Rivincita dei quindicenni italiani nei test Ocse-Pisa. Nel problem-solving – la risoluzione di problemi che richiedono un approccio più pragmatico e adattivo che teorico e di routine – l’Italia si piazza nella parte alta della speciale classifica stilata dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che sonda le capacità di risolvere problemi della vita quotidiana. Superando nazioni come Germania e Stati Uniti e mantenendosi “significativamente” al di sopra della media dei paesi Ocse che hanno partecipato all’indagine svolta nel 2012. Con i quindicenni delle quattro regioni Nord-Ovest – Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta – che sfiorano il tetto del mondo.
Dopo anni di delusioni per le cattive performance in Lettura, Matematica e Scienze, gli adolescenti italiani surclassano i coetanei di nazioni industrializzate o emergenti come Spagna, Russia e Svezia. Il 15° posto occupato dall’Italia nella classifica dei 44 paesi che hanno partecipato all’indagine sulle “Competenze degli studenti alle prese con i problemi della vita quotidiana”, presentata oggi a Parigi, lascia ben sperare per il futuro di una scuola che negli ultimi anni è stata oggetto di critiche, riforme e soprattutto tagli perché considerata inefficiente.
Ma, adesso, un po’ a sorpresa, il Belpaese rialza la testa perché oggi, tra le competenze più richieste dal mercato del lavoro, oltre alle conoscenze, c’è quella di risolvere problemi. Una competenza che, scorrendo le pagine del rapporto appena pubblicato sembra ancora più importante della “semplice” conoscenza grezza. “Nelle società moderne, tutta la vita è problem-solving”, spiegano dall’Ocse. “I cambiamenti nella società, l’ambiente e la tecnologia fanno sì – continuano – che il contenuto di conoscenza applicabile evolve rapidamente”, pertanto la capacità di “adattarsi, di imparare, il coraggio di provare nuove strategie ed essere sempre pronti ad imparare dai propri errori sono tra le chiavi per la resilienza e il successo in un mondo imprevedibile”.
E si chiedono: “I quindicenni di oggi stanno acquisendo le capacità di problem-solving necessarie nel 21° secolo?”. Perché già oggi sono “pochi i lavoratori, anche nelle occupazioni manuali o basati sulla conoscenza, usano azioni semplicemente ripetitive per svolgere il loro lavoro”. Inoltre, la nuova indagine sulle competenze degli adulti mostra che già “un lavoratore su dieci si confronta ogni giorno con problemi complessi che richiedono almeno 30 minuti per essere risolti”. E le “capacità di problem-solving sono particolarmente richiesti in, occupazioni manageriali, professionali e tecniche altamente qualificate in rapida crescita”.
Pare quindi che la capacità di individuare e risolvere i problemi sia la competenza-chiave del futuro. Quella necessaria per inserirsi in un mondo del lavoro ormai globalizzato e sempre più competitivo. E gli studenti italiani sembrano già sulla buona strada. In cima alla classifica dell’Ocse sul Problem-solving si piazzano i paesi asiatici: Singapore (con 562 punti), Corea e Giappone. Seguiti dalle regioni più sviluppate della Cina: Macao, Hong Kong, Shanghai e Taipei, che sopravanzano Canada e Australia. Il primo paese europeo è la Finlandia che totalizza 523 punti, ma il nostro Paese è al sesto posto in Europa, con 510 punti. E i giovani delle regioni nord orientali ne totalizzano addirittura 533 di punti.
La Germania, con 509, ci segue. Mentre la Russia (con 489 punti) e la Spagna (con 477 punti) sono distanti decine di punti dall’Italia. L’unico neo è la quota di top-performer che in Italia è del 6,2 per cento, contro una media Ocse dell’8,2. Ma perché all’Ocse considerano così importante la capacità di problem-solving? La risposta si trova nel grafico che mette in relazione la variazione dell’occupazione nell’area Ocse di coloro che hanno buone capacità di risoluzione dei problemi. Per questi ultimi, infatti, si è registrata una crescita del 4 per cento, a scapito di coloro che mostrano basse performance proprio nella competenza sondata dal rapporto odierno. Una circostanza che, secondo gli esperti dell’Osce, dovrebbe indirizzare le scelte politiche sull’istruzione.
da www.repubblica.it