Le norme che combattono il voto di scambio sono in dirittura d’arrivo e la presidente della commissione Giustizia, Donatella Ferranti, difende il lavoro fatto alla Camera, assicurando che le sanzioni e le misure previste rafforzeranno la lotta alle cosche.
“Siamo a un passo dall’approvazione di una norma attesa da venti anni. Ormai si puo’ parlare di certezza, in virtu’ anche dell’impegno dichiarato questa mattina dal presidente Nitto Palma, che ha calendarizzato per martedi’ prossimo il testo in commissione Giustizia al Senato.
Il riconoscimento di questo reato ha una doppia valenza, sia sul fronte della giustizia sia sul fronte politico. Infatti con il testo approvato dalla Camera, si punisce anche solo la promessa di voti per denaro o altre utilita’. Noi eravamo disponibili ad approvare il testo cosi’ come e’ arrivato dal Senato, nonostante le problematiche che avevamo ravvisato. La magistratura ci aveva fatto notare che il testo di palazzo Madama avrebbe potuto creare problemi di prova in Tribunale per la generita’ di una norma che, qui alla Camera, e’ stata cambiata e non per indebolirla ma per rafforzarla. Abbiamo cercato di riportare la pena alla misura iniziale e anche in questo caso -ha precisato la presidente della commissione Giustizia- non certo per depotenziarla ma per rafforzarla, non abbiamo voluto affatto indebolire la lotta alla criminalita’ organizzata e alla contiguita’ tra politica e organizzazioni mafiose. Tanti magistrati impegnati in prima linea, stavano lavorando per sostenere che la punibilita’ del voto di scambio fosse un po’ piu’bassa dell’associazione mafiosa, perche’ chi vi partecipa stabilmente ha una pericolosita’ maggiore rispetto a ch fa un patto con la mafia per chiedere voti. Ma se il politico e’ vicino alla mafia, e’ continguo e in qualche modo la rafforza dall’esterno, rispondera’ pure di concorso in associazione mafiosa o di concorso esterno, cumulando quindi due reati. I magistrati, di conseguenza, potranno contestare il sia reato di voto di scambio, sia il 416 bis. Ripeto: nessuno sconto di pena ma solo una gradualita’ e proporzione della sanzione. Come si puo’ dire che la pena da 4 a 10 anni sia una pena lieve?”.
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IL NUOVO 416-TER DEL CODICE PENALE: UNA NORMA EFFICACE CONTRO MAFIA E VOTO DI SCAMBIO
Sono passati circa 20 anni da quando è stato introdotto nel nostro ordinamento l’articolo 416-ter del codice penale che sanziona la fattispecie di reato denominata “Scambio elettorale politico-mafioso”, ovvero lo scambio con cui l’organizzazione criminale si infiltra nelle istituzioni elettive, tanto locali quanto nazionali, per condizionare le decisioni governative e di distribuzione delle risorse e trarne vantaggio per l’intera organizzazione mafiosa. Il reato fu introdotto all’indomani delle stragi di Capaci e Via d’Amelio a Palermo e si configurava quando un candidato otteneva la promessa di voti in cambio della erogazione di denaro. Sin da subito emersero le criticità di tale formulazione: la fattispecie non era infatti idonea a coprire tutte le condotte che nella realtà dei fatti sono sembrate comunque riconducibili allo scambio elettorale politico- mafioso, risultando troppo limitativa nella parte in cui circoscriveva irragionevolmente all’erogazione di denaro la controprestazione effettuata da chi ottiene la promessa di voti da parte di organizzazioni mafiose.
A distanza di più di due decenni, la Camera ha approvato il 3 aprile 2014 la tanto attesa riforma dell’articolo 416-ter che estende le tipologie delle condotte penalmente sanzionabili riconducibili al voto di scambio politico mafioso.
Diversamente da quanto accaduto fino ad ora, la riforma di cui si discute arriva non tanto sull’onda emotiva di fatti tragici, ma nella piena consapevolezza che avere strumenti di diritto penale efficaci possa servire per colpire al cuore il sistema di intrecci tra politica e mafia, quel sistema che altro non è se non un modo di intendere il potere pubblico in chiave premoderna e antidemocratica, un potere dove, in ultima analisi, comanda chi è più forte. In quest’ottica, la lotta alla mafia diventa un elemento fondamentale della generale battaglia per un rinnovamento civile, democratico ed economico del nostro Paese.
L’ITER
Il testo è stato approvato in prima lettura dalla Camera, all’unanimità, nel mese di luglio 2013 (v. dossier n. 13 Modifica articolo 416-ter. Lotta alla mafia e al voto di scambio). Successivamente, è stato modificato dal Senato (AS 948). Tornato in seconda lettura alla Camera, è stato approvato, con modificazioni, il 3 aprile 2014 (AC 204-251-328-923-B). Il provvedimento torna adesso al Senato per la sua approvazione definitiva.
