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Intervento del Presidente Napolitano alla Giornata Internazionale della Donna

Signor Presidente del Senato,
Signora Presidente della Camera dei Deputati,
Signor Presidente della Corte Costituzionale,
Autorità,
Care e cari invitati,
rivolgo un cordiale saluto a tutte e a tutti i partecipanti, ma un particolare augurio, come comprenderete, alle signore ministri che rappresentano la parità di genere sancita nella formazione del nuovo governo. Sono convinto che, al di là delle loro competenze e specifiche funzioni, non dimenticheranno di essere donne impegnate nella causa delle donne. E rivolgo anche un doveroso ringraziamento alla componente femminile del precedente governo per aver trattato situazioni complesse con professionalità e senso dello Stato e per l’impegno espresso in tema di pari opportunità.

Ma i miei affettuosi auguri e il mio incoraggiamento vanno a tutte le donne, che in Italia e nel resto del mondo, ieri e oggi, ribellandosi, reagendo contro leggi e tradizioni assurde hanno non solo difeso la propria dignità e i propri diritti, ma affermato libertà e opportunità per tutte. Ringrazio coloro che lavorano nelle associazioni, che operano come religiose, nei corpi dello Stato e anche negli organismi internazionali senza risparmiare fatiche e rischi per consentire alle bambine di studiare, per evitare che siano mutilate, sottratte ai giochi e date in spose, vendute sul mercato del sesso ; coloro che operano per sostenere psicologicamente e moralmente le donne che pagano il prezzo dello stupro nei conflitti etnici, nelle guerre civili, nei viaggi da profughe e migranti verso paesi considerati sicuri. Un grazie dobbiamo anche alle organizzazioni attive nel confortare, nel recuperare alla vita civile ragazze ridotte in schiavitù, nell’aiutare le più emarginate ad aprirsi la strada verso un lavoro e un reddito autonomo : non solo nei paesi in via di sviluppo, ma anche nelle aree disagiate del nostro stesso paese. Dobbiamo onorare tutti coloro che sostengono la volontà delle donne di vivere da persone libere. Abbiamo inteso sottolineare il valore di battaglie e gesti esemplari, offrendone qualche esempio nel video introduttivo e assegnando le nostre onorificenze ad alcune persone tra le molte che si sono distinte nel fare avanzare la causa comune. Come ha già detto la nostra conduttrice, abbiamo voluto onorare il loro impegno, le loro piccole e grandi vittorie adornando quest’anno l’ingresso del Quirinale con l’alloro al posto delle tradizionali più festose mimose.

L’8 marzo sarebbe solo una festa fatua e vuota, quasi irriverente nei confronti delle donne che affrontano ogni giorno difficoltà di ogni genere, se non servisse a puntare con maggiore determinazione l’obiettivo politico e sociale sulla realtà della condizione femminile, sui problemi aperti, sulle possibili strategie per affrontarli.

Dall’inizio della mia presidenza, ogni anno – e questo è l’ottavo – in occasione di questa cerimonia al Quirinale, abbiamo scelto un aspetto specifico della condizione femminile da trattare. Questo 8 marzo 2014 lo dedichiamo sia ai diritti negati, sia alle vittorie per affermare diritti e libertà. Lo dedichiamo in particolare al più tragico degli aspetti della condizione femminile : alle violenze perpetrate dagli uomini sulle donne, violenze che possono arrivare fino alla eliminazione fisica.

Purtroppo questo tragico fenomeno in Italia non declina. Mentre, negli ultimi anni il tasso complessivo di omicidi è diminuito, quello relativo alle donne è restato costante. Contro la violenza all’interno di legami pseudo sentimentali non siamo riusciti a fare ancora abbastanza. L’ultima legge del 2013, che si muove sulle direttrici della Convenzione di Istanbul – appena ricordata dal ministro Mogherini – per il contrasto della violenza di genere, prevede come aggravante per i molestatori il fatto di avere o di avere avuto con la vittima un legame sentimentale. È importante che l’aggressore sia fermato in tempo. E invece questo troppe volte non riesce.

In occasione dell’8 marzo abbiamo voluto dare un segnale chiaro del fatto che queste morti vanno considerate un lutto collettivo, una tragedia che colpisce i sentimenti dell’intera nazione. Perciò per onorare le tante vittime abbiamo voluto apprestare un monumento temporaneo, che ricordasse quel sangue impietosamente versato. I nomi proiettati sulle basi dell’obelisco in Piazza del Quirinale costituiscono – come è stato detto – una minima parte delle donne uccise. Ma il pensiero, il cordoglio è rivolto a tutte le vittime della violenza maschile e ai loro cari che le hanno piante e ancora le piangono. Non trascuriamo il fatto che anche gli uomini possono essere vittime di molestie e aggressioni, tuttavia è ben noto che le proporzioni tra vittime e aggressori nei due sessi sono clamorosamente diverse.

