Un esempio può essere seguito in tutto o anche in parte, essenziale è che non sia accolto solo negli esiti senza condividerne il metodo. L’esempio è la politica statunitense impegnata a cambiare il volto dell’amministrazione, da erogatrice di certificati cartacei e servizi materiali al cittadino a partner di un dialogo virtuale, remoto, equiordinato e rispettoso del cittadino, che riceve da casa certificati e prestazioni immateriali. Il risultato è un’amministrazione amichevole ed efficiente, perché incontra la domanda del cittadino e asciuga i costi per lo Stato; i mezzi si articolano su due livelli: sviluppo delle reti in fibra ottica, le sole idonee a supportare gli E-service, e disegno di una regolazione a garanzia della neutralità della rete.
Quanto al primo mezzo, l’Amministrazione Obama ha investito nelle nuove reti dando prova di fantasia politica: dal coordinamento degli investimenti privati a forme atipiche di partenariato pubblico-privato, senza trascurare gli incentivi fiscali agli imprenditori che investono sulla fibra.
Quanto alla regolazione sulla net neutrality (neutralità della rete) il discorso è ancora in itinere. È del gennaio 2014 la pronuncia della Corte di appello, distretto della Columbia, con cui si è riconosciuto alla Federal Communication Commission (Fcc) – pur annullandone una specifica determinazione – un potere regolato- rio della rete volto a vietare ai fornitori di connessione di rallentare un contenuto a vantaggio di un altro o di impedire l’esecuzione di talune applicazioni. L’intento è assicurare al consumatore il diritto di scegliere tra una molteplicità di contenuti e servizi ugualmente acquisibili, e il fondamento del potere è visto nell’artico- lo 706 del Telecommunication Act, che consegna nelle mani della Fcc la tutela delle libertà fondamentali esercitate tramite le reti. E qui si chiude il cerchio della politica strategica statunitense: per risparmiare si devono tagliare gli sprechi, quindi digitalizzare l’amministrazione, a tal fine occorrono rete veloce e indisponibilità di chi ha in mano le chiavi del traffico di Internet ad accelerarlo o rallentarlo a favore di taluni fornitori di contenuti, diversamente si violerebbe il diritto fonda- mentale del cittadino-consumatore di scegliere le idee che più gli aggradano. Data la rilevanza dei valori costituzionali in gioco nella cultura americana c’è bisogno di net anche se i fornitori di capacità trasmissiva non sono dominanti e la competizione non è in pericolo, perché il bene ultimo, non è l’equilibrio competitivo degli operatori di rete, ma il diritto assoluto alla libera scelta dei contenuti, compromesso dallo slittamento di talune fonti informative su strade virtuali lente e come tali disertate.
Insomma, Internet non è riducibile a un mercato dei beni, ma è in primo luogo la piazza senza confini per la circolazione e la mescolanza delle idee, la cui riduzione a poche fonti è vista come male in sé e, come tale, da evitare. Emerge con chiarezza una cosa: la politica statunitense è diretta dove non arriverà quella dell’Europa, convinta che non occorra difendere la net neutrality perché la normativa antitrust già basterebbe a tal fine. Qui l’Ue sembra non cogliere che la net neutrality intende porre le condizioni di effettività del diritti fondamentali del cittadino navigante e quindi opera in prevenzione; mentre la disciplina antitrust di- fende l’assetto competitivo e quindi opera in repressione dell’illecito commesso per ricondurre gli equilibri allo stadio in cui erano prima dell’abuso. Ancora, l’Europa si ritiene soddisfatta se il consumatore è informato di una pratica discriminatoria prima di firmare il contratto. Un atteggiamento farisaico. Alla fine dei giochi i consumatori saranno comunque lesi, ma con consapevolezza di esserlo stati.
E infine, qualche parole riguardo a noi. C’è poco da dire perché al momento il nostro governo nelle sue dichiarazioni programmatiche e anche nel suo programma economico non ha speso una parola sulle Ngn (reti di prossima generazione), né sulla net, pur accarezzando l’ambizioso obiettivo della crescita occupazionale e taglio del cuneo fiscale, senza però percorre- re la via dei risparmi dei costi connessi alla digitalizzazione, la cui premessa è nelle Ngn e nella Net. Forse l’approvazione con riserva di Bruxelles del nostro piano economico servirà a sollecitare i nostri governanti a riflettere sul fatto che se di un esempio si accettano gli esiti positivi, si deve condividere anche il metodo per conseguirli.
L’Unità 22.03.14