Matteo Renzi tira dritto e assicura: «Il 27 aprile ci saranno 100 euro in più in busta paga». Dopo una giornata al cardiopalma alla ricerca della quadra sulle coperture e sui dettagli delle misure, Palazzo Chigi è ottimista. «Ci sono fino a 20 miliardi, il doppio del necessario». «La più impressionante operazione politica mai fatta a sinistra per il recupero del potere d’acquisto per chi non ce la fa», manda a dire con un tweet il presidente del Consiglio in tarda serata e conia un nuovo hashtag “lasvoltabuona”.
L’attesa è per il consiglio dei ministri di oggi pomeriggio alle 16, dopo una mattinata occupata dal rituale preconsiglio e soprattutto dall’ultimo incontro decisivo con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Dopo le febbrili consultazioni alcuni punti sembrano fermi: l’aumento sarà sulle detrazioni e, dopo il pressing della Confindustria, torna nel menù anche un taglio all’Irap per le imprese.
Il piatto forte sarà tuttavia l’annuncio e l’impegno sul taglio delle tasse (anche se non sarà formalizzato in un articolato) e si metterà in piedi un meccanismo a più stadi per arrivare, dopo il varo del Def e alcuni decreti, alla data fatidica del 27 aprile. Nel mirino ci sono come beneficiari della manovra i lavoratori dipendenti a reddito basso: l’intervento riguarderà coloro che guadagnano sotto i 25 mila euro lordi (cioè circa 1.300 euro netti al mese) e probabilmente sarà più forte intorno ai 15 mila euro lordi annui. Non la spunta, invece, la posizione degli alfaniani che avrebbero puntato anche su un taglio delle aliquote per i redditi medi: misura che avrebbe avvantaggiato anche gli autonomi. Palazzo Chigi in serata la esclude.
Si assesta nella notte invece il pacchetto destinato alle coperture dell’intervento da 10 miliardi a regime ma il calcolo filtrato ieri da Palazzo Chigi parla addirittura di 20 miliardi a disposizione del governo.
La grossa parte, circa 7 miliardi, verrebbe dalla spending review, con interventi selettivi e stabili. Altri 6,4 miliardi arriverebbero dall’ampliamento del deficit dall’attuale 2,6 per cento fino ad arrivare a ridosso della soglia minima del 3 per cento.
La parte one off sarebbe articolata nel modo seguente. Il rientro dei capitali dalla Svizzera fornirà circa 2 miliardi: il decreto sulla volontary disclosure è
in via di approvazione e nelle prossime settimane, in occasione della visita di Napolitano a Berna, potrebbe essere siglato un accordo di scambio di informazioni.
Circa 1,6 miliardi — anche questi una tantum — verrebbero dall’Iva incassata dallo Stato in occasione dei nuovi pagamenti (e della relativa emissione di fatture da parte delle aziende) dei debiti della pubblica amministrazione (oggi ci sarà un disegno di legge).
La terza parte è costituita da i tassi d’interesse, definita «volatile », anche se lo spread sembra ormai ancorato a livelli assai bassi. Il risparmio sarebbe di 3 miliardi: per spenderlo è possibile un anticipo del Def (previsto normalmente per il 10 aprile) a fine marzo in modo da modificarne la struttura e rendere spendibile una parte della minore spesa per interessi prevista per quest’anno.
Le coperture si dividerebbero così dunque in tre categorie: stabili, one-off e variabili. Una manovra che, stando alle parole di Marco Buti, il direttore generale degli Affari economici e monetari della Commissione europea, va
fatta con «attenzione» ma non è da escludere: per Buti, intervistato ieri sera a Ballarò, le una tantum «si possono usare nel breve termine» ma per una riduzione «permanente» bisogna «far seguito con riduzioni della spesa».
La Repubblica 12.03.14