La cultura, la lettura hanno bisogno di silenzio. Come la scrittura. Anche per questo esistono le biblioteche. Non c’è luogo più raccolto e rassicurante. La velocità dei tablet non riuscirà, probabilmente, a intaccare questa esigenza umana di quiete e di concentrazione: anzi, può darsi che la accresca come forma di compensazione. Va detto però che le biblioteche pubbliche, da ambienti di studio e di lettura, si stanno trasformando in spazi socio-culturali. Non è un caso se un po’ ovunque si costruiscono nuove biblioteche: l’elenco sarebbe lungo, dalla Danimarca agli Stati Uniti, dall’Austria all’Inghilterra, dalla Francia a Taiwan, dalla Finlandia al Giappone.
In Italia sono numerosi, in questi ultimi anni, i progetti di ristrutturazione, e non mancano i nuovi edifici, tra cui quelli di Melzo, Chivasso, Pisa. Negli ultimi due anni undici inaugurazioni, secondo quanto riferisce Antonella Agnoli nel recentissimo La biblioteca che vorrei (Editrice Bibliografica). La Agnoli è una delle più tenaci fautrici dell’istituzione bibliotecaria, collabora con architetti ed enti locali per progettare spazi e per formare il personale. Crede nella biblioteca pubblica come «piazza del sapere» utile al cittadino che voglia informarsi, discutere, partecipare, accrescere la propria cultura. «La biblioteca deve essere parte di una mobilitazione culturale che realizzi una collaborazione, e quando è possibile una convergenza, con scuole, teatri, musei, altrimenti è inutile (…): chi si rassegna alla routine quotidiana rimarrà vittima della prossima spending review ». È proprio questo il punto dolente. I piani di risparmio dei vari governi colpiscono per primi, tradizionalmente, gli enti culturali del Paese: occorre invece, secondo la Agnoli, un piano nazionale per le biblioteche, non più intese unicamente come custodi della memoria libraria, ma come punti di riferimento per la comunità (la città, il quartiere, il rione), opportunità di partecipazione e di scambio di informazioni.
Un ampio articolo uscito qualche giorno fa sul Guardian illustrava come in America lo sviluppo delle biblioteche pubbliche, con il contributo attivo dell’ALA (American Library Associaton), sia diventato una priorità assoluta, da quando si è constatato che sono diventate veri e propri crocevia a cui il cittadino si rivolge per essere aiutato per la compilazione di moduli, per la ricercadel lavoro, per la formazione e l’apprendimento, per la formazione, anche per l’apprendimento delle nuove tecnologie. Sono spazi in cui nascono persino iniziative imprenditoriali, grazie all’incontro di giovani ingegni. La Princeton Public Library in New Jersey è diventata un luogo di ritrovo tra imprenditori del digitale tramite eventi, i Tech Meetup , che promuovono la ricerca. Nella contea di Howard (Maryland), la biblioteca scientifica ha organizzato per migliaia di bambini corsi di robotica e di nanotecnologia. L’Italia deve farne di strada, per arrivare a questi risultati: ma si tratta soprattutto di mettersi in testa che l’ecosistema culturale vale almeno quanto quello economico.
Corriere della Sera 15.04.14