C’è voluto un telescopio installato al Polo Sud e tre anni di pazienti osservazioni, per catturare il primo vagito del cosmo dopo il Big Bang, un flebile segnale arrivato fino a noi sotto forma di onde gravitazionali, lievissime increspature impresse nella trama della radiazione cosmica di fondo. A darne l’annuncio, dopo che da giorni in rete si rincorrevano voci di una scoperta clamorosa, è stato il gruppo di astrofisici dell’Harvard Smithsonian Center for Astrophysics, responsabile dell’esperimento BICEP2 (Background Imaging of Cosmic Extragalactic Polarization), guidato da John Kovac.
Prevista dalla relatività generale di Einstein quasi un secolo fa, l’esistenza delle onde gravitazionali era stata confermata in modo indiretto nel 1974 da Russell Hulse e Joseph Taylor, insigniti del premio Nobel nel 1993, studiando sistemi di stelle binarie, ovvero coppie di stelle che orbitano una attorno all’altra. Ma il risultato ottenuto da BI-CEP2, installato fra i ghiacci antartici della Amundsen-Scott South Pole Station, sebbene sia ancora una misurazione indiretta, va molto oltre, perché non si limita a confermare l’esistenza delle onde gravitazionali, ma offre uno scorcio dell’universo neonato. E soprattutto è la prima prova diretta dell’inflazione cosmica, un elemento cruciale dei modelli cosmologici dei giorni nostri.
Secondo questa idea, proposta all’inizio degli anni Ottanta da Alan Guth, una frazione infinitesimale di secondo dopo il Big Bang l’universo attraversò una fase di espansione esponenziale rapidissima, che lo portò ad avere dimensioni enormi rispetto a quelle iniziali, un po’ ciò che accade all’inizio quando gonfiamo un palloncino. Molto discussa ai suoi esordi, l’inflazione era stata introdotta per dare all’universo le “giuste” dimensioni per accordare la teoria del big bang con le osservazioni astronomiche.
Per verificare l’esistenza delle onde gravitazionali primordiali all’epoca dell’inflazione, gli scienziati di BICEP2 hanno osservato la radiazione di fondo a microonde, scoperta mezzo secolo fa da Arno Penzias e Robert Wilson, e risalente a circa 380 mila anni dopo il big bang. Prima, l’universo era così denso e caldo che tutta la radiazione che vi era contenuta rimaneva intrappo-lata, ma quando si fu raffreddato a sufficienza da permettere la formazione di atomi di idrogeno, si liberò un’immensa quantità di fotoni, le particelle di luce, che ancora oggi raggiungono i nostri rivelatori.
Scoprire la debolissima impronta delle onde gravitazionali su quella radiazione «era come cercare un ago in un pagliaio», ha dichiarato Clem Pryke, dell’Università del Minnesota, uno dei responsabili dell’esperimento, «invece abbiamo trovato un piede di porco». Studiando la polarizzazione della radiazione cosmica di fondo, infatti, ovvero l’orientamento della sua oscillazione, il gruppo di BICEP2 ha trovato un segnale importante, che permette, in particolare, di escludere alcune ipotesi alternative dell’inflazione.
Per osservare la presenza di onde, per esempio sull’oceano, ci sono due possibili modi. Uno, quello più diretto, è disporre una boa che si muove su e giù al passaggio delle onde. È questo il metodo adottato da rivelatori di onde gravitazionali come VIRGO, realizzato nelle campagne di Cascina, in provincia di Pisa, dall’Istituto nazionale di fisica nucleare e dal CNRS francese, e LI-GO, negli Stati Uniti. Ma la frequenza delle onde gravitazionali prodotte nel big bang è troppo lenta per poterne seguire la variazione nel tempo. L’altro metodo è fare un’istantanea della superficie del mare dall’alto, riconoscendo la “firma” delle onde dalle increspature. E questo è esattamente quello che hanno fatto gli scienziati di BICEP2 misurando la polarizzazione della radiazione di fondo.
Già paragonata per importanza alla scoperta del bosone di Higgs, e pur dovendo attendere la verifica di altri esperimenti indipendenti, l’osservazione delle onde gravitazionali da parte di BICEP2 è una svolta epocale per la cosmologia moderna. Al di là delle implicazioni immediate, infatti, apre un nuovo capitolo nello studio dell’universo attraverso il nuovo strumento delle onde gravitazionali, a cominciare dagli esperimenti a terra per proseguire con LISA, un progetto di antenna gravitazionale dell’Agenzia spaziale europea.
La Repubblica 18.03.14