Il personale della scuola italiana è il più maturo d’Europa, con la percentuale più alta di insegnanti ultracinquantenni e quella più bassa di under trenta. Occorre riflettere sull’invecchiamento di docenti e di personale Ata. Infatti, se è vero che possono contare su un’esperienza professionale ragguardevole, hanno sempre più difficoltà a stare al passo con il dinamismo della comunità scolastica e ad affrontarne le sfide: dall’inclusione dei ragazzi con disabilità a quella degli alunni non italofoni, dall’innovazione didattica alle esigenze dei nativi digitali, dall’apprendimento informale all’insegnamento per competenze.
Pertanto, chi può lascia e, contrariamente al passato, presenta domanda di pensionamento appena raggiunti i necessari requisiti.
Magari lo fa con rammarico, ma consapevole che a raccogliere il testimone ci saranno giovani motivati e preparati a sostenere le nuove prove della scuola. Un avvicendamento indispensabile e più urgente rispetto a qualsiasi altro settore del pubblico impiego, per ridurre la distanza anagrafica e generazionale tra docente e discente.
Ma non tutti possono lasciare: per un «errore» contenuto nella riforma Fornero – scattata il 1 gennaio 2012 – 4000 tra docenti e Ata sono rimasti impigliati nella rete delle nuove norme e il loro pensionamento, previsto per il 1 settembre 2012, è stato procrastinato di anni, in alcuni casi fino a sette. E alla porta restano 4000 giovani in attesa.
Un errore dovuto al mancato riconoscimento della specificità della scuola, riferita al fatto che i lavoratori della scuola, per le giuste esigenze di funzionalità e di continuità didattica, possono andare in pensione un solo giorno all’anno, il 1° settembre, indipendentemente dalla data di maturazione dei requisiti. Unico settore della pubblica amministrazione in cui vige tale norma. Dal gennaio 2012, sono state promosse diverse iniziative parlamentari al fine di tener conto di questa specificità, ma nessuno dei tre governi coinvolti fino ad ora è stato in grado di garantire giustizia.
Attualmente è in discussione presso la Commissione Lavoro una proposta di legge – a prima firma della scrivente, confluita nel testo base della relatrice, Antonella Incerti, sottoscritto da tutti i gruppi – che prevede che i requisiti per il pensionamento previgenti alla riforma Fornero continuino ad applicarsi ai lavoratori della scuola che li abbiano maturati entro l’anno scolastico 2011/2012. A questo proposito, presso la Commissione Bilancio, entro domani si discuterà una risoluzione – anch’essa unanime – che impegna il Governo a reperire le necessarie risorse (35 milioni per il 2014 e 100 a regime), dopo che anche l’ultima copertura ipotizzata è stata bocciata.
L’aspettativa sull’esito di questo dibattito è alta, e non solo perché attesa da oltre due anni, ma perché si registra una condivisione altissima da parte dei gruppi parlamentari frustrata dalle «ragioni di bilancio». Anche se, a bene vedere, nelle motivazioni tecniche sulle precedenti bocciature pesano valutazioni politiche, più o meno espresse: dalla mancata volontà di intervenire in favore di lavoratori attivi rispetto agli esodati – per i quali ci battiamo con la stessa intensità – alla preoccupazione di mettere mano alla riforma Fornero (sebbene l’impianto non ne venga neppure scalfito) e alla apprensione per le critiche che potrebbero giungere dagli altri lavoratori del comparto pa. Ma la scuola ha la sua specificità, che andrebbe finalmente riconosciuta: speriamo sia #lavoltabuona.
da ItaliaOggi 25.03.14
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