C’è L‘Italia disoccupata, povera. Basso Pil, poche imprese, poco Internet. Strade e treni malmessi. E scarsa consuetudine con il pagamento delle tasse. Ma c’è anche l’Italia che corre, dinamica, scarsi reati, alta velocità, aziende leader, redditi alti e dichiarati. Tra le due, altre Italie, più sfumate. Otto in tutto ne ha rintracciate l’Agenzia delle entrate che ha potenziato DbGeo, un enorme database, integrato con dati di Istat, Banca d’Italia e Catasto. Mappando, per la prima volta in modo così compiuto, lo Stivale secondo zone omogenee per caratteristiche non solo fiscali, economiche e industriali. Ma anche sociali. Tenendo conto del disagio, della criminalità, dell’importo medio della pensione, dei senza lavoro e degli occupati. Con l’obiettivo di stanare chi non paga le tasse, certo. Ma calibrando gli interventi, anche in base ad un lettura del contesto. Forte con i forti, più vicina ai deboli. Almeno nelle intenzioni. Pronta forse a superare il record del 2013: 13,1 miliardi di somme recuperate, sui 90 di tax gap( differenza tra imposta dovuta e versata). «La condizione socio-economica è un fattore che influenza l’adempimento spontaneo», ha dichiarato il 2 aprile in Parlamento il direttore dell’Agenzia,
Attilio Befera. Quasi una svolta.
La mappa di Arlecchino che ne viene fuori racconta storie dentro le macchie di colore. Vero che nel Meridione si tende di più ad evadere, ma il contesto è anche più difficile, il sommerso quasi un obbligo. Non che questo giustifichi, ma se ne tiene conto. Laddove i grandi capitali esentasse, con astuzie e alchimie, prendono il volo soprattutto al Nord. L’Agenzia delle entrate dunque prova a leggere i profili di quest’Italia. Sceglie 36 variabili (dalle 246 analizzate) e le sistema in sette gruppi: numero contribuenti, pericolosità fiscale, pericolosità sociale, tenore di vita, maturità della struttura produttiva, livello di tecnologia dei servizi, disponibilità di infrastrutture di trasporto. Emergono otto profili, declinati secondo titoli di film. Roma e Milano, ad esempio, finiscono in Metropolis, capolavoro di Fritz Lang.
Il Sud si muove tra Rischio totale, Non siamo angeli, Niente da dichiarare?. Il Nord spazia tra Stanno tutti bene e L’industriale. Il Centro cammina sul filo, tra Gli equilibristi e Pericolose abitudini. Al top della pericolosità fiscale, il Sud. Che però vince anche la palma di quella sociale (estorsioni, truffe, delitti, frodi). In teoria, dunque, oltre 11 milioni di potenziali furbetti tra Calabria, Campania, Puglia, Isole e le altre terre del Meridione. Contro 23,3 milioni di presunti virtuosi, a basso rischio (Centro-Nord). E 9,4 milioni in bilico (Roma e Milano).
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“Ma nei miei dati Nord e Sud sono uguali”
«Non è una mappa dei buoni e dei cattivi». Stefano Pisani, responsabile dell’ufficio analisi statistiche econometriche e “papà” del DbGeo – la macchina dell’Agenzia delle Entrate che ha scandito l’Italia in otto zone – non vuole salire in cattedra.
È l’Italia che evade…
«Ma non solo. È la fotografia di un Paese complesso, eterogeneo, diversificato. In cui Caserta assomiglia a Napoli, ma è diversa da Benevento, pur essendo nella stessa Regione. In cui Latina differisce completamente da Rieti, ma è più vicina ad Imperia. Un Paese in cui l’indicatore dei rifiuti urbani di Prato è stranamente elevato, indice di un’economia sommersa rilevante. L’Italia dalle mille sfaccettature».
Un Paese strozzato dalla solita dicotomia, però: Nord produttivo
e ligio, Sud assistito e pieno di evasori.
«Solo in apparenza. E il DbGeo ci aiuta a chiarire il più comune degli equivoci. È vero, l’indicatore che abbiamo scelto per misurare la pericolosità fiscale, la tendenza a pagare le tasse, è assai sotto la media nelle Regioni meridionali. Ma attenzione, si tratta della propensione ad evadere, dunque del rapporto tra le somme non pagate e quelle dichiarate. Se guardiamo all’entità dell’evaso, il Centro-Nord la fa da padrone. In altre parole, nel Mezzogiorno si evade in modo diffuso, ma per cifre in media molto più basse che altrove. La dicotomia non esiste».
Cosa le fa dire questo?
«Le forme di elusione ed evasione sono assai più sofisticate al Nord. L’area industriale emiliana, ad esempio, che si espande
verso la Lombardia ha lo stesso profilo: una media impresa dinamica e una certa tranquillità sociale. Ma questo non la mette al riparo dalla grande evasione. Mentre laddove la realtà produttiva è più povera, i redditi più bassi, il sommerso più diffuso, la propensione ad evadere sale. Ma le cifre sono più basse».
Ma a cosa serve la mappa, se non consente classifiche?
«Il nostro intento non era di stilare una graduatoria. Ma capire i punti di forza e di debolezza di ogni area. Ecco perché abbiamo scelto i nomi dei film, proprio a sottolineare caratteristiche qualitative omogenee. Questo lavoro serve a rendere l’Agenzia delle entrate più utile ai cittadini e più selettiva. Ad arrivare in posti diversi con strumenti diversi».
I blitz stile Cortina non si addicono a tutti?
«In un’area con pericolosità sociale bassa, basta il controllo di un funzionario. Per realtà più complesse, si attiva la Guardia di Finanza. Ecco perché non è sufficiente ragionare in termini di Regioni, ma disaggregare, arrivare al territorio. E non guardare solo alle auto di lusso, ma anche al consumo di energia elettrica, alla quantità di spazzatura, all’indice di disoccupazione».
Per stanare gli evasori non basta incrociare i famosi dati fiscali?
«Quello è il livello micro. Diciamo che il DbGeo è come la centralina dell’inquinamento: segnala i fumi ma non dice chi inquina. Noi orientiamo l’azione dell’Agenzia descrivendo a livello macro le zone. Poi dopo certo, partono i controlli mirati».
La Repubblica 06.04.14