Dopo giorni di dichiarazioni e indiscrezioni circa i programmi militari destinati ad affrontare la scure della “spending review”, primo tra tutti il controverso acquisto dei cacciabombardieri statunitensi F-35, ieri Il Consiglio Supremo di Difesa ha congelato tutto almeno fino alla fine dell’anno. Riunito al Quirinale sotto la presidenza del Capo dello Stato, il Consiglio ha rimandato ogni decisione in termini di tagli ai programmi miliari (che quest’anno assorbiranno circa 5,5 miliardi di euro) alla messa a punto di un Libro Bianco già anticipato dal Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che dovrà determinare le linee guida della Difesa, dai compiti richiesti dal Paese ai mezzi e fondi necessari per espletarli.
“Il Consiglio è dell’avviso che il disegno complessivo della riforma trovi espressione in un Libro Bianco” si legge nel comunicato emesso al termine del Consiglio al quale hanno partecipato ai anche il premier Matteo Renzi, i ministri di Esteri, Economia, Sviluppo Economico e Difesa oltre al capo di stato maggiore della Difesa.
Anche se, a quanto riferito, non si è discusso di F-35 o di altri programmi specifici, l’impressione è che l’attesa del Libro Bianco consenta di prendere ancora tempo impedendo decisioni radicali quali il dimezzamento dei jet americani da 90 a 45 emerso nei giorni scorsi come una concreta possibilità caldeggiata peraltro dal PD e dallo stesso Renzi ma subito contrastata dalle pressioni statunitensi.
In attesa del Libro Bianco il Ministro Pinotti ha però confermato ieri in un’intervista che non verranno effettuati ulteriori acquisti di F-35 ufficializzando così il blocco alla tranche dei pagamenti relativi ai contratti per i velivoli di prossina acquisizione. “Oggi abbiamo sospeso i pagamenti delle tranche, facciamo una moratoria, in attesa dei risultati dell’indagine conoscitiva del Parlamento” ha detto alla trasmissione ‘Le invasioni barbariche’ su La7. ”Di fronte alle preoccupazioni – ha aggiunto – si può vedere se è il caso di ridimensionare”
Uno stop peraltro già previsto quando iniziò l’indagine conoscitiva sui programmi di acquisizione di armamenti varata l’anno scorso dalle Commissioni Difesa parlamentari. Da quanto riferito da fonti ben informate saranno però sospesi solo i pagamenti degli anticipi sui 4 F-35 della tranche 10, previsti a febbraio, mentre verranno invece completati i pagamenti in corso per i 5 velivoli delle tranche 8 e 9 .
La spesa per l’acquisto degli F-35 vale da sola circa mezzo miliardo di euro all’anno mentre molte delle misure ventilate nei giorni scorsi per “fare cassa” o tagliare la spesa militare non sembrano poter avere altrettanta efficacia. Certo altri programmi d’acquisizione potrebbero subire decurtazioni ma contare sulla vendita di 385 basi e caserme in surplus potrebbe risultare illusorio considerato che gli enti locali non dispongono di liquidità e i privati non sono certo incoraggiati dai vincoli posti su molti immobili e dall’andamento del mercato. Anche la vendita della portaerei Garibaldi non si preannuncia facile. La nave è stata ammodernata 9 anni or sono ma ha comunque oltre 30 anni di vita ed elevati costi di gestione e manutenzione pari a circa 150 mila euro al giorno quando è in navigazione. Troppi per il bilancio della Marina che dispone anche della più moderna portaerei Cavour (200 mila euro di costo di gestione per un giorno di navigazione) e che dovrebbe comunque radiare il Garibaldi quando entrerà in servizio una nuova portaelicotteri da assalto anfibio. L’onerosità e l’età rendono difficilmente vendibile la portaerei Garibaldi anche se sono circolate voci di un interesse dell’Angola e degli Emirati Arabi Uniti. Il Paese africano non ha però le capacità di gestire navi così grandi e complesse e il Paese arabo non dovrebbe avere l’esigenza di disporre di simili unità operando nelle acque ristrette del Golfo Persico. La nave sarebbe adatta alle esigenze di alcuni Paesi dell’Asia Orientale, area dove è in atto un massiccio riarmo navale, ma in ogni caso la vendita della nave potrebbe fruttare non più di qualche decina di milioni di euro considerando anche la concorrenza degli spagnoli che cercano da tempo di piazzare sul mercato la loro portaerei, la Principe de Asturias, radiata tre anni or sono a causa della spending review. Affari più consistenti verrebbero invece determinati per le aziende italiane dai contratti conseguenti l’acquisto della portaerei per l’ammodernamento, la gestione degli apparati imbarcati e l’addestramento del personale. Il rischio concreto è però che la portaerei Garibaldi e molte caserme dismesse non trovino alcun mercato e se siano condannate alla demolizione generando come unico utile il risparmio sulle spese di esercizio
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Il Sole 24 Ore 21.03.14