Una scelta spiazzante quella del PD. Dopo aver collaborato alla sconfitta degli emendamenti sulla parità di genere nelle liste elettorali al momento dell’approvazione dell’Italicum alla Camera, per le elezioni europee ha deciso di mettere come capolista nelle cinque circoscrizioni tutte donne, e di avere “solo” il 60% di uomini in lista. Certo, il sistema elettorale con cui si vota per il Parlamento europeo è meno rigido, meno pre-ordinato sia del passato Porcellum sia del futuro Italicum. Non ci sono liste bloccate e gli elettori possono indicare fino a tre preferenze. Quindi, in teoria, possono votare tutti uomini, o tutte donne, a prescindere da come sono collocati in lista. Ma si sa che la collocazione è importante per la visibilità di un candidato/a e per le sue chances di essere eletto.
La scelta di mettere tutte donne capolista, soprattutto, è un atto di fiducia, prima che nelle donne, negli elettori. Rompendo con la tradizione che vuole capilista personaggi (per lo più uomini) riconoscibili perché da sempre sulla scena, o perché fanno un mestiere che li rende visibili (giornalisti, sportivi, e simili), il PD ha scelto cinque donne dal non lunghissimo, ancorché già consolidato e riconoscibile, curriculum politico, nel partito, in Parlamento, nella società civile. Proprio perché queste elezioni europee sono molto più importanti di quelle passate per il futuro stesso della UE, per il tipo di unione che si vorrà e potrà fare, al di là del fiscal compact, e gli elettori ci arrivano con più sfiducia e ambivalenza, con meno disponibilità a rilasciare deleghe in bianco, con questa scelta, di queste donne (non genericamente perché donne) il PD si rivolge agli elettori con la promessa di voler davvero rinnovarsi, come partito, ma anche nel tipo di europeismo che vuole portare avanti. Certo, non bastano 5 capolista donne a produrre novità nei contenuti. Occorre vedere chi altro c’è, quali saranno le posizioni effetti-vamente portate avanti e quanto le elette, incluse le capolista, saranno autonome e sapranno dare una propria impronta, alla campagna elettorale e poi nel Parlamento europeo, senza appiattirsi su priorità decise altrove. Senza pretendere che si facciano carico di una “politica per le donne”, la speranza è che sappiano portare uno sguardo e delle domande almeno un po’ diverse da quelle che oggi dominano il discorso pubblico, più aderenti alla realtà in cui viviamo oggi, donne e uomini di ogni età.
La Repubblica 10.04.14