Raccontata qui a Bruxelles, è una storia che mette un po’ i brividi. Ma è vera, racchiusa in alcuni fogli e tabelle, e sta ora sulle scrivanie della Commissione europea. In questi fogli si parla di sanità: di pace-maker, defibrillatori, valvole cardiache, protesi vascolari, ecotomografi, bisturi e mille altri dispositivi medici che possono salvare una vita. In Italia, in un giorno qualsiasi, un’Asl – Azienda sanitaria locale- può richiederne un’intera fornitura alla ditta o alle ditte private che producono questi materiali: consegna d’urgenza. Le norme Ue dicono che la fattura va pagata in 60 giorni al massimo. Ma se quella Asl è, mettiamo, la «Mater Domini» di Catanzaro, per pagare il suo debito impiegherà in media circa 3 anni e mezzo, per l’esattezza 1.337 giorni (calcolo aggiornato al dicembre 2013); o un po’ di meno, 3 anni e 4 mesi (1.260 giorni), se si aggiorna il calcolo a questi ultimi giorni, nel 2014.
In Italia, solo 5 Asl rispettano i termini dei 60 giorni: Asl Provincia di Pavia (48 giorni), AsL 4 Medio Friuli (56), Asl Città di Milano (59) I.R.C.C.S. Burlo Garofalo di Trieste (60); Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento (61). Le maglie nere spettano invece alla già citata Mater Domini di Catanzaro (3 anni e 4 mesi), all’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza (3 anni e 2 mesi, 1.177 giorni), all’Asl Napoli 1 Centro (2 anni e 9 mesi, 1.086 giorni), all’Azienda sanitaria regionale Campobasso (2 anni e 5 mesi, 916 giorni), e all’Azienda provinciale di Reggio Calabria (2 anni e 4 mesi, 905 giorni). In Regioni come la Calabria, il tempo medio di pagamento dei dispositivi medici è di 833 giorni (con uno scoperto di 384,7 milioni), e in Campania di 440 (con uno scoperto di oltre 562 milioni). In Austria, da un’ingiunzione di pagamento al pagamento effettivo di una fattura sanitaria passano in media 80-90 giorni; in Francia, 240-360; in Germania, 140-160; e in Italia, 410-460. Inutile aggiungere che due, tre anni di ritardo nei pagamenti per un piccolo-medio fornitore possono significare una forma di eutanasia finanziaria.
Le malinconiche cifre sulla parsimonia delle nostre Asl sono state raccolte dall’Osservatorio Crediti del Centro studi Assobiomedica, e sono poi finite a Bruxelles, nel dossier della Commissione europea sui ritardi dei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione italiana affidato al vicepresidente della Commissione e commissario Ue all’Industria Antonio Tajani. Non rappresentano tutto il buco della sanità, né certo tutti i debiti pregressi dello Stato verso le aziende private. Secondo una ricerca svolta dalla Banca d’Italia a fine 2011 su imprese industriali, imprese dei servizi privati non finanziari, e delle costruzioni, il totale del debito pubblico nei loro confronti ammontava allora a 90 miliardi di euro (5,8% del Pil), ed era per metà riconducibile alle Regioni e alle Asl: in questo scorcio di 2014 si parla di 75-80 miliardi, con le «sofferenze» maggiori sopportate sempre dal settore delle costruzioni.
Oggi, 10 marzo, tutte queste cifre torneranno in ballo, poiché questo è l’ultimo termine fissato dalla Commissione europea per il recapito della «lettera di giustificazioni» spedita dall’Italia. La posta in bilancio è (sarebbe) una nuova procedura di infrazione Ue. Pochi giorni fa, Roma ha scritto alla Commissione chiedendo una proroga di un mese nell’invio della lettera: proroga negata. Ieri sera, però, come riferito in un altro articolo, il governo ha spedito la missiva per Bruxelles.
Questo dovrebbe ristabilizzare se non altro i rapporti generali fra Roma e la Commissione. Ma è facile prevedere che il problema dei debiti pregressi continuerà ancora ad avvelenare i rapporti Ue-Italia. Anche perché, più che una questione di statistica, sembra ormai divenuto un fatto di costume, che a Bruxelles viene purtroppo percepito come una nostra tradizione nazionale. E non si tratta unicamente della «solita» Calabria. Il Lazio, 280 giorni in media di ritardi, ha uno «scoperto» nei pagamenti ai fornitori sanitari di oltre 482 milioni di euro. E perfino il Piemonte, con 232 giorni e uno scoperto di quasi 341 milioni, arranca: Nord e Sud uniti nell’insolvenza.
Il Corriere della sera 10.03.14