Semmai ci fosse (ancora) bisogno di verificare il peso e l’influenza della cultura scientifica in Italia, ecco arrivare, da una parte, le dichiarazioni del procuratore della Repubblica di Trani, balzato agli onori delle cronache per aver avviato un’indagine sul possibile legame tra vaccino trivalente e autismo. Dall’altra, le notizie su una prossima discesa in campo di diverse Procure, indifferenti ai pronunciamenti di esperti, autorità sanitarie, dello stesso ministro della salute, che hanno ribadito come manchi, allo stato attuale, ogni evidenza scientifica per sospettare un nesso di causa-effetto.
Ogni richiamo, ogni appello alla ragionevolezza ha avuto lo stesso ascolto delle proverbiali prediche di San Giovanni Battista nel deserto. Di certo non sembrano aver scalfito le certezze del procuratore di Trani che ha affermato di essersi basato – nientemeno – sul presupposto «che diverse sentenze del giudice del lavoro, competente per i risarcimenti, hanno accertato che esiste un nesso di probabile causalità». Aggiungendo di aver affidato la scelta dei periti ai carabinieri del Nas che si rivolgerà a «esperti di profilo internazionale e assoluta imparzialità». Affermazione che lascia indovinare, perlomeno, una mancanza di fiducia nel rigore e nell’obiettività di quelli che hanno condotto una mole di ricerche indipendenti in tutto il mondo, senza riuscire a trovare nessun legame tra vaccini e insorgenza della malattia. Continuano, intanto, a imperversare sul web i leader di movimenti anti-vaccinazioni che gridano al complotto delle multinazionali farmaceutiche. Mentre si levano le voci di avvocati che plaudono alla giustizia penale che si è «accorta» della correlazione potenziale vaccini-autismi. Spunta persino un’inedita specializzazione in «diritto sanitario minorile», qualunque cosa voglia dire.
Il caso aperto dall’inchiesta della Procura di Trani non è certo il solo a chiamare ad una riflessione su quello che è successo, su cosa sta succedendo tra scienza e magistratura, tra medicina e giustizia. Basterà ricordare alcune sentenze. Prima tra tutte quella emessa due anni fa dal Tribunale di Rimini – contro cui insorse, a ragione, la comunità scientifica – che ha condannato il ministero della Salute a risarcire la famiglia di un bambino autistico, riconoscendo un nesso di causalità tra il vaccino trivalente e la malattia. E, ancora, per entrare in un altro campo, quella con cui il tribunale di Bari ha disposto che l’Asl somministrasse gratuitamente ad un malato di tumore la controversa multiterapia «alternativa» Di Bella, sulla cui inefficacia esiste, da anni, un verdetto scientifico netto.
Che cosa dobbiamo aspettarci da sentenze che contraddicono clamorosamente lo stato dell’arte delle conoscenze su una determinata malattia? Alcuni danni, come quelli provocati dalla diffidenza immotivata nei confronti dei vaccini (i cui benefici in termini di prevenzione sono di certo superiori ai rischi di effetti avversi), possiamo già «misurarli». Altri dovremo verificarli a cominciare da una sfiducia crescente nella scienza che non promette niente di buono per il futuro di questo Paese.
La Stampa 27.03.14