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"E voi maschi dove siete?", di Sara Ventroni

Buongiorno, uomini. Questo otto marzo è a voi che parla.
Oggi noi donne, di ogni schieramento politico, siamo di vigilia. Oggi noi donne siamo in attesa di sapere cosa ne sarà dell’emendamento alla legge elettorale Italicum, sottoscritto da una maggioranza trasversale di donne per garantire l’effettiva parità nella competizione, in termini di eleggibilità concreta. Cose fruste, lo sappiamo. Ma essenziali, lo sapete. Eccome se lo sapete. Per questo ci si ritrova sulle barricate.

Noi donne non siamo le vostre metafore migliori. Non siamo il vostro spot vincente. Qui si parla di politica, qui si parla del futuro del Paese.

Mentre siamo in attesa che si compia la speranza di passare, finalmente, dalla democrazia formale a quella sostanziale – senza privilegi, senza quote, senza tutele – semplicemente rimuovendo gli ostacoli e gli artifici che risospingono caritatevolmente le donne ai piedi di lista, aspettiamo da voi una mossa, perché da oggi, ormai è chiaro a tutti, la questione delle relazioni tra uomini e donne – la loro differenza, nelle fondamenta della vita civile – è la questione nazionale. Meglio ancora: questione costituente, si sarebbe detto in altri tempi. Ma il tempo è adesso, e non c’è più tempo.

Cari uomini, questo otto marzo parla a voi perché a voi, ora, tocca fare un passo. Per non lasciare indietro l’Italia. Per non mettere l’appiombo all’unico capitolo – forse non contemplato dal cronoprogramma – che ha fretta di essere avverato: il futuro dell’Italia, in nome della speranza delle giovani donne e dei giovani uomini.

Siamo il Paese più depresso d’Europa, con il tasso di natalità molto al di sotto del ricambio generazionale.

Se l’Italia non è un Paese per donne, non è nemmeno un Paese per uomini, e non è un Paese per bambini.

I figli, è ora di dirlo, non sono un fatto privato. I figli sono i cittadini di domani. E un Paese che sin dalle sue leggi respinge il corpo e la differenza delle donne è un Paese destinato alla propria estinzione.

Una donna su due, anche se laureata, non ha lavoro e non lo cerca più; l’unica complicità con gli uomini è sotto il segno dell’esclusione: dalle relazioni, dal lavoro, dalla vita civile, dalla riproduzione della vita.

UN PEZZO DEL PERCORSO

Le donne hanno fatto la loro parte di cammino. Hanno detto che questo Paese ha i minuti contati. Ma le donne non vogliono un Paese di individui neutri, ciascuno con i propri diritti individuali da reclamare alla carta. Le donne lanciano una nuova sfida. Epocale. Perché una democrazia che nelle sue forme non sa accogliere le don- ne, e la differenza tra uomini e donne, è un Paese che respinge tutti.

E da qui si riparte. Oggi si inaugura il sito Se non ora quando Libere, con un editoriale che lancia una nuova stagione. Il femminismo si apre agli uomini. All’insegna di un nuovo cammino comune: «Noi abbiamo bisogno e voglia di fare di più: ideare e realizzare un mondo condiviso tra donne e uomini… Dobbiamo pensare e sper mentare insieme idee e strumenti per realizzare la condivisione alla pari, nelle relazioni familiari, lavorative, politiche… Vogliamo che la libertà femminile costruisca un mondo di incontri, di reciproci riconoscimenti, di desiderio».

La grande manifestazione del 13 febbraio 2011, aveva già – nel suo appello – una richiesta agli uomini: abbiamo bisogno della vostra amicizia per fare dell’Italia un Paese per uomini e donne. Un invito che affondava nelle radici della nostra democrazia, perennemente incompiuta, e nelle relazioni, nei corpi intermedi, nella società tutta. Perché, parafrasando la Torah, la domanda che ci impone una risposta è ancora questa: «Se io non sono per gli altri chi sono io? E se non ora, quando?».

L’Unità 08.03.14