’azione di mobilitazione. Sarebbe la prima del pubblico impiego contro il governo Renzi. A viale Trastevere invece si dicono fiduciosi che, una volta messe in fila tutte le priorità, e andata a pieno regime la macchina amministrativa, le soluzioni arriveranno.
Scatti, la legge c’è, la direttiva no. Il governo di Enrico Letta aveva approvato un decreto legge per evitare che ci fosse il recupero dei 150 euro circa di aumenti già pagati a fronte degli scatti di anzianità maturati da docenti e Ata. Il decreto prevedeva che, per garantire i pagamenti a tutti coloro che scattavano nel 2013, ci fosse una trattativa tra Aran e sigle sindacali. L’obiettivo è di reperire le risorse aggiuntive rispetto a quelle disponibili dai risparmi di spesa. A tre settimane dalla pubblicazione della legge in Gazzetta ufficiale, il 24 marzo scorso, e a due mesi dalla scadenza ultima prevista e chiudere la trattava, il 30 giugno, della direttiva non vi è traccia. Nel caso in cui la trattativa non dovesse andare in porto, chi ha maturato lo scatto dopo il decreto legge rischia di non avere l’aumento. Intanto l’Aran, l’agenzia per la contrattazione nel pubblico impiego, compare nella Spending review di Carlo Cottarelli tra gli enti da sopprimere. Non è però detto a chi andranno le competenze in materia di contrattazione.
Piano assunzioni, ancora in alto mare. L’altro nodo riguarda il piano delle assunzioni triennale, con decorrenza dal prossimo settembre. Previsto dall’esecutivo Letta, con il decreto legge di settembre 2013, subordinava le nuove immissioni in ruolo a una specifica sessione negoziale per garantirne le coperture. Anche in questo caso la partita è sospesa.
da ItaliaOggi 15.04.14