È ovvio che il nostro gesto simbolico, come altre manifestazioni in varii luoghi, da parte delle istituzioni e della società civile per dire no a questo scempio possono aiutare a porre drammaticamente il problema, a sensibilizzare l’opinione pubblica, ma certo non bastano. Serve un formidabile impegno educativo fin dai primi anni di istruzione – come ha sottolineato il ministro Giannini. Servono leggi e serve un’azione capillare. L’Italia, già prima della legge del 2013, ha messo in campo importanti misure di contrasto e di prevenzione. Di recente era stata anche allestita una task force interministeriale.

L’omicidio – l’abbiamo già detto – è il gesto estremo, spesso l’esito finale di azioni violente reiterate. E purtroppo la violenza fisica e sessuale sulle donne, terribile anche quando non arriva all’omicidio, è un comportamento molto diffuso. Secondo recenti indagini circa un terzo della popolazione femminile intervistata in Italia, ha dichiarato di aver subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita ; la larga maggioranza degli episodi di violenza non viene peraltro denunciata. E anche se l’indipendenza economica dovrebbe rafforzare le capacità di reazione delle vittime, si deve osservare che il maltrattamento delle donne è un fenomeno trasversale che coinvolge come bersagli e come autori, persone di tutte le classi sociali, quali che siano i livelli di istruzione. A volte è proprio la crescita culturale e professionale della donna, la sua volontà di emancipazione che costituisce l’elemento scatenante dell’aggressività fisica e psicologica maschile. Neppure i paesi del Nord Europa che abbiamo sempre considerato esemplari sotto il profilo delle relazioni di genere sono estranei al fenomeno della violenza sulle donne.

Questo fatto basterebbe a smentire un luogo comune : troppo spesso si sente dire che il tema delle pari opportunità è superato perché viviamo in una condizione ormai di uguaglianza giuridica e materiale tra i sessi. Ovviamente non è vero. In particolare non lo è in Italia, dove riconoscimenti e successi femminili crescenti nell’istruzione si traducono solo in parte in una maggiore presenza nei vertici delle varie professioni e soprattutto non bastano a produrre tassi di attività comparabili a quelli di altre economie avanzate. Ma non vorrei tornare oggi sul tema complesso della promozione dell’attività femminile e della conciliazione tra famiglia e lavoro al quale abbiamo già dedicato un precedente 8 marzo, né su quello più generale della discrepanza tra competenze acquisite attraverso l’istruzione, da una parte, e domanda di lavoro femminile dall’altra, argomento sul quale pure ho parlato più volte.

Preferisco integrare questo breve intervento sulla violenza e i diritti negati, innanzitutto il diritto alla sicurezza e alla vita delle donne, con qualche osservazione su cambiamenti e trasformazioni recenti che hanno attinenza col tema centrale del nostro incontro di oggi.

Penso alle nuove tecnologie informatiche che rappresentano una fonte di cambiamento sia in negativo che in positivo. I rischi sono forse più visibili, più raccontati sui media, rispetto ai vantaggi. Si rincorrono notizie di messa in rete di situazioni imbarazzanti riprese dall’ex partner o dai ragazzi di un branco con gli smartphone, per non parlare delle false identità attribuite su un blog a una ragazza di cui si traccia un ritratto distorto e umiliante. Queste aggressioni hanno indotto ragazze soprattutto adolescenti persino al suicidio.

La modernità mette a disposizione di persone pericolosamente aggressive strumenti inediti. Alle aggredite, in quanto donne, non si fanno mancare insulti e minacce a sfondo sessuale. Non bisogna minimizzare questi episodi tanto più gravi quanto più colpiscono avversarie in politica, e comunque donne nelle istituzioni (e ne abbiamo avuto in Italia esempi ignobili come gli insulti e le minacce contro la Presidente della Camera dei Deputati alla quale in questa occasione rinnovo la mia solidarietà). Come il razzismo anche il sessismo se da volgare battuta per la strada o da bar sale nelle sfere politiche rappresentative, se si esprime nel parlamento, se, usando blog e siti, si diffonde legittimato da fonti irresponsabili diventa un virus duro da estirpare.

