E’ l’Italia dei paradossi, delle ingiustizie e della crisi quella che disegnano le dichiarazioni dei redditi. Il paradosso: i lavoratori dipendenti guadagnerebbero, secondo i dati fiscali, più di artigiani e negozianti con ditte individuali. L’ingiustizia: il 5% dei contribuenti più ricchi guadagna quasi un quarto del reddito, il 22,7%: più di 180 miliardi. La crisi: rispetto al 2008 ci sono 350 mila lavoratori dipendenti e 32 mila imprenditori in meno.
Le cifre diffuse ieri dal Dipartimento delle Finanze, relative all’anno d’imposta 2012, sono il termometro di un paese piuttosto provato, dove l’evasione fiscale non è affatto debellata e dove la ricchezza è assai mal distribuita. Complessivamente metà degli italiani guadagna meno di 15.654 mila euro lordi all’anno mentre un pugno di supericchi ha in mano un quarto del reddito.
Chi guadagna di più e chi dichiara di meno.
Il reddito medio dichiarato al fisco è di 19.750 euro. Chi sta sopra questo livello? Senz’altro il mondo del lavoro autonomo, professionisti, avvocati, notai, medici e commercianti, che guadagnano molto e hanno dichiarato al fisco in media circa 36 mila euro lordi annui anche se l’80 per cento di loro dichiara meno di 20 mila euro. Appena sopra la media i lavoratori dipendenti, vera macchina per le entrate prelevate direttamente in busta-paga: hanno dichiarato circa 20.200 euro annui. Mentre alla base della piramide ci sono i pensionati: 15.780 euro lordi.
Sotto la media c’è la schiera composita delle piccole imprese individuali e senza dipendenti, attività artigiane e commerciali, dove la tentazione dell’evasione è più forte: dichiarano in media 18.844 euro. Con una differenza: quando sono in contabilità ordinaria (nella quale devono evidenziare costi e ricavi ma anche movimenti finanziari) arrivano a 27.710 euro; quando invece hanno meno adempimenti con il fisco (contabilità semplificata) i loro guadagni scendono a 16.380 euro.
Da segnalare anche i cosiddetti redditi da partecipazione: sono i soci, un paio o pochi di più, di attività commerciali e di servizi sotto forma di srl o snc. «Pagano sugli utili e non sui ricavi e il sospetto di evasione
può esserci perché all’interno delle società possono essere occultati i ricavi o gonfiati i costi», spiega il tributarista Gianluca Timpone. Di fatto – se si escludono i professionisti che denunciano un po’ di più – i commercianti e gli artigiani con ditte individuali o organizzati in società a responsabilità limitata o società in nome collettivo, dichiarano meno dei lavoratori dipendenti.
La polarizzazione dei redditi.
Quanti sono gli italiani che possono
contare su un reddito lordo che va dai 200 mila ai 300 mila euro? Sono 45.259 euro, la schiera di questi fortunati è pari allo 0,11 per cento dei contribuenti italiani. Sopra i 300 mila ci sono invece 30.240 supericchi. Saranno di più di quelli che emergono dalle statistiche? Probabilmente sì, a causa dell’evasione. Di sicuro si può dire che i segnali di ricchezza diffusa ci sono: come le 113 mila abitazioni possedute all’estero da italiani per il valore di 23 miliardi. Ma il dato che descrive di più l’Italia dalla ricchezza polarizzata è quello che rivela che il 5 per cento dei contribuenti italiani detiene il 22,7 per cento dei redditi, circa un quarto. Una quota maggiore di quella posseduta complessivamente dalla metà dei contribuenti con i redditi più bassi. Mentre 10 milioni di italiani, perché sotto gli 8.500 euro o per via delle detrazioni per i figli, non arrivano nemmeno a pagare l’Irpef: sono i cosiddetti «incapienti».
La crisi lascia ancora vittime. Dal 2008 al 2012 si sono «persi» 350 mila lavoratori dipendenti i quali, oltretutto, in quattro anni hanno visto calare il proprio reddito del 4,6 per cento. Ci sono anche 190 mila pensionati in meno (anche per effetto delle misure normative sui pensionamenti introdotte negli ultimi anni), 32 mila imprenditori in meno e 138 mila soggetti in meno che dichiarano reddito da partecipazione a piccole società snc o srl. Al contrario si assiste ad un aumento dei lavoratori autonomi (+128mila) che hanno perso in termini reali il 14,3 per cento del reddito.
La Repubblica 27.03.14