Un settore in cui l’export vale 33 miliardi di euro, che nel 2013 ha esportato prodotti di punta del made in Italy per il 5 per cento in più, rispetto allo stagnare di altri ambiti, è un settore, quello agricolo, su cui spingere l’acceleratore e puntare. È quello che sta provando a fare il ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, forte anche del fatto che nella Pac, politiche agricole comuni, 2014-2020 ci sono 52 miliardi di euro, «belle risorse», chiosa il ministro, «che serviranno a progettare l’agricoltura italiana del futuro». Ministro, con il suo hashtag “Campolibero” lei chiama alla partecipazione i cittadini. È una iniziativa inconsueta in un campo in cui la politica è piena di tecnicismi, non le pare?
«Credo sia in assoluto la prima volta che si fa una “call” aperta in campo agro-alimentare per raccogliere idee e ipotesi di lavoro. Ho lanciato l’hashtag a Vinitaly proprio per la carica simbolica che il settore vitivinicolo ha in Italia. Attraverso il sito del ministero delle politiche agricole, tutti avranno tempo sino al 30 aprile, di suggerire idee. Sul sito c’è una prima griglia di lavoro elaborata da noi. Vi si valorizzano i temi della legge di stabilità 2014 e si sviluppano temi a mio avviso cruciali, alla cui elaborazione tutti possono con- correre. Dopo il 30 aprile questo lavoro si trasformerà in un atto legislativo». C’è il problema dei rapporti degli agricoltori con la Pubblica amminstrazione?
«È uno dei due assi su cui si basa il piano d’azione: snellire, sburocratizzare. Ci sarà un registro unico dei controlli, si riduce da 180 a 60 giorni il silenzio-assenso, per consentire a chi impianta una azienda agricola di entrare rapidamente in attività. Sarà più facile la vendita diretta, che è una grande peculiarità italiana, le percentuali di vendita diretta che si fanno in Italia non hanno eguali in Europa, c’è la dematerializzazione dei registri di carico e scarico e c’è un provvedimento molto apprezzato che è l’introduzione della diffida».
Per evitare di pagare subito la sanzione ?
«Precisamente, si dà tempo a chi ha sbagliato di mettersi in regola, solo trascorso quel tempo si dovrà pagare la sanzione». I numeri dicono che il settore agricolo esprime molte cose positive, l’export, per esempio, aumenta. Ma è anche un settore sovraccaricato di pesi, una giungla di enti e anche tanti scandali clientelari avvenuti nelle nomine. Come si muove il piano da questo punto di vista?
«Abbiamo la necessità di disboscare la rete di enti e società ministeriali. In “Campo libero” ci sono 18 azioni per la riorganizzazione degli enti, riducendo i consiglieri di amministrazione da 5 a 3 e anche, dove possibile, da 5 a 1. Ma la semplificazione riguarda anche aspetti molto tecnici come, nel settore vinicolo, le norme sui solfiti o quelle sulle operazioni di carico e scarico». I ricercatori si dicono d’accordo con le integrazioni degli enti però, aggiungono, non si deve perdere di vista il ruolo della ricerca in agricoltura, che va tutelata.
«Condivido e penso che dobbiamo fare di più dal punto di vista strategico. Nei prossimi mesi presenteremo un piano nazionale per la ricerca, sulla base delle risorse di Horizon 2020 e sulla base della nuova Pac che prevede 4 miliardi di euro per le Eip, european innovation partnership. La filosofia di “Campolibero” poggia su tre pilastri, i giovani, la Pac 2014-2020 e il progetto per la ricerca».
C’è un’altra cosa interessante nella filosofia che ispira questi progetti, è la distinzione fra mercato e bene comune
«È una delle novità, un metodo nuovo nel- la applicazione delle politiche comunitarie. L’agricoltura in montagna o in zone svantaggiate assolve funzioni non solo economiche ma anche sociali, di cittadinanza, e di territorio. Distinguere fra agricoltura come bene pubblico e agricoltura come mercato fotografa meglio il paese e questo avrà un peso nella ripartizione delle risorse». Come realizzare l’obiettivo delleassunzioni dei giovani in agricoltura?
«Intanto con i mutui a tasso zero per le imprese condotte da under 40. Poi ci saranno gli incentivi per le assunzioni con uno sgravio di un terzo della contribuzione sulla retribuzione lorda, mutuando dal jobs act la formula dei 36 mesi. Infine ci saranno le misure per incentivare la stabilizzazione».
Come si stabilizza il lavoro dei giovani in agricoltura?
«Stiamo lavorando all’ipotesi di una nuova forma contrattuale, reperendo risorse su un altro fronte, che inneschi un meccanismo virtuoso, rimodulando il numero delle giornate lavorative (102 l’anno) che, in agricoltura, dà accesso agli ammortizzatori sociali».
Misure sul fronte della concorrenza globale?
«Crediti d’imposta per lo sviluppo dell’e-commerce, la rete è la nuova frontiera ed è chiaro che quello è un terreno privilegiato, da contrastare, per la contraffazione, per la diffusione dei falsi prodotti italiani. L’altra cosa importante è lo sviluppo delle piattaforme di distribuzione all’estero, la cui mancanza è una tara storica per l’agroalimentare italiana, che non ha, come la Francia, grandi catene di distribuzione, né, come la Germania, una logica di organizzazione come paese». Chi può farsi carico di questo tipo di veicolo globale?
«Imprese che si aggregano e imprese che lavorano sulla internazionalizzazione dei prodotti italiani».
Spedire prodotti alimentari all’estero, è una avventura sconsigliabile.
«Le do un solo dato statistico, la sosta alle dogane italiane è di 19 giorni, contro i 9 della Francia e i 7 della Germania. Una bella differenza! Infatti stiamo lavorando con l’agenzia delle dogane per affrontare questo problema».
Per assumere giovani immagino ci voglia una certa dimensione aziendale, in Italia prevalgono le piccole e piccolissime aziende.
«È vero, però ci sono esperienze come quella delle mele del Trentino, dove le piccole aziende si sono aggregate e hanno portato nel mondo il prodotto, facendo un miliardo di fatturato. Inoltre la Pac 2014-2020 prevede per i giovani in agricoltura un budget di 75 milioni di euro l’anno».
Ci sono due temi molto caldi nei rapporti con l’Europa, l’etichettatura e gli Ogm. «Sono due temi che tratteremo durante il semestre di presidenza Ue dell’Italia. Sugli Ogm siamo d’accordo anche con gli assessori regionali che l’obiettivo è che ciascun paese membro decida autonomamente se coltivare Ogm oppure no. La Grecia e diversi altri stati sono su questa posizione. L’etichettatura, poi, è molto importante, per valorizzare e difendere i nostri prodotti dalle falsificazioni. Sappiamo che è una battaglia difficile in Europa ma la vogliamo portare fino in fondo. Per questo avvieremo subito, anche prima dei tempi previsti da Bruxelles, un’indagine sulla sensibilità dei nostri consumatori sulla provenienza del prodotto».
L’Unità 11.04.14