Qualche giorno fa Carlo Cottarelli ha incontrato Matteo Renzi e gli ha presentato una proposta: imporre un prelievo, anche temporaneo, che riduca di fatto tutte le pensioni al di sopra dei 26 mila euro l’anno. Così riferiscono vari osservatori le cui ricostruzioni sono convergenti.
Il Commissario per la spending review non ha presentato al premier la sua idea in maniera improvvisata. In Italia i trattamenti previdenziali sono circa 11 milioni e di questi circa un milione, meno di uno su dieci, viaggiano al di sopra della soglia dei 26 mila euro lordi l’anno. Per effetto di decenni di sistema a ripartizione, in cui gli assegni previdenziali sono finanziati dai contributi dei lavoratori attivi, quei pensionati sopra i 26 mila euro l’anno nella stragrande maggioranza hanno un punto in comune: ricevono dal sistema previdenziale più di quanto abbiano versato. A titolo di confronto, ha spiegato Cottarelli a Renzi, in Germania i pensionati sopra i 26 mila euro al mese sono 59 mila. Una volta fatte le proporzioni fra gli abitanti dei due Paesi, significa che in Italia sono venti volte più numerosi anche se il reddito medio è più basso di circa il 25%.
Renzi ha detto di no. Almeno per il momento il premier non intende inserire le pensioni fra i tagli alla spesa pubblica di cui in Italia ormai si parla da due anni e negli ultimi tre governi. Cottarelli aveva inserito nel suo schema 1,8 miliardi di contributi del sistema previdenziale alla riduzione del bilancio pubblico e 3,3 miliardi nel 2016. Di questo per ora non si parlerà, almeno non fino a quando l’intero sistema politico pensa alle elezioni europee. Dopo, il tema potrebbe riemergere se non altro visto il contenuto di una delle schede di Cottarelli: il commissario alla
spending review ha mostrato al premier che nelle famiglie in cui vive almeno un pensionato si risparmia di più, a parità di reddito, che in quelle dove i guadagni vengono dal lavoro. Nella classe di reddito attorno ai 19 mila euro l’anno la propensione a mettere da parte qualcosa a fine mese è dieci volte più alta nelle famiglie in cui vive un pensionato. Per Cottarelli è il segno che lì c’è spazio per limare il costo della previdenza, che è il più alto fra i Paesi avanzati al 16% del Pil.
Renzi invece guarda altrove. Con l’appuntamento delle europee alle porte, per quest’anno sceglierà tagli di spesa che costano meno in termini di voti. Mezzo miliardo deve venire dai tagli alla retribuzioni dei dirigenti statali, quindi il governo si prepara ad aggredire i trasferimenti per infrastrutture all’Anas e alle Ferrovie dello Stato, qualcosa dalla Difesa e dagli acquisti di beni e servizi della pubblica amministrazione. L’obiettivo è raccogliere cinque miliardi entro fine anno, per quanto Palazzo Chigi sappia già che non sarà facile raggiungerlo.
Intanto l’ufficio di Cottarelli è stato spostato alla presidenza del Consiglio, ma ogni giorno che passa la promozione del commissario somiglia un po’ di più a una sua (parziale) rimozione. Il giudizio che si dà del suo lavoro nel nuovo governo è tiepido e, più che un indirizzo di politica economica, il rapporto sulla spending review è
visto come un insieme di spunti. Alcuni considerati utili, altri meno, altri ancora semplicemente carenti. La divergenza di fondo non è sulla praticabilità dei tagli alla previdenza o ai sussidi all’autotrasporto, quando sui grandi numeri. Su mandato del precedente governo, Cottarelli propone in tre anni tagli da 33,9 miliardi di euro su spese dello Stato che nel 2016 varranno 840 miliardi: è una limatura del 4%, considerata di entità «ridicola» da un osservatore della cancelleria di Berlino.
Renzi invece sembra orientarsi su tagli di spesa non oltre i venti o venticinque miliardi in un triennio, perché oltre queste cifre incidere nel bilancio diventa più difficile. È meno di quanto aveva previsto Cottarelli e meno, anche, di quanto annunciato da Fabrizio Saccomanni quando era ministro dell’Economia. Ma intorno al premier adesso si guarda alla spesa pubblica al netto degli interessi sul debito e della spesa sociale. Tolte quelle due voci, l’Italia spende già molto poco: il 22,3% del Pil, contro il 23,7% della Germania e il 31% della Francia. Secondo la lettura che sta prevalendo a Palazzo Chigi, non ci sarebbe dunque molto da tagliare oltre i 20 o 25 miliardi in tre anni, benché la spesa totale dello Stato nel 2013 sia arrivata al 51,2% del Pil contro il 44,5% della Germania e della Spagna. Il resto del riequilibrio dei conti entro il 2016 dovrebbe venire, nei piani di Palazzo Chigi, da oltre venti miliardi da far emergere dalla lotta all’evasione.
Cottarelli dunque arriva in fondo alla prima tappa del suo mandato già più debole di come era partito. Ma se non altro la sua spending review ormai è partita. E oltre alla spesa, potrebbe finire per tagliare (o limare) anche le unghie di alcuni dei suoi padri.
La Repubblica 21.03.14