Trentun luglio. Il Governo è pronto a un ennesimo rinvio del termine per chiudere i bilanci preventivi dei Comuni, che si portano dietro le scadenze per fissare le aliquote dei tributi locali, a partire dalla nuova Iuc con cui i contribuenti dovranno familiarizzare quest’anno. Un rinvio, del resto, che pare inevitabile perché il 30 aprile, data decisa con la proroga di un mese e mezzo fa, è apparsa fin da subito una decisione scritta sull’acqua, con quasi 4.100 Comuni al voto (la metà abbondante del totale; ci vivono 21 milioni di italiani) nelle amministrative del 25 maggio e con tutti i numeri chiave su finanza e fisco locale 2014 ancora da individuare. Ancor più dell’anno scorso, però, la catena delle proroghe può creare grossi problemi per i pagamenti di giugno: l’acconto Imu di giugno, come sempre, può basarsi sulle aliquote dell’anno scorso, mentre per la Tasi il debutto effettivo rischia di slittare all’autunno, a meno di far pagare un acconto con i parametri standard che però non prevedono detrazioni e quindi chiamerebbero alla cassa anche cinque milioni di immobili di basso valore e quindi sempre esclusi dall’Imu. Sulla Tari, il tributo sui rifiuti che sostituisce la Tarsu-Tares e la Tia, il quadro è ancora più incerto.
I problemi principali, come sempre, fioriscono intorno al fisco sul mattone. Il terzo decreto «salva-Roma», arrivato dopo la caduta dei primi due e appesantito dalla super-Tasi per finanziare le detrazioni sulle abitazioni principali, sarebbe dovuto arrivare in Aula alla Camera domani ma rimarrà in commissione fino al 31 marzo; l’assegno da 625 milioni, pensato per aiutare i Comuni a far quadrare i conti dopo l’addio dell’Imu sulla prima casa, deve ancora trovare i criteri di distribuzione, e la stessa nebbia circonda ancora la ripartizione dei 6,6 miliardi di fondo di solidarietà comunale (per quasi tre quarti alimentato dall’Imu) che insieme alla Iuc deve sorreggere i conti dei sindaci. Anche quest’anno, insomma, ci sono tutte le condizioni per una catena di rinvii: niente di nuovo, per carità, ma le esperienze del 2012 e soprattutto del 2013, sfociato nella «mini-Imu» di dicembre e nella maggiorazione Tares fino a gennaio 2014, insegnano che l’incertezza costa.
La Tasi scritta nella legge di stabilità metteva a rischio i cinque milioni di immobili sconosciuti all’Ici e all’Imu perché le detrazioni fisse delle vecchie imposte bastavano ad azzerare il conto per le case di valore più basso. Il problema era chiaro dall’inizio (si veda Il Sole 24 Ore del 18 ottobre 2013), ma la polemica politica e il cammino difficile della legge di stabilità ne hanno impedito una soluzione tempestiva. A metterci una pezza interviene il terzo decreto salva-Roma, che prova a tradurre in norma un accordo siglato fra i sindaci e il Governo Letta alla vigilia del cambio in corsa a Palazzo Chigi, ma non mancano i problemi. Le detrazioni, secondo la nuova norma, devono garantire che la Tasi abbia «effetti equivalenti» all’Imu sulle abitazioni principali, ma sul funzionamento di questa «equivalenza» si è già scatenato il solito dibattito interpretativo. Nell’impossibilità di garantire che la Tasi sia come l’Imu per tutte le abitazioni, perché questo imporrebbe ai Comuni di ritagliare detrazioni su misura casa per casa, più di una città si è orientata sull’ipotesi di non far superare alle entrate totali del nuovo tributo sull’abitazione principale quelle raggranellate dall’Imu sulla stessa tipologia di immobile, concentrando però tutti gli sconti sulle fasce di valore più basso, quelle che pagavano nulla o pochissimo di Imu. Alle case più grandi o più pregiate, anche se non «di lusso», gli sconti rispetto alla vecchia imposta municipale sono del resto già garantiti dal meccanismo della Tasi, che non ha detrazioni fisse ma viaggia su aliquote più basse (con 250mila euro di base imponibile la Tasi massima è inferiore all’Imu standard). Risultato: un’impostazione di questo tipo finirebbe per colpire le case di valore medio, che potrebbero vedersi recapitare quest’anno un conto più pesante di quello pagato nel 2012 con la vecchia imposta. Nessuno è in grado di confermare che questa strada sia in linea con le nuove regole, perché mancano indicazioni ufficiali e probabilmente si faranno attendere almeno fino alla conversione definitiva del decreto, ma in molte delle città principali i tecnici ci stanno lavorando.
Per capire quanto occorre raccogliere dai cittadini, del resto, le amministrazioni dovrebbero conoscere quanto arriverà a ciascuna di loro dal fondo di solidarietà e dell’assegno da 625 milioni messo sul piatto dal Governo: probabilmente, la quota di ognuno sarà proporzionale agli incrementi di aliquota registrati dall’Imu fino al 2013, con un meccanismo che appare inevitabile per pareggiare i conti ma che finisce per “punire” chi ha evitato aumenti fiscali. Al puzzle si aggiunge il tributo sui rifiuti, che il salva-Roma ter modifica nuovamente rispetto alla legge di stabilità imponendo di ripensare i piani tariffari. Insomma: ancora per mesi i Comuni calcoleranno, e i cittadini aspetteranno.
Il Sole 24 Ore 23.03.14