Le nuove tecnologie sono però anche strumenti di difesa, alleati delle vittime. Di recente una giovane moglie segregata è riuscita a far intervenire la polizia, spedendo propri autoscatti con il telefonino che mostravano i segni delle percosse. In Spagna, a supporto di una legge organica molto articolata, la messa a disposizione delle vittime di stalking di strumenti di richiesta di aiuto e intervento immediato ha avuto come conseguenza una diminuzione significativa delle morti. Anche la nostra nuova legge prevede l’utilizzo di tecnologie avanzate a protezione delle vittime.

Si fanno dunque passi avanti. Dal 1996, quando è stata approvata la prima legge contro la violenza sessuale al 2012 le denunce sono decisamente aumentate. Anche se purtroppo appaiono ancora come la punta di un iceberg, ma è una punta che si allarga e può via via diventare un deterrente per i potenziali violenti. I principale deterrente contro la violenza maschile è tuttavia la dissociazione da parte degli altri uomini, siano essi amici, familiari o personaggi importanti della vita sociale e pubblica. La targa assegnata in occasione della giornata contro la violenza sulle donne al movimento “Noi no” premia proprio quegli uomini che si dissociano. Anche l’uscita allo scoperto dei maschi, quando si verifica, va considerata un significativo passo avanti.

Ma in tempi recenti abbiamo assistito a fondamentali passi avanti soprattutto guardando al mondo sull’altra sponda del Mediterraneo. La professoressa Amel Grami ci ha illustrato in breve quella che può essere considerata la principale acquisizione del 2014 : l’inserimento della parità di genere nella Costituzione Tunisina, uno dei primi frutti delle rivoluzioni arabe, delle primavere arabe. Come tutte le conquiste non è al riparo da sfide. Lo stesso principio è stato inserito anche nella Costituzione Egiziana sebbene la forte turbolenza politica di quel paese consigli molta prudenza nel nostro giudizio. Meno formale appare la riforma Marocchina che abolisce il matrimonio riparatore.

La legge non si impone da sola. Sappiamo che esiste un rapporto forte tra consuetudini, comune sentire, da una parte, e incidenza delle leggi, dall’altra. Una norma ritenuta obsoleta dall’opinione pubblica viene disattesa, e se infranta troppo spesso i responsabili finiscono per non essere perseguiti. D’altra parte, consuetudini antiquate sopravvivono a prescindere dalle leggi che le reprimono perché restano nella cultura popolare. Purtroppo le mutilazioni sessuali sono ancora largamente praticate in molti paesi che le hanno messe fuori legge da tempo.

La rivolta delle donne alla guida dell’auto in Arabia Saudita, la fuga di spose bambine, la denuncia delle mutilate, la nostra insignita Franca Viola ci insegnano che quelle leggi obsolete, quelle tradizioni ostili hanno bisogno della reattività e del coraggio di ragazzine, di donne decise e ribelli. Anche di uomini fermamente dalla loro parte. Ne abbiamo e ne avremo bisogno sempre perché la storia dell’evoluzione della condizione femminile ci ha fatto rilevare anche tanti passi indietro. Oggi però vogliamo guardare avanti con fiducia. Adornare l’ingresso del Quirinale con l’alloro serve a onorare non solo le donne per merito delle quali sono state ottenute tante vittorie, ma anche le donne che ne conquisteranno altre, che difenderanno sempre i traguardi raggiunti senza arretrare.

Traguardi raggiunti e da raggiungere in molti campi e per diversi aspetti, accanto all’aspetto cruciale su cui ci siamo concentrati questa mattina. Per quel che riguarda il “diciamo basta!”, non posso concludere senza complimentarmi ancora con i vincitori della VII Edizione del concorso “Donne per le donne” : in particolare con gli studenti ragazzi e gli insegnanti uomini che hanno sentito e trattato come loro il tema delle violenze e ingiustizie che subiscono le ragazze e le donne.

Per quel che riguarda tante altre tematiche e iniziative che caratterizzano fuori di qui la celebrazione dell’8 marzo, mi limito a citare con vivo apprezzamento l’evento promosso dalla RAI e guidato dalla sua presidente : alla cui conclusione ho assistito avantieri. Si è parlato di quel che “la donna è” – puntini sospensivi – . Si è con particolare forza detto “la donna è crescita” – ed è vero, è giusto. Ma possiamo dire qui tutti e conclusivamente : la donna è civiltà. E che questa consapevolezza diventi realtà, è l’augurio che per l’8 marzo rivolgiamo a tutte le donne, italiane e straniere, che vivono in Italia, e a tutte le italiane che vivono all’estero. Ed è l’augurio che rivolgiamo non solo a loro ma rivolgiamo all’Italia, perché diventi il paese sempre più civile che fermamente vogliamo.

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