Il ministero dell’Interno annaspa sotto l’urto di tanti, troppi stranieri che accorrono in Italia a chiedere asilo politico. L’anno scorso sono stati quasi 43 mila; nei primi tre mesi dell’anno ne sono arrivati 10.724. Solo ieri le nostre navi militari ne hanno raccolti in mare altri 128. Ma notizie di intelligence parlano di 90 mila profughi siriani già arrivati in Libia, avanguardia di 900 mila in movimento verso l’Europa. E il nostro sistema di accoglienza è prossimo al tilt.
«Quest’anno ci aspettiamo un numero di sbarchi uguale o anche superiore a quello dell’anno scorso», dice il sottosegretario Domenico Manzione, che segue la questione dei rifugiati al ministero dell’Interno. Il punto è che accogliere cinquantamila nuovi profughi non è uno scherzo. Ci sono a disposizione circa 20 mila posti, che nel 2014 saliranno a 30 mila. Ma sono pieni. La settimana scorsa, dovendo piazzare 5000 persone sbarcate in pochi giorni, il ministero ha fatto ricorso alle prefetture chiedendo di assorbire 40/50 profughi ciascuna. «Non potevamo certo lasciarli sul molo di Augusta», spiega Manzione. Eppure c’è chi storce il naso. Arci e Caritas hanno firmato una lettera aperta: «La vicenda della cosiddetta Emergenza Nord Africa è emblematica di un approccio che non paga: non si assicurano condizioni dignitose a tutti i richiedenti asilo, si coinvolgono alberghi e altre strutture inadeguate, si creano tensioni con organizzazioni locali che pure sarebbero disponibili ad accogliere. Evitiamo di fare anche quest’anno gli stessi errori».
Arci e Caritas avrebbero preferito che i nuovi arrivati fossero smistati nel sistema Sprar, che si appoggia non alle prefetture ma agli enti locali. Anche l’Unhcr delle Nazioni Unite, in un’audizione in Parlamento, ha appena auspicato «che il governo italiano intervenga al più presto con un piano per il 2014 che preveda anche il finanziamento alla rete Sprar».
Il Viminale si scontra però con le rigidità di bilancio: siccome lo Sprar dev’essere rifinanziato dal ministero dell’Economia e quest’anno costerà ben 230 milioni di euro, i fondi ancora non sono arrivati e si gratta il bilancio residuo delle prefetture.
Di fronte a numeri così imponenti, intanto, il governo sta studiando soluzioni strutturali. La prima l’ha annunciata qualche giorno fa il ministro Angelino Alfano: aumentare il numero delle commissioni ministeriali che devono stabilire se ogni richiesta di asilo sia fondata oppure no.
Attualmente il richiedente asilo può attendere fino a un anno per avere la risposta. Nel frattempo, però, non ha documenti sufficienti per muoversi in Europa (e se lo trovano in Germania o in Francia lo rispediscono indietro) e tocca allo Stato italiano garantirgli vitto e alloggio. Con più commissioni, i tempi potrebbero ridursi a sei mesi. Dimezzare i tempi di attesa significa dimezzare anche i costi di diaria. E a quel punto l’asilante avrebbe diritto a un permesso di soggiorno valido per l’area Schengen e magari raggiungere i parenti dovunque essi siano.
La seconda mossa del governo Renzi si giocherà nel Semestre europeo: far partire finalmente quella missione dell’Unione europea che doveva subentrare a Mare Nostrum. C’era una promessa dell’agenzia Frontex. Subito dopo la strage di Lampedusa anche molti governi del Nord Europa sembravano mossi a compassione. Ma i mesi sono passati e le posizioni sono tornate ad irrigidirsi. Eppure se ci fosse una missione Frontex di «search and rescue», ossia di ricerca e salvataggio, sull’arco che va da Malta alla Spagna, non soltanto il peso economico della missione sarebbe meglio distribuito tra i Paesi membri, ma anche i numeri dell’accoglienza.
La stampa 30.03.14