Mese: Marzo 2014

"Un grave rischio per l’Europa", di Silvio Pons

La crisi in Ucraina era ampiamente annunciata da molto tempo. Non da mesi ma a anni. Le sue radici stanno nella dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991. Nell’ultimo decennio del secolo scorso, la nascita di uno Stato indi- pendente ucraino non è stata basata su un adeguato sistema di equilibri internazionali tra l’Europa e la Russia. Per oltre un decennio, l’Ucraina ha vissuto una tormentata transizione economica e politica, seguendo un modello di democrazia autoritaria non molto diverso da quello russo, anche se con modalità più pacifiche. La «rivoluzione arancione» del 2004 ha rappresentato il punto di arrivo di un’onda lunga del crollo del comunismo, rivelando una genuina spinta democratica e riformatrice dal basso. Tuttavia ha anche avuto seri limiti. Non ha prodotto un’autentica stabilizzazione politica, non ha ricomposto le fratture esistenti nel paese e ha fatto anzi emergere rilevanti tendenze nazionaliste. Da allora l’Ucraina è rimasto un paese frammentato e conflittuale al suo interno, oltre che privo di un chiaro riferimento internazionale. Salvo il legame con la Russia consolidato dagli scambi economici ed energetici e …

"La prudenza di Obama, come Kennedy con Cuba", di Sam Tanenhaus

Di colpo lo spettro della Guerra Fredda è tornato. Certi conservatori spingono Obama ad affrontare Putin nella grandiosa tradizione di altri presidenti coi leader sovietici da Stalin a Gorbaciov. Obama quasi l’ha fatto quando ha avvisato «(Mosca) pagherà l’intervento militare in Ucraina». Alcuni insistono che Obama può evitare la guerra civile, dichiarando il sostegno agli ucraini in piazza. Una posizione simile richiama l’“Ich bin ein Berliner” di Kennedy a Berlino Ovest nel 1963, o la visita di Reagan nel 1987 col suo “Tirate giù il muro” indirizzato ai sovietici. Persino Obama sembrava pescare dalla memoria collettiva di vecchie lotte fra superpotenze quando ha dichiarato che l’approccio americano all’Ucraina «non dev’essere visto come una scacchiera da Guerra Fredda dove siamo in concorrenza con la Russia». L’immagine della scacchiera è una metafora familiare della Guerra Fredda. Però, trae in inganno. Molte scelte ricordate oggi per la lungimiranza, genialità tattica, furono denunciate all’epoca come debolezza. Gesti eclatanti, pubblici valsero meno di altri piccoli, nascosti. Nata con l’età nucleare, la Guerra Fredda fu definita meno dalla conflittualità che dalla …

"La sfida decisiva ai populismi", di Claudio Sardo

Il popolo europeo ancora non c’è. Il populismo invece avanza. Anzi, i populismi. Diversi tra loro per messaggi, leadership, matrici geografiche e culturali. E tuttavia accomunati da aspettative crescenti, dal vento della crisi che ne gonfia le vele, da parole d’ordine che stanno diventando senso comune. A cominciare dall’avversione all’euro e all’Unione, dalla chiusura delle frontiere agli immigrati, dal no alle tasse e all’intervento pubblico, dall’incessante polemica contro l’establishment. È politicamente scorretto affiancare il Front National della signora Le Pen con il Fidesz del premier ungherese Orban, il Pvv olandese di Wilders con il partito di Grillo, Alternative fur Deutschland con il Fpo austriaco o con le nuove destre scandinave, però sono innegabili i tratti comuni, favoriti anche da quel linguaggio antipolitico che oggi appaga il diffuso senso di frustrazione e di paura. Alle prossime elezioni saranno i populisti gli avversari politici più insidiosi della sinistra europea. O forse occorre dire, anche in questo caso, delle sinistre nazionali in Europa, perché purtroppo il sogno europeista – sì, gli Stati Uniti d’Europa, unica possibilità per il …

"Europa, non basta l’autocritica", di Paolo SOldini

La cronaca di ieri ci ha regalato una coincidenza che deve far pensare. A Roma il partito dei socialisti e democratici europei discuteva il futuro dell’Unione, pieno di problemi, certo. Ma è un futuro radicato nella consapevolezza storica di un destino comune che ha per sempre cancellato la guerra dal suolo dell’Europa. Di questa Europa. Nelle stesse ore in Crimea e sugli incerti confini tra l’Ucraina e la Russia comparivano sulle strade i carri armati, preludio di una guerra che forse c’è già. O che forse non ci sarà ma che comunque è possibile, e la possibilità, le paure, gli odi, i risentimenti che essa porta con sé, hanno la stessa dura consistenza dei fatti. Anche la Crimea, l’Ucraina e la Russia sono Europa. E l’idea che si possa distinguere tra questa e quella Europa è un’illusione. Patetica e pericolosa, come appare evidente se si torna con la memoria alle guerre guerreggiate nei Balcani. Non sono passati neppure vent’anni e chissà quanti ne dovranno passare prima che si spengano le braci che covano ancora sotto …

“Ricorda il meglio di Blair” “No, Tony era tutta un’altra cosa”, di Francesca Paci

Il parere dei corrispondenti stranieri in Italia sul leader del Pd. Se il congresso del partito socialista europeo doveva essere il debutto internazionale di Renzi, il corrispondente del quotidiano berlinese Die Tageszeitung Michael Braun è convinto che il neo premier se la sia cavata bene. O, quanto meno, che abbia stupito con la sua ormai proverbiale velocità: «Bersani aveva sempre caldeggiato l’adesione del Pd al Pse senza riuscire a vincere la resistenza di ex Dc e popolari. Renzi ha giocato come al solito sul fattore tempo, non c’è stato neppure un vero dibattito in segreteria, hanno votato tutti a favore con l’eccezione di Fioroni, detto fatto. Una questione formale perché il Pd era già nel gruppo socialista a Strasburgo, ma l’entrata nel partito è significativa in un momento in cui i socialisti devono rafforzarsi non tanto per sperare di crescere al voto di maggio quanto per non perdere». Braun era già in Italia da due anni quando nel 1998 nascevano i Ds, ha seguito tutti i mal di pancia e le mutazioni genetiche della sinistra …

"Il Bastone dello Zar", di Franco Venturini

Ora lo riconosciamo, Vladimir Putin. Non è più quello edulcorato che voleva a tutti i costi chiudere in bellezza i Giochi di Sochi. Non è più nemmeno quello silenzioso dei giorni seguenti. Ora la pianificazione è finita, e il giocatore di scacchi che è in lui ha elaborato una strategia consona alle tradizioni russe: sarà l’uso della forza a raccogliere la sfida ucraina e a far sapere, a Kiev come alle capitali d’Occidente, che nulla può essere fatto in Ucraina senza tener conto degli interessi della Russia. In verità questo ben pochi lo ignoravano, e può far testo l’insistenza con la quale Angela Merkel ha tentato di coinvolgere il Cremlino nella mediazione condotta con poca fortuna dagli europei. Ma una mano tesa per riparare alla micidiale sconfitta di piazza Maidan a Putin non poteva bastare. E allora ecco che soldati senza insegne ma troppo disciplinati e ben equipaggiati per non essere russi si impadroniscono delle infrastrutture strategiche della Crimea. Sono usciti dalla base navale di Sebastopoli, oppure sono giunti dalla Russia mentre Putin concordava con …

"Università senza ricerca, Paese senza futuro", di Sebastiano Maffettone

​Lo scorso weekend ho visto, come molti italiani, Smetto quando voglio . Un film leggero che racconta una storia pesante. Il cuore della vicenda riguarda i nostri laureati più bravi e il fatto che purtroppo il Paese non sa che farsene. Risultano, come si dice in gergo, overqualified , cioè troppo preparati per il mercato del lavoro che li aspetta. Chiunque, come chi scrive, viva nel mondo dell’università è pienamente, e tristemente, consapevole della situazione. Il problema consiste nel sapere che cosa si possa fare per uscirne. E, innanzitutto, nel rendersi conto dei segnali che non diamo e delle direzioni sbagliate che prendiamo. Di questi errori, teorici e pratici assieme, mi permetto di segnalare i tre che sono all’origine di ripetute proposte di riforma. Il primo errore sta nell’insistere sul fatto che l’esperienza della research university sia definitivamente al tramonto. università di ricerca sono quelle che, come Harvard e Oxford, impegnano enormi risorse non solo economiche nella ricerca di base. E vedono l’insegnamento come un’attività non indipendente da questa stessa ricerca. Ritengono che la teoria …