IL TESTO APPROVATO IN SECONDA LETTURA DALLA CAMERA
Il testo approvato dalla Camera il 3 aprile 2014, in seconda lettura, prevede che venga sanzionato con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque – in cambio dell’erogazione di denaro o di altra utilità – accetti la promessa di voti, con le modalità proprie dell’associazione di tipo mafioso specificate dal terzo comma dell’articolo 416-bis. Il nuovo testo è il risultato di un importante sforzo delle principali forze parlamentari, d’intesa con il governo, e costituisce un punto di sintesi e di equilibrio che tiene conto delle problematicità e delle criticità emerse nel corso dell’iter parlamentare. È stato fatto un importantissimo passo avanti nella lotta alla mafia, riuscendo a coniugare le esigenze di efficienza ed efficacia dell’azione investigativa e giudiziaria con quelle di tipicità e tassatività della condotta di rilevanza penale punita. Il nuovo articolo 416-ter, così come dichiarato dal Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, “è una norma perfetta e veramente utile a contrastare lo scambio tra politica e mafia”
In sintesi cosa prevede la norma:
– Punito lo scambio di promesse tra il politico e il mafioso. Il reato scatta nel momento dell’impegno reciproco e consapevole di due controparti dello stesso scambio elettorale politico-mafioso. In sostanza, viene punito l’accordo tra promesse, ovvero viene punita, da un lato, la promessa del mafioso, o di un suo intermediario, di procurare voti utilizzando i metodi e la forza intimidatoria dell’associazione mafiosa e, dall’altro, la promessa del politico di favorire la mafia promettendo la dazione di denaro o ogni altra utilità. Il nuovo reato presenta dunque una struttura bilaterale laddove va a colpire l’accordo che coinvolge due parti.
– Oggetto dello scambio politico-mafioso. Oggetto dello scambio è l’erogazione o la promessa di erogazione di denaro o di altra utilità. Il Senato, in aggiunta a ciò, aveva inserito nella norma, quale contropartita dello scambio elettorale politico-mafioso, anche la “disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione medesima”, ovvero il politico che mette a disposizione degli interessi delle associazioni mafiose, già definiti dall’art. 416-bis terzo comma del codice penale, il proprio incarico pubblico. Tuttavia, è stato rilevato da più parti, sia dal Procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti, sia dal Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Rodolfo Maria Sabelli, che inserire il riferimento alla “disponibilità” sarebbe stata un’aggiunta superflua rispetto al concetto di “altra utilità” e, soprattutto, un concetto troppo generico che rischiava di contrastare con il principio costituzionale della tassatività e tipicità della norma penale. Con tale formulazione, la norma avrebbe causato serie difficoltà di accertamento probatorio, diventando fonte di incertezze giuridiche con il rischio di rendere incerto ed inefficace l’esito dei processi. L’eliminazione del riferimento alla condotta di dare disponibilità per soddisfare gli interessi dell’associazione mafiosa non è assolutamente un passo indietro, anzi è un passo avanti per l’efficacia della norma e la concreta applicabilità della norma: chi, senza essere mafioso, si metterà a disposizione della mafia potrà continuare ad essere punito a titolo di concorso esterno in associazione mafiosa ai sensi dell’articolo 416-bis del codice penale, che prevede la reclusione da 7 a 12 anni.
La vera forza del nuovo testo risiede nella capacità di superare finalmente la mera punizione della dazione di denaro in cambio di voti procurati dalla mafia, e conferma che il reato è consumato anche quando oggetto dello scambio è qualsiasi altra utilità. La genesi di questa norma risale ad un’idea di Giovanni Falcone. Fu lui ad avere chiare le modalità in cui si esplicita il rapporto tra politici corrotti e mafiosi: non solo e non tanto il denaro, quindi, ma appalti dirottati, abusi edilizi, posti di lavoro, concessioni ovvero tutte quelle forme di distorsione sistematica dell’attività amministrativa che, a causa dello scambio politico mafioso, viene orientata al soddisfacimento degli interessi degli “amici”, piuttosto che al perseguimento dell’interesse generale.
– La pena. Il Senato aveva omologato la pena a quella prevista per l’associazione mafiosa (articolo 416-bis), cioè la reclusione da sette a dodici anni. Nel corso dell’iter alla Camera, la pena è stata riportata a quanto previsto originariamente dal testo approvato all’unanimità dalla Camera a luglio 2013, ovvero da un minimo di quattro anni ad un massimo di dieci. Tale differenziazione della pena rispetto alla associazione
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a delinquere di stampo mafioso risponde ad un principio costituzionale che prevede pene diverse in relazione alla diversa gravità dei reati.
Il politico che, in cambio di voti, vende la sua “funzione pubblica” alla mafia, nel senso che promette di elargire utilità, viene punito con una pena da quattro a dieci anni. Se poi costui è anche partecipe nell’attività dell’associazione mafiosa, sarà punito anche per concorso ai sensi dell’articolo 416-bis del codice penale, come già riconosciuto dalla Cassazione. È quel fenomeno che i giuristi e il nostro codice penale chiamano concorso materiale di reati. Quindi il politico corrotto può essere punito sia per la condotta di scambio politico-mafioso, sia per l’associazione mafiosa che per il concorso esterno e le pene, quindi, si sommeranno tra di loro.
– Entrata in vigore. La Camera ha previsto l’immediata entrata in vigore della legge (il giorno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale). Normalmente, l’entrata in vigore è di 15 giorni successivi alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (vacatio legis).
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416-bis. Associazioni di tipo mafioso anche straniere. Chiunque fa parte di un’associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da sette a dodici anni. Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l’associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da nove a quattordici anni. L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali. Se l’associazione è armata si applica la pena della reclusione da nove a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da dodici a ventiquattro anni nei casi previsti dal secondo comma. L’associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell’associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito. Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà. Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l’impiego. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra, alla ‘ndrangheta e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, anche straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